Dossier “barbaros”
DB 1 –
Introduzione
Molti anni fa avevo osservato, senza darvi
particolare importanza, la segmentazione un po’ strana, disuguale della
parola
a pag. 64 dell’edizione francese del 1922 del Cours
de linguistique générale del De
Saussure (la riproduzione qui a
destra di questa parola è azzurra
appunto perché all’epoca l’avevo evidenziata).
In questo dossier si evincerà come, quando e
perché il mio interesse è aumentato.
DB 2 –
16.1.2002 – Email circolare “Manoscrittura
From:
To: Undisclosed-Recipient
Sent: Wednesday, January 16, 2002 12:18 PM
Subject: Manoscrittura - 1
Proseguendo la mia battaglia contro i mulini a
vento per valorizzare il genio di Buccola
informo di quanto segue:
1.
è disponibile on line la trascrizione
integrale del lavoro di Buccola sulla
scrittura. Basta andare al mio sito www.bitnick.it,
cercare il link nell
2. sto lavorando ad una
rassegna di lavori sulla manoscrittura.
Chi fosse interessato può seguire l
3. avrei bisogno di una
foto decente di un particolare leggio ideato da Cesare Colucci (1914) per studiare la pressione della penna durante
la scrittura (vedi BU 33 e AG 11). Si dovrebbe
trovare in Galdo L., L
4. analogamente saranno
bene accette segnalazioni bibliografiche integrative, suggerimenti, ecc.;
5.
Questa email la invio ad una trentina di persone (Vacca, Uberti, Tenti, Tangheroni, Robiony, Pigliacampo, Picco,
Pellegrinato, Nastasi, Mininni, Mazza, Masci, Mantovani, Luccio, Lorenzi,
Lapiccirella, Gambarara, Gamaleri, Di Trocchio, Crapella, Contu, Cimino,
Chiarucci, Chiari, Cammarata, Bianucci, Bianco, Basso, Barcia, Baracco, Albano
Leoni), con cui ho avuto qualche contatto, magari sporadico. La
maggior parte, sicuramente, non sarà interessata e quindi mi scuso del piccolo
fastidio di far perdere qualche istante prima di cestinare questa
email (pochissimi Kb). Invito tutti,
però, sfruttando i prodigi di Internet, a inoltrare questa email a qualche loro
conoscente che potrebbe essere interessato. Non sarebbe una catena di S.
Antonio, ma un mezzo scientifico-statistico per trovare interlocutori.
Grazie.
La ringrazio per le informazioni su Buccola; ho aperto il suo sito e ho
trovato materiale di grande interesse. Non ho al momento elementi per aiutarla
nel suo lavoro, ma lo farò volentieri se si presenterà l
DB 3 –
21.1.2002 – Estratto di una lettera a De
Mauro
(vedi GD
A pagina 64 della edizione francese del 1922 del Cours, a proposito della genialità dei
segni alfabetici greci, vengono riportate delle stanghette verticali (separatrici dei tempi omogenei) che
differiscono, per errore di composizione tipografica, da quelle della Sua
traduzione italiana (p. 54, ediz. 1976).
Ad un esame attento si nota che esse non sono equidistanti e che sono tracciate
all’inizio del fonema/grafema, e non al centro. La grande cortesia che oso
chiederLe è quella di poter avere la fotocopia della ripresa stenografica di
questo passo del maestro ginevrino, onde poter eventualmente trarre qualche
lume sulla questione.
DB 4 –
1.2.2002 – Prima email a Cristina Vallini
Gentile Professoressa Vallini,
non riuscendo a raggiungerla telefonicamente
provo a scriverle per avere un’informazione al volo.
Conoscendo la Sua grande competenza su Saussure, vorrei cortesemente sapere se
esiste qualche luogo in cui il maestro ginevrino accenni alla stenografia. E,
ancora meglio, se qualche esegeta se ne è occupato.
Grazie. Cordiali saluti.
DB 5 – 5.2.2002
– Prima email da Cristina Vallini
Caro Gaeta,
non ricordo di aver trovato allusioni di S. alla
stenografia, che pure doveva essergli ben nota, ed era in grande voga alla fine
dell’Ottocento.
Rivedrò per scrupolo i miei vecchi appunti:
purtroppo non posso accedere in questo periodo alla mia biblioteca di istituto
che è da parecchi mesi inaccessibile per “ristrutturazione”.
Molti cordiali saluti e
grazie per le parole gentili. Cristina
Vallini
DB 6 –
5.2.2002 – Seconda/terza email a Cristina
Vallini
Gentilissima Vallini,
La ringrazio del riscontro e spero di poter far
tesoro in futuro di qualche altra Sua “consulenza”.
Mi riferisco, in particolare, al contenuto della seconda email che Le ho
mandato (dopo aver invano atteso una
risposta dal prof. De Mauro) e
che, ad ogni buon fine, ricopio qui di seguito [vedi DB 3]
Queste informazioni, gentile Professoressa, mi
servono per un lavoro sulla manoscrittura che ho in corso. Vedi il mio sito www.bitnick.it, sezione Atomi on line e indi Meccanica Grafica. (Nella bibliografia on line di questo lavoro ho riportato anche alcuni
brani del suo importante studio del 1983 sulla scrittura) [vedi FO 33].
Mi permetto anche di aggiungere un mio brano (del 1989) e una email “circolare” di poche settimane fa (vedi DB 2).
Grazie ancora e cordiali
saluti.
DB 7 –
6.2.2002 – Seconda email da Cristina
Vallini
Caro Gaeta,
non ho mai visto “la ripresa stenografica del CLG”, ma mi sono sempre fidata
abbastanza di quanto si può leggere nell’edizione di Engler, che anche se non completa, è certamente onesta. Per il
valore delle stanghette verticali mi pare illuminante quanto si legge a pag. 103 dell’edizione di Engler, testo I R 24.
Non dimentichi di controllare sempre anche le Sources manuscrites di Godel, che ritengo il miglior testo sul CLG.
Cordiali saluti. C.V.
DB 8 –
7.2.2002 – Quarta email a Cristina
Vallini
Gentilissima Vallini,
potrebbe essere non inutile un rapido passo
indietro, anche per rinfrescare la memoria a qualche codestinatario di questa
email (Gambarara, Di Trocchio, Albano
Leoni).
Nel 1985, quando cominciavo ad occuparmi delle
scoperte prosodiche di Mario Lucidi –
Mario Lucidi, badi, non un fesso qualunque come potrebbe essere per esempio il
sottoscritto! – il professore Santa
Maria mi fece il suo nome (vedi AG 4) e io comprai il Suo libro sulla scrittura, libro
che mi colpì molto, tanto che credo di aver tentato all’epoca di mettermi in
contatto con Lei.
Negli anni seguenti, sempre da isolato, ho
continuato le mie ricerche concentrandole sulla telegrafia, in particolare sul
Morse fonetico che ritengo essere l’unica chiave per fare luce sulla scoperta
di Lucidi.
Queste ricerche si sono però intrecciate (e forse intralciate) con una invenzione,
il Bitnick (su cui non la voglio annoiare, anche perché nel mio sito www.bitnick.it c’è materiale a volontà), che mi sta
costando le pene dell’inferno.
Come forse sa ultimamente sto lavorando ad un “Atomo” (ho chiamato così la mia collana editoriale) sugli aspetti fisiofisici
della scrittura a mano (vedi AG 11) e in tale lavoro utilizzerò anche
qualche Suo contributo. Proprio mentre lavoravo a questo mi è venuta l’idea di
chiederLe notizie su Saussure e la
stenografia (vedi DB 4) e poi, il
giorno dopo, essendomi ricordato delle Sue frequentazioni ginevrine, notizie
sulla ripresa stenografica di BARBAROS
(vedi DB 6).
Dopo questa premessa vengo al dunque. Ieri mi
sono precipitato in biblioteca e ho consultato il lavoro (più che onesto, convengo) di Engler.
Mi scusi, ma non è affatto illuminante: non ho trovato nessun accenno ai tempi,
diciamo, “disomogenei” del Saussure del 1916, contrapposti a quelli
“omogenei” (o omogeneizzati?) del Saussure,
per esempio, del 1974:
1916 1974
Il discorso sarebbe troppo lungo, non voglio
abusare della Sua cortesia (ad avermi
almeno risposto). Mi limito a rigirare a Lei la richiesta invano fatta al
Prof. De Mauro (vedi DB 3) di aiutarmi a procurare la fotocopia della ripresa
stenografica di questo passo cruciale, e passato del tutto inosservato, del
maestro ginevrino. Altrimenti dovrò fare da solo, cercare Engler (di cui ricordo una interessantissima
conferenza a Roma su Jakobson nel 1986…) o altri a Ginevra, ecc.
Sappia comunque che sarei dispostissimo, ed
onorato, a intavolare con lei una discussione scientifica su questi argomenti.
Grazie. Cordiali saluti.
DB 9
– 19.2.2002 – Prima email a Rudolf Engler
(e altri)
Chiarissimo Professore Rudolf Engler,
sono uno studioso italiano
che si occupa, pur non essendo un linguista né tanto meno un accademico, di
questioni linguistiche e in particolare delle scoperte prosodiche di Mario Lucidi. Nel 1989 scrivevo (vedi AG 9):
Poiché il suo pensiero [di Saussure] si è diffuso per il mondo ed è giunto a noi in
modo anomalo, perchè - com
Nelle prime edizioni del Cours di Saussure (1916 e 1922), a proposito
dei tempi omogenei e della “consecution”, si trova la parola BARBAROS segmentata in intervalli disuguali, così
Invece, nelle edizioni successive – almeno le Sue
e quelle di De Mauro, le uniche che ho
consultato – gli intervalli sono stati, per così dire, livellati e “omogeneizzati” così
Secondo me non si tratta di
minuzie insignificanti e per sincerarmene avrei bisogno della fotocopia
della “ripresa” stenografica di
questo passo cruciale del maestro ginevrino. Spero
che Lei possa favorirmela o possa dirmi a chi rivolgermi.
Con molta stima, La ringrazio
anticipatamente.
DB 10 –
26.2.2002 – Pima email da Giulio Lepschy
Gentile
non so rispondere alla sua domanda, e non ho accesso ai manoscritti. Ha provato a sentire De Mauro? Una persona che da tempo lavora sui manoscritti è Simon Bouquet <bouquet@idf.ext.jussieu.fr>. Dove ha pubblicato lavori saussuriani?
Con i migliori saluti, Giulio Lepschy
DB 11 – 26.2.2002 – Prima email a Simon Bouquet
Charissimo Professor Bouquet,
Le scrivo per
suggerimento del prof. Lepschy.
Sono uno studioso
italiano (vedi www.bitnick.it)
che, pur non essendo un linguista né tanto meno un
accademico, si occupa di cose fonetiche e grafiche, e in particolare delle (dimenticate) scoperte
prosodiche di Mario Lucidi.
Nel 1989 scrivevo:
Poichè il suo pensiero si
è diffuso per il mondo ed è giunto a noi in modo anomalo, perchè - com
Nelle prime edizioni del Cours (1916 e 1922), a proposito dei tempi
omogenei e della "consecution",
si trova la parola BARBAROS segmentata
in intervalli diseguali, così:
Invece nelle edizioni successive,
almeno quelle di Engler e De Mauro, le sole che ho consultato, gli intervalli sono stati, per
così dire, livellati e "omogeneizzati"
così:
Tutto ciò premesso vorrei chiederLe se è possibile avere la fotocopia della ripresa stenografica di questo passo
cruciale nella speranza che si possa fare qualche luce sulla questione.
Grazie e distinti saluti.
DB 12 – 27.2.2002 – Prima email a Giulio Lepschy (ed altri)
Chiarissimo Prof. Lepschy,
La ringrazio dell
Cordialmente.
DB 13 – 27.2.2002 – Prima email di Engler
Caro Gaeta,
non c
Ecco quel che posso dire
frattanto: Nessuno sa che cosa ne è stato dello stenogramma (di Bally) che
è servito alla redazione del CLG: non sembra sia stato ritrovato.
Nei Corsi I e III il
problema è trattato da Saussure
sotto <FENESTRA> e <TANK>.
Se non possiede la mia
edizione critica, posso mandareLe fotocopie dei passaggi: mi dia il suo indirizzo postale. Se riesce ad
aprire il dischetto MacDOS Word 5.1 qui allegato, vedrà le trascrizioni di cui dispongo in
computer: Caille
(stenogramma del Corso I), Riedlinger, Constantin. Nell
Aggiungo che sono sempre
interessato lavori su Lucidi,
che ho in massima stima.
Con distinti saluti. R.
Engler
N. B. - Mi sono permesso leggerissimi ritocchi formali a
questa importante lettera, considerato che l’autore non è di madrelingua
italiana e, soprattutto, molto malato.
DB 14 – 28.2.2002 – Seconda email a Rudolf Engler (e altri)
Chiarissimo professor Engler,
mi sorprende e mi addolora
il fatto che non si sappia che fine hanno fatto gli stenogrammi di Bally che sono
serviti alla redazione del CLG.
Per quanto riguarda BARBAROS le lunghezze "spaziali" degli otto grafemi sono,
grosso modo, queste:
4,6
- 5,0 - 4,0 -
4,9 - 5,0 - 5,0
- 4,3 - 3,8
valori di cui si possono
calcolare, sulla scorta degli studi di Gabriele
Buccola sulla scrittura (vedi FO
9), variazioni, scarto quadratico medio,
ecc.
Naturalmente per il calcolo dei "tempi" non si può fare affidamento
sulla scrittura, per di più a stampa: occorrerebbe l
Per questi motivi, e per cercare di capire "bene" il concetto di omogeneità del
maestro ginevrino, sarebbe prezioso, a mio giudizio,
poter far esaminare da esperti di "meccanica grafica" (qualche
sopravvissuto stenografo, meglio se tedesco), gli stenogrammi di cui
sopra.
La ringrazio della disponibilità a inviarmi le Sue pagine su FENESTRA e TANK: non
occorre perchè le ho già, ed in ogni caso, non
dimentichi, chiarissimo professore, che io non sono uno specialista della Sua
materia (mi occupo di telegrafia e di
Morse fonetico).
Mi fa piacere che Lei - purtroppo uno dei pochissimi - abbia in
"massima stima" il nome di Mario Lucidi, mentre sono sinceramente
dispiaciuto per i problemi, mi auguro passeggeri, della Sua salute.
Rinnovando la mia stima e
i miei ringraziamenti, La ossequio.
P. S. - Mi
perdoni se pubblicizzo, nell
DB 15 – 10.3.2002 – Email da René Amacker
Egregio Signore,
trovo i suoi vari messaggi al ritorno dall
Ma, visti i miei impegni di ogni genere, confesso
di non poter ne voler andare io a cercare qualcosa che, ripeto, non mi sembra
pertinente alla ricerca saussuriana.
Cordiali saluti. René Amacker
DB 16 – 12.3.2002 – Email ad Amacker (e altri)
Chiarissimo Professor Amacker,
La ringrazio della franchezza e dell’informazione
insperata che, forse, quanto cerco potrebbe trovarsi
in una pubblica biblioteca di Ginevra.
Mi limito a poche righe per combattere la Sua
opinione circa l’irrilevanza delle mie osservazioni, rimandandoLa,
se crede, alle carte della “Querelle BARBAROS” che ho inserito nel
lavoro di Meccanica grafica che ho in corso e che è disponibile
al mio sito www.bitnick.it (sezione Atomi on line, indi AG 11).
Le metto sott’occhio qualcuna delle parole, o con
termine forse più appropriato, alcuni diagrammi incriminati:
Bally 1916
Bally 1922
Engler 1967
De Mauro 1974 (ediz.
francese)
De Mauro 1976 (ediz.
italiana)
Questi diagrammi sono a tutti gli effetti delle “figure” messe, come in tutti i libri
scientifici, a chiarimento del testo, testo che nel nostro caso
incontestabilmente dice che la catena acustica non si divide in tempi
uguali (bensì omogenei).
A questo punto mi sembra ragionevole, o quanto
meno non “disprezzabile”, il
ragionamento seguente. I primi lettori del Cours (ammesso che ne abbia avuti!) avranno
recepito il concetto di cui sopra aiutati (una
figura vale più di mille parole!) dal disegno a segmenti intenzionalmente
diseguali. I lettori moderni invece, peraltro più numerosi, non traggono alcun
aiuto dal diagramma erroneamente equalizzato,
che anzi contribuisce a confondere le idee e ad aumentare le non poche
difficoltà del testo.
Mi permetto infine, chiarissimo professore, di
accennare al fatto che io i diagrammi in questione li vedo o li ho visti con
l’occhio del “telegrafista” che
leggeva, mettiamo, la striscia di carta o “zona”
del telegrafo stampante Hughes, aggiungendo che tale macchina poteva presentare
analogie (svio o derangement,
srotolio, asincronismi,
errata riproduzione delle doppie, ecc.)
singolarmente collimanti con quanto Saussure va dicendo in questo luogo (un ottimo punto di partenza per ricerche in questo settore sono gli
ottocenteschi Annales télégraphiques
o, in italiano, i trattati
di telegrafia di Carlo Matteucci).
Ma, concludo, basta la
competenza di un qualsiasi studente ginnasiale che conosca diagrammi cartesiani
e assi dei tempi per sapere che a spazi uguali corrispondono tempi uguali.
Rispettosi ossequi.
DB 17 –
18.3.2002 – Quinta email a Cristina
Vallini
Gentilissima Vallini,
ritrovo tra le mie carte una lettera a Lei
diretta, datata Roma 21.1.1992, che
ritengo forse proficuo, approfittando dei prodigi della posta elettronica,
reinviarLe. A ruota allego anche, repetita
iuvant, il documento DB 16.
Distinti saluti.
Chiar.ma prof.ssa Cristina Vallini,
da molti anni mi occupo di Mario Lucidi e delle sue scoperte di prosodia.
Da vaghissime testimonianze da me raccolte egli
dovrebbe aver avuto una allieva molto preparata, di cui so soltanto che, verso
la fine degli anni 50, era stata trasferita da Roma a Napoli. Leggendo il Suo
lavoro sulla scrittura nel pensiero di De
Saussure mi era venuto il sospetto che potesse essere Lei tale allieva, ma
il prof. Santamaria lo ha escluso per
motivi di età. Peccato, perchè parecchie Sue idee, estremamente interessanti,
mi ricordano un po’ quelle di Lucidi.
La contatto ugualmente però, perchè vorrei
cortesemente chiederLe, data la Sua grande competenza in materia, se esistono
dei luoghi in cui Saussure fa
riferimento alla registrazione meccanica della parola (fonografi di Edison, Berliner, ecc.).
Distinti saluti e grazie.
DB 18 –
19.3.2002 – Terza email a Rudolf Engler
Chiarissimo prof. Engler,
secondo Amacker
gli stenoscritti che cerco non sono smarriti ma potrebbero essere nella Bibliothèque Publique et Universitaire
di Ginevra. Lei che ne pensa?
Inoltre, a prescindere dal ritrovamento di queste
carte, vuole essere così cortese da darmi il Suo parere sulle mie osservazioni
su BARBAROS, meglio precisate
nella lettera seguente? (vedi DB 16)
Rispettosi ossequi.
DB 19 – 24.5.2002 – Seconda email a Simon Bouquet
Chiarissimo Professor Bouquet,
il 26.2.2002 Le scrivevo per suggerimento del
prof. Lepschy. Non credo di avere
ricevuto alcuna risposta e quindi mi permetto di rinnovare la mia richiesta
della fotocopia della ripresa
stenografica del passo di Saussure
menzionato nella seguente lettera (vedi
DB 16). In calce aggiungo anche un
Grazie. Rispettosi
ossequi.
DB 20 – 24.5.2002 – Prima email da Simon Bouquet
Cher
pouvez-vous me
préciser - brièvement et en français - votre demande? Je suis en ce moment très
souvent en voyage et je n
Très
cordialement. Simon Bouquet
PS - Je ne peux pas lire vos fichiers attachés sur mon
vieil ordinateur...
DB 21 – 24.5.2002 – Terza email a Simon Bouquet
Chiarissimo Prof. Bouquet,
La ringrazio del riscontro. Non conosco la lingua
francese al punto da poter affrontare la complessa “Querelle Barbaros” inserita nel mio sito www.bitnick.it.
Forse, per la traduzione, potrebbe farsi aiutare
dai Prof. Amacker o De Mauro.
Rispettosi ossequi.
DB 22 – 25.5.2002 – Seconda email a Giulio Lepschy
Chiarissimo Prof. Lepschy,
dopo tre mesi ho avuto una risposta da Bouquet. Non credo che abbia capito
molto della mia richiesta sia perchè non conosce l
Nel ringraziarLa Le porgo
rispettosi ossequi.
P.S. - La "Querelle Barbaros" si trova a questo link.
DB 23 –
25.5.2002 – Seconda email da Giulio
Lepschy
Caro Gaeta,
mah, veramente non lo conosco abbastanza per fare da tramite; e poi forse se tergiversa, e ha anche problemi linguistici, non conviene insistere...
Con i migliori saluti. Giulio
Lepschy
DB 24 – 26.5.2002 – Terza email a Giulio Lepschy
Chiarissimo Professor Lepschy,
forse ha ragione, è inutile
insistere. Però, mi perdoni, con Lei insisto.
Alle risposte (e ai silenzi) diciamo “ufficiali”
che si leggono al link
“Querelle Barbaros”
desidero aggiungere la sbrigativa (e
sorprendente!) risposta datami recentemente dal prof. Albano Leoni, dell’Università di Napoli: Lui non ha titolo per
pronunciarsi su queste cose di alta filologia!
Ecco, almeno Lei, caro Prof.
Lepschy, mi
può dire qualcosa sulle mie osservazioni che, pur non essendo di alta filologia, potrebbero forse quanto
meno essere sufficienti a guadagnarsi una carriera?
Nel ringraziarLa
porgo i miei rispettosi ossequi.
P. S. –
Incollo, per conoscenza, due lettere pregresse che,
dato il carattere privato, escludo dalla pubblicazione on line.
BD 25 – 27.5.2002 – Seconda
email di Simon Bouquet
Cher
je n
Bien cordialement.
Simon Bouquet
BD 26 – 27.5.2002 – Terza email di Giulio Lepschy
Caro
ho qualche difficoltà a risponderle: non conosco il suo lavoro; non ho
tempo e modo di studiare la documentazione a cui accenna (tra l
Mi dispiace darle una risposta
così negativa: mi sento inadeguato, e non sono
veramente la persona adatta o capace per aiutarla.
Mi scusi, e gradisca i miei migliori saluti ed auguri. Giulio Lepschy
BD 27 – 28.5.2002 – Prima email a Daniele Gambarara
Chiarissimo Professor Gambarara,
trovo in rete un suo indirizzo
email e sperando che sia quello giusto le reinvio la segnalazione dei miei studi di "alta filologia saussuriana",
a detta del prof. Albano Leoni (?),
raccolti alla pagina Querelle Barbaros
del mio sito www.bitnick.it.
Le sarò grato di un commento, anche informale.
Rispettosi ossequi.
N. B. - Il link Querelle Barbaros
è aggiornato a oggi e include anche questa email.
DB 28 –
15.9.2002 - Email circolare “Manoscrittura
Facendo seguito al primo comunicato (vedi DB 2) desidero informare gli
eventuali interessati che la stesura dell’opuscolo sulla Meccanica grafica (AG 11),
annunciato per lo scorso marzo, ha subito una battuta di arresto (di ben otto mesi) per i seguenti motivi:
1 - imprevista
“Querelle barbaros”;
2 - totale
disinteresse dei linguisti, forse legittimo considerato che la materia riguarda
l’aspetto fisico e fisiologico della scrittura e che ha carattere di rassegna e
non di lavoro originale;
3 -
pubblicazione del fascicolo sul cronoscopio
di Hipp (AG 12), che ho ritenuto propedeutico a questo sulla scrittura.
Pur avendo in cantiere lavori più impegnativi,
considerato che il materiale è già pronto, confido di assemblare il fascicolo
AG 11 e pubblicarlo quanto prima. Con l’occasione rinnovo la preghiera della
foto del leggio di Colucci (1914) in Galdo L., L
Grazie.
DB 29 –
2.12.2003 – Email a Daniele Gambarara
(e p. c.
a Francesco
Pariset)
Chiarissimo Gambarara,
Le scrivo in merito alla ripresa stenografica del
Cours di De Saussure.
Poiché, purtroppo, circostanze contingenti – due
scoperte (sulla tensività articolatoria di Lucidi e sulla pressività Morse di
Gaeta), una invenzione (Bitnick) e,
soprattutto, dei rapporti non proprio idilliaci, come Lei sa, tra il
sottoscritto e il professor De Mauro
– fanno sì che questo argomento travalichi l’ambito della sua naturale sede
puramente scientifica sono costretto a fare alcune sintetiche premesse.
Prima. Contando sulla Sua
discrezione allego una lettera riservata recentemente inviata (11.10.2003) al prof. Gamaleri, nella speranza che Lei non si
perda nel groviglio dei rimandi e sappia invece leggere tra le righe il palese
messaggio indirettamente inviato a De
Mauro.
Seconda. Allego anche, per Sua
conoscenza, una lettera in bozza al Presidente Pera, già fatta avere al De
Mauro e per ora senza alcuna risposta.
Terza. Per comprensibili
motivi di opportunità La prego di considerare provvisoriamente riservata anche questa lettera, che non
invio neanche al codestinatario Dott. Pariset.
Nel caso che Lei, immotivatamente, ritenga di non dar seguito alla preghiera
che mi accingo a rivolgerLe questa lettera diventerà automaticamente pubblica
in una nuova sezione ad hoc (Lucidi News)
del mio sito internet.
Ciò premesso vengo al dunque, e cioè alla “Querelle Barbaros” inserita nel mio
lavoro inedito (ma vedi questo link)
sulla Meccanica grafica e di cui Lei,
forse, ha memoria. Anni fa ebbi una cordiale conversazione col Dott. Pariset, dirigente del Servizio
stenografico al Parlamento italiano, il quale, tra molte altre cose, mi disse
che leggendo il Cours di Saussure vi aveva percepito “odore di stenografia”. Successivamente,
come dico (e ricorderò meglio) nel
lavoro citato, appuntai la mia attenzione di “telegrafista” sui presumibili errori della sequenza morfosintattica
barbaros.
Quello che Le chiedo, caro Gambarara, è soltanto di aiutarmi a procurare una fotocopia della
raccolta stenografica di questo passo cruciale del Cours che, stando a quanto dettomi da alcuni (più o meno infastiditi e/o interessati) accad
La saluto cordialmente.
P.S. -
Invio solo per email e La pregherei quindi di conferma di avvenuta ricezione.
DB 30 –
22.3.2004 – Lettera aperta a Lepschy (vedi MO 12)
Chiarissimo Prof. Lepschy,
capisco perfettamente che sul Morse Lei non può
dirmi molto, ma poiché Lei ha commesso l’“errore”
di rispondere a un “presunto”
rompiscatole, ecco che il rompiscatole abusa di questo dito che Lei,
cortesemente e civilmente, gli ha porto per prendersi …tutto il braccio.
Il mio problema, il mio dramma, caro Prof. Lepschy, è ingarbugliato e
delicatissimo. Solo il prof. De Mauro
potrebbe scioglierlo, ma non posso rivolgermi direttamente a lui, almeno non
prima di esser certo sul “tono” da
usare.
Sono un reietto, un emarginato oppure semplicemente,
patologicamente, mi credo tale? Gli accademici italiani tacciono o mi pregano
di depennarli dalla mia lista (Canepari, Albano Leoni, De Dominicis,
Sebastiani, Cornacchia) perché non interessati o perché imbarazzati e
infastiditi da uno studioso scomodo, come Lucidi,
come Buccola e chissà quanti altri?
Taglio corto. Lo scopo di questa lettera è
duplice: scientifico e diplomatico.
Leggendo il lavoro della Garavelli (vedi allegati)
ho avuto la felice sorpresa di appurare che anche Lei si occupa di interpunzione,
quindi i miei lavori scientifici sulla diciamo “interpunzione” Morse (sperimentali
e in corso, preciso) non dovrebbero esserLe del tutto ostici ed anzi
dovrebbero costituire uno dei tanti biglietti da visita (un altro è la faccenda del saussuriano barbaros) per
far prendere in considerazione il sottoscritto. Leggendo il lavoro della Truss invece mi sono accorto che
l’inglese tecnico, su cui sono abituato a cavarmela, è una cosa, mentre
l’inglese letterario (quello della Truss)
è ben altro e io non sono in grado di leggerlo (e ancor meno i traduttori automatici…).
Più delicata è la faccenda diplomatica. Se lei – e i pochi codestinatari di questa email,
interessati in prima persona o per qualche aspetto – avete la compiacenza
di leggere la selezione di lettere che mi sono permesso di allegare, avrete
credo un quadro chiaro dei miei rapporti …non chiari con De Mauro.
Si tratta infatti di far chiarezza:
io ho bisogno di sapere, con chiarezza e con certezza, se De Mauro vuole
o non vuole parlare con me. Tutto lascia intendere di no, ma non vorrei
che poi venga fuori che mi sono sbagliato, che si trattava di malintesi, ecc.
Con internet non si può ignorare o far finta di non sapere o non rispondere. Io
desidero chiarezza. Se De Mauro non
vuol parlare con me, perché si ritiene offeso o per altro, che me lo dica, in
modo che io possa agire di conseguenza.
Ecco, paziente prof. Lepschy, la preghiera che io – se mi consente nel nome di Lucidi – oso rivolgerLe è quella di fare
da ponte radio con De Mauro e farmi
avere una risposta “disambiguata”.
Grazie e cordiali saluti.
P.S. – Non
mando questa email a De Mauro semplicemente perché non ne conosco l’indirizzo
di posta elettronica. Spero che qualcuno di Voi gliela inoltri.
DB 31 –
8.5.2004 – Prima email da Daniele Gambarara
Caro Gaeta,
mi scusi innanzitutto il ritardo: i viaggi
continui fanno sì che io sia diventato un pessimo corrispondente.
Allora, questione BARBAROS in Saussure. Nel
ricco Dossier che lei ha raccolto, le
indicazioni più precise sono state date dal compianto Engler. A pag. 64 di CLG 1922 c’è effettivamente BARBAROS collocato su una linea con
trattini verticali. Nelle fonti manoscritte (pag. 103 dell’edizione Engler),
c’è invece FENESTRA sotto (e non sopra)
una linea con tratti verticali. Le lezioni vengono dal III corso: Engler pubblica i passi corrispondenti
dai quaderni di appunti di Dégallier
e di Joseph.
I quaderni sono non stenografati, ma in chiaro, e
sono conservati nella Biblioteca Pubblica
e Universitaria di Ginevra dove qualunque studioso può prenderne visione.
Non abbiamo però corrispondenze a questo passo nei quaderni di Constantin – il più fidato – e
soprattutto non nelle note autografe di Saussure,
che sono le uniche che potrebbero risolvere la questione della forma precisa
dello schema. Il passo più vicino a questo di cui conserviamo appunti di Saussure è quello alle pagg. 325-327 degli Ecrits de linguistique générale (Parigi 2002), in cui sono riprodotti alcuni degli schemi autografi
di Saussure, ma non quello di cui ci
stiamo occupando.
Il discorso di Saussure in questo passo è chiaro. Ciò che gli interessa qui è il
riconoscimento delle unità della catena fonica in base alle loro differenze; in
quanto differenti tra loro, ciascuna rappresenta un tempo omogeneo (indipendentemente dalla sua durata).
La più ampia e interessante riflessione di Saussure sulla fonetica è contenuta in
un manoscritto autografo conservato ad Harvard,
e splendidamente pubblicato da Maria Pia
Marchese, Phonétique (Firenze 1995).
In esso la complessità delle unità fonetiche tra fenomeno articolatorio e
fenomeno acustico, e soprattutto il loro rapporto col tempo, in cui si
succedono senza cancellarsi, sono discussi a fondo, e Saussure tenta diversi schemi (ad
es. a pag. 75, e la ricerca di una rappresentazione tridimensionale a pagg.
152-153).
Una nota sulla stenografia. A mia conoscenza Saussure non la discute mai, e questo è
strano perché da giovane l’aveva praticata: si conserva a Ginevra un quaderno
in cui aveva stenografato le lezioni di Curtius
quando ne era studente a Lipsia.
Approfitto dell’occasione per dirle che ho
trovato molto interessante l’articolo sul Morse (vedi MO 13)
che mi ha inviato. Mi sembra che ne emerga una possibilità analoga a quella che
la grafologia (più ancora che la
paleografia) ritrova sulla scrittura, non solo di distinguere diverse “mani”, ma anche di riconoscere dal ductus – articolatorio e acustico, più che scritto – gli stati emotivi dello
scrivente (nel nostro caso del
telegrafista). Un’altra convergenza con la fonetica, che forse ci apre una
visione sul linguaggio in generale. Ma lei, nella prospettiva di Lucidi, riuscirà a vedervi ancora di
più.
La saluto cordialmente. Daniele Gambarara
DB 32 –
4.6.2004 – Email di Gaeta
Caro Gambarara,
sia pure con ritardo desidero ringraziarLa, anche
pubblicamente, della dottissima ed esaustiva risposta e, in particolare, della
segnalazione del lavoro di Marchese,
che non conoscevo. Le confesso che i Suoi apprezzamenti ed auguri per le mie
ricerche su Lucidi e su Morse mi hanno inorgoglito e spronato al
lavoro, tanto che ormai ho quasi pronta la monografia sulla lingua telegrafica,
lavoro che, come già ho avuto modo di accennarLe, prende le mosse dal
recentissimo saggio di Belardi sulla
voce articolata (vedi FO 1).
Non mi è chiaro se Lei è materialmente in
possesso della pagina dei quaderni (di Dégallier
e Joseph) con l’esempio “BARBAROS” che a me interessa, a
prescindere dall’essere contenuto in un brano stenografato o meno, per
analizzarlo in chiave “telegrafica” (o, se preferisce, diacronica). Se così
fosse potrebbe avere la squisitezza di favorirmela?
Grazie. Cordiali saluti.
DB 33 – 14.7.2004
Nel corso di un proficuo
colloquio il Gambarara, se non ho
capito male, promette un fattivo interessamento sia per procurare la fotocopia,
sia soprattutto per revisionarmi l’imminente lavoro “Telegrafia e Lingua” (vedi
AG 14 e, soprattutto, MO 64).
DB 34 – 11.10.05 – “Sotto silenzio” (vedi LU 86)
“Se fosse vero che
De Mauro l’ha preso di punta allora lei, Gaeta, avrebbe chiuso”. Con questa frase, per
lui incredula e per me sibillina, mi congedò Riccardo Luccio, al termine
di una lunga e cordiale conversazione a Firenze, giusto tre anni fa (9.10.02).
L’accoglienza non dirò “ostile”, né “fredda”,
ma semplicemente “assente” delle mie recenti pubblicazioni scientifiche
(AG 12, AG 13, AG
14, AG 15 e AG 16) mi ha chiarito il significato del
termine “chiusura”. Significa semplicemente che quello che io scrivo,
foss’anche una nuova teoria della relatività!, non esiste, non viene preso in
considerazione, passa del tutto sotto silenzio, unsaid.
Non si tratta di complotti o congiure, ma di
mancanza di “protettorato” scientifico (se non vera e propria mafia
accademica): se non si hanno santi in paradiso, pensa saggiamente il
popolo, non si va avanti!
Molti hanno riso di queste mie parole, alcuni
hanno il pudore di tacere, pochi, per fortuna, si indignano.
DB 35
– 16.12.05 – “Il
carattere laminare del
significante” (vedi BU 76)
Il significante, essendo di natura auditiva, si svolge
soltanto nel tempo ed ha i caratteri che trae dal tempo:
a) rappresenta una estensione,
b) tale estensione è misurabile in una sola
dimensione: è una linea.
Questo principio è evidente, ma sembra che ci si
sia sempre dimenticati di enunziarlo, senza dubbio perché lo si è trovato
troppo semplice: tuttavia esso è fondamentale e le sue conseguenze sono
incalcolabili. La sua importanza è pari a quella della prima legge. Tutto il
meccanismo della lingua ne dipende. In opposizione ai significanti visivi (segnali
marittimi, ecc.) che possono offrire complicazioni simultanee su più
dimensioni, i significanti acustici non dispongono che della linea del
tempo; i loro elementi si presentano l’uno dopo l’altro; formano una catena.
Tale carattere appare immediatamente non appena li si rappresenti con la scrittura
e si sostituisca la linea spaziale dei segni grafici alla successione nel
tempo.
In certi casi ciò non appare con evidenza. Se per
esempio accento una sillaba, sembra che accumuli sullo stesso punto degli
elementi significativi diversi. Ma è un’illusione: la sillaba e il suo accento
non costituiscono che un atto fonatorio; non vi è dualità all’interno di questo
atto, ma soltanto opposizione diverse con ciò che è accanto.
Ferdinand De Saussure
Questa descrizione del celebre secondo principio
di Saussure sul “carattere lineare del significante” (traduzione
De Mauro, corsivi Gaeta), quanto mai chiara, lo diviene ancora di più
sostituendo il termine “lineare” con quello più tecnico di “laminare”
(in opposizione a “turbolento”, vedi BU 68).
Consideriamo il segnale fonico come simboleggiato
dalla traiettoria di una particella d’acqua in un tubo (fonatorio o
portavoce). In virtù di quell’impulso naturale che ci spinge a rendere con immagini
imitative i vari fenomeni che colpiscono i nostri sensi (Kussmaul),
possiamo “fissare” questa traiettoria su un diagramma cartesiano. Anche
se in ascisse mettiamo il “tempo”, in realtà, e con tutta evidenza,
questa linea sinuosa, si badi, non rappresenta che un grafico, un disegno, una
scrittura (vedi immagine).
Ora, mentre con il senso della vista si abbraccia
“a colpo d’occhio”, istantaneamente, la forma della linea, in
questo caso la forma d’onda; con il senso dell’udito invece l’onda non si
coglie tutta in una volta, ma consecutivamente, perché l’orecchio “sente”
la forma per impulsi successivi. Anche se questo concetto è assolutamente
elementare, ritengo proficuo riportare le parole con cui Galileo Ferraris
lo descrive nella famosa conferenza “Sul telefono di Graham Bell” del 2
febbraio 1878: L’orecchio è nelle condizioni di un occhio a cui si
presentassero una dopo l’altra le ordinate dei diversi punti della linea
rappresentatrice dell’onda, come accadrebbe quando il foglio, su cui la linea è
disegnata, fosse coperto da un altro foglio opaco, in cui fosse una
strettissima fessura parallela all’asse delle ordinate, e si facesse scorrere
dietro a questo parallelamente all’asse delle ascisse, cosicché l’occhio
vedesse successivamente le porzioncelle della linea, che vengono passando
dietro alla fessura. Nella figura ho esemplificato due fessure o
finestrelle che lasciano “vedere” le porzioncelle o “bollicine”
di segnale che sarebbero “sentite” dall’orecchio agli istanti 1 e
2.
Rimandando a Vallini (vedi Fonti on
line) per i fondamentali commenti al brano di Saussure (omogeneità
tempo, consécution, catena fonica, ecc.) e a Gaeta (vedi AG 11)
per la connessa querelle “barbaros”,
qui mi limito ad osservare che il carattere “estensionale” del tempo
propriamente è conservato solo nella lucidiana o iposemica pronuncia “estensa”,
nella quale il significante si svolge “per intero”, si srotola, si
dispiega o meglio ancora si “distende” come un lenzuolo, cioè
laminarmente. La pronuncia “intensa” invece è vorticosa, in
pratica un rumore che presenta “complicazioni simultanee su più
dimensioni”. Di questa non si può né prevedere, né ricostruire, né ripetere
la “cronistoria”, della prima invece sì.
In altri termini il carattere diacronico,
cronotopico (processo verbale, repetizione, ricapitolazione, ecc.) è
connesso alla memoria uditiva, o più esattamente alla buccoliana “memoria
organica”; mentre invece il carattere sincronico, semantico è connesso alla
memoria visiva (attenzione, “occhio della mente”, ecc.).
DB 36 – 1.1.2006 – “L’iposema De Mauro” (vedi
GA 1)
Negli ultimi tempi col De Mauro mi sono ripetutamente “scusato”, oggi farò ben di più:
lo “ringrazierò”.
***
Come qualcuno mi ha fatto osservare la mia
produzione scientifica difetta di sistematicità, è disseminata in brevi e
numerose News (circa 400, allo stato) e
in pochi opuscoli (Gli Atomi) di
poco più organici ma, soprattutto, è minata dall’infinità
di polemiche donchisciottescamente condotte contro
l’indifferenza generale da me patologicamente antropomorfizzata
nell’incolpevole Tullio De Mauro. Quindi le mie pagine più significative, emendate delle polemiche e dei troppi
riferimenti personali, si dovranno un giorno
raccogliere, raccordare e “organare” in “testo”,
usando come principale filo di Arianna la loro cronologia. Anche a tal fine
d’ora in avanti i miei contributi cercheranno di essere meno
sparuti e appariranno in un’unica e nuova sezione (Gaeta News).
Riallacciandomi, in particolare, alle recenti
pagine del virus semantico e della terza lettera a Sprini, è giocoforza però convenire che le polemiche non sono del
tutto sterili, anzi sono un prerequisito per qualsiasi conquista scientifica –
con parole del Pigliacampo potremmo addirittura aggiungere “Guai se
qualcuno non si opponesse alle nostre teorie, sarebbe la fine del progresso!”.
In linguistica, in particolare, la polemica, il contrasto, la lotta delle idee devono essere assolutamente di casa, perché – lo abbiamo
sviscerato da tempo – lo sgusciante “sema” o “significato” altro
non è che disturbo, virus, rumore, mentre il lucidiano
“iposema” è l’appianamento e il superamento di queste
difficoltà, la guarigione di questa malattia, la regolarizzazione,
regolamentazione o “tecnificazione” (vedi
AG 16) di questo inestricabile groviglio
e intoppo semantico. In altri termini per capire l’iposema le diatribe
personali feconde di equivoci e persino i “gossip”
si rivelano didattici, ovviamente a condizione che ce ne si emancipi presto e
si buttino a mare una volta estrapolatane la teoria e svelatane la “dottrina”.
Nel 2003 scrivevo che “l’atteggiamento
di De Mauro ai miei occhi è sempre stato quello di una sfinge abbottonatissima e dopo venti anni credo di averne risolto
solo in parte il mistero” (vedi AG
13), oggi il suo “enigma”, anzi il suo “fascino” o il suo
“carisma”, mi sono chiarissimi. In lui non ci
sono né le ipocrisie nei miei confronti, né i rimorsi verso Lucidi da me
farneticati: De Mauro, semplicemente, svolge il suo ruolo, la cui “compitezza”
non gli consente di dire o ammettere, per esempio, “queste cose non le ho
seguite, non le so, non me le ricordo, non voglio pronunziarmi, non mi interessano” oppure “secondo me Lucidi azzardava
delle intuizioni che io non condivido perché non sono sperimentabili”. Non
volendo, e forse non potendo dire questo (a differenza, per esempio, del Belardi),
egli si nasconde dietro una maschera di snobismo, disinteresse e superiorità.
Sentendomi un “innamorato respinto” e abbagliato dal contrasto con il
primitivo (del 1985) apertissimo e genuino
atteggiamento nei miei confronti, ho malauguratamente e disastrosamente
travisato la sua successiva politica del silenzio e la sua perdurante “sfingità”.
Ho capito, in sostanza, che De Mauro non è
né il capro espiatorio né la predetta “antropomorfizzazione”
dell’indifferenza generale verso le mie cose (Bitnick, scoperte di Lucidi e
Buccola, telelinguistica, storia della psicologia,
telegrafia, ecc.), ma, al contrario, è la personificazione
dell’iposema. Quando egli, dinanzi ai miei scritti, “non dice niente”,
non lo fa per disdegno o per disprezzo, ma li “iposemizza”, cioè li prende per quello che essi
oggettivamente sono: pura e semplice “scrittura”, cioè – come anche da
lui stesso teorizzato nella celeberrima conferenza Tra Thamus
e Theuth – una cosa morta e inerte.
Questa “iposemizzazione” tecnicamente consiste nell’eliminare il “valore” delle parole, vale
a dire nel desemantizzarle, nel non entrare nel loro
“merito”. Alla luce di queste considerazioni il sottotitolo
L’inerzia di De Mauro, per esasperazione, provocazione o
forse prevaricazione, da me apposto al mio ultimo Atomo sull’iposema di Lucidi
(AG
16), si attaglia al tema ben di più che nelle intenzioni lì
dichiarate: la persona del De Mauro e il suo silenzio – non sdegnoso, ripeto, ma tecnico,
linguistico – si rivelano esemplarmente funzionali a far comprendere
l’essenza e il carattere smorto o vegetativo dell’iposema.
Approfondire ulteriormente i rapporti tra iposema
e sema, significante e significato, effetto Lucidi
(permutabilità di questi due stati della lingua), ecc. esulerebbe alquanto dallo scopo di questa News, che, come
già anticipato, è quello di ringraziare il De Mauro del
mio tardivo, epperò convintissimo, “ravvedimento”
e della tacita lezione non solo di linguistica, ma anche, e forse soprattutto,
di vita, di comportamento di cui gli sono debitore. Mi limiterò quindi solo ad
accennare che l’iposema, di per sé inerte, ha però la mirabolante facoltà di
far nascere, o rinascere, il sema nella testa del lettore.
Mi pare di ricordare di aver
visto, tantissimi anni fa, in tempi non sospetti, pubblicata in un
quotidiano una caricatura del De Mauro raffigurato come una sfinge. Se così fosse, e se qualcuno me la favorisse, sarebbe
alquanto simpatico, presumo anche per l’interessato, sostituirla alla foto di
questa News.
DB 37 – 3.3.2006 – “Il suono immaginario” (vedi GA
37)
Non solo noi ci costruiamo nella nostra mente “fantasmi”
visivi del mondo esterno (vedi GA 15), ma ci costruiamo
anche “immagini” sonore. Questo concetto è assolutamente elementare, ma
riesce ostico – e mina dalle fondamenta, come inizieremo a vedere dalla prossima
News, tutto l’edificio della linguistica saussuriana – a causa dell’errata
convinzione, che Ronchi chiama “ipotesi clandestina”, che il “suono”
sia un fenomeno fisico esterno e indipendente dall’osservatore, e localizzato
nel corpo vibrante che lo ha emesso, ad esempio l’aereo del disegno (V.
Ronchi, Sui fondamenti dell’acustica e dell’ottica, Olschki, Firenze 1967, pag.
152 ÷ 154).
A tutti sarà capitato di udire il rombo di un
reattore che passa
Se la citata “ipotesi clandestina” non
avesse ingenerato la convinzione che il suono è un fenomeno obbiettivo,
esterno, non si direbbe “la campana suona”, ma “la campana vibra e io
la sento suonare”. O almeno si direbbe soltanto “io sento suonare la
campana”. Quante liti sarebbero evitate se invece di affermare, come
avviene spesso nelle discussioni, “tu hai detto questo”, uno fosse più
preciso e dicesse: “io ho sentito che tu hai detto questo”! Sembra una
sfumatura, ma la differenza tra le due affermazioni è enorme (Ronchi, loc.
cit.).
E niente affatto banale, mi permetto di
aggiungere, a beneficio, per esempio, dell’amico Di Trocchio (vedi il
post scriptum in calce alla BU
71).
DB 38 – 5.3.2006 – “L’immagine acustica”
(vedi GA 38)
Le mie News si aprono sempre con una
immagine, ovviamente “visiva”, che illustra e sintetizza quanto è
scritto nell’articolo. Per questa News, che concerne la descrizione di
una “immagine” particolare – sui generis e particolarmente ostica
– e cioè l’immagine “acustica”, non potendo ovviamente usare nessuna “figura”
potrei e forse dovrei inserire un file audio che automaticamente
all’apertura della pagina, o con un semplice clic, riproduca una parola,
una musica o un rumore qualsiasi. Questa soluzione però l’ho scartata, non
tanto per le difficoltà tecniche, peraltro superabilissime, ma perché, per il
nostro assunto basta e avanza, anzi è più “didattico” utilizzare come “immagini
acustiche” gli stessi caratteri con cui è composto il presente testo.
Nella scrittura infatti, si badi molto bene, c’è
un “segreto”, che è semplicemente questo: per coloro che non conoscono
la lingua i caratteri sono “arabo”, cioè immagini “visive” (statiche)
o disegnetti che, al massimo, si possono “riconoscere” – se si erano
memorizzati in precedenza (come, ad esempio, nel caso dei loghi e delle
firme) – ma non certo “leggere”; invece coloro che “conoscono”
la lingua (ad esempio l’italiano), a cominciare dai suoi grafemi
e dai corrispondenti fonemi, e la sanno “leggere” (come chi in
questo momento sta scorrendo queste righe!), non vedranno immagini “visive”
fissate nello spazio, ma, per così dire, “sentiranno”
immagini “acustiche” svolgentesi nel tempo. E più
esattamente: l’immagine acustica sarà “reale” quando si ascolta la
lettura altrui o si legge ad alta voce, mentre sarà “immaginaria” nel
caso di lettura silente (linguaggio mentale o endofasico).
Tre categorie speciali di persone capiranno al
volo questo basilare concetto di “immagine acustica”: i ciechi, i
telegrafisti e gli analfabeti. I primi, per forza di cose, neanche sanno cosa
sono le immagini visive e conoscono solo quelle acustiche (parole, musica,
rumori…). I secondi, dopo aver buttato a mare l’alfabeto Morse scritto,
comunicano solo oralmente – e non tanto in “lingua Morse”, ma in una
variante della loro lingua nativa, nella quale hanno sostituito i fonemi
tradizionali con i fonemi o “pattern acustici” Morse. Per gli
illetterati e i “fanciullini”, infine, qualunque scrittura è una “lingua
straniera”.
Il concetto di “immagine acustica” appena
esposto può apparire semplice o banale, specie se non si ha dimestichezza con
la buccoliana “legge del tempo”. Io l’ho maturato dopo anni e anni di
profondi e sofferti studi sul Morse, su Lucidi, su Ronchi,
su Binet (vedi BU 73), su Edison, ecc. e soprattutto su Buccola,
lo scienziato, si badi, più avanti e più incompreso di tutti, di cui ricordo
questa frase scultorea: “Il linguaggio nel suo schema fondamentale è
costituito da imagini acustiche, sia di natura sensoria che motrice,
cioè da imagini di eccitamenti sonori che entrano nel cervello per mezzo dell
Assimilato il semplice concetto di “immagine
acustica” lo useremo come una chiave per entrare, dalla porta principale,
nel sacro tempio della linguistica generale. Nelle prossime News infatti
affronteremo, gradualmente e senza troppa fatica, i principali passi salienti
del noto CLG di Ferdinand De Saussure (vedi foto), cercando di
bypassare i meandri in cui si sono cacciati e persi tutti i linguisti, a
cominciare dal Benveniste (come ha genialmente avvertito Lucidi)
e a finire col De Mauro (vedi foto).
Per il collage di apertura (visivo e
“acustico” al contempo), che mette a raffronto la saussuriana segmentazione
della catena fonica (tempi omogenei ma disuguali) con quella
erroneamente recepita dai linguisti (tempi omogenei e uguali)
rimando alla querelle BARBAROS (provvisoriamente inserita nel
mio Atomo incompiuto AG 11) e a
quanto diremo nel prosieguo.
DB 39 – 6.3.2006 – “Il cinematografo di Saussure” (vedi GA 39)
Vi sono almeno due luoghi del CLG (pag. 32 e
64 dell’edizione francese del 1922 redatta da alcuni allievi) in cui Saussure
accenna all’impossibilità di “fotografare” in tutti i dettagli
l’atto della fonazione. “Se si potessero riprodurre mediante un film tutti i
movimenti della bocca e della laringe che realizzano una catena di suoni (ad
esempio BARBAROS, vedi GA 38) sarebbe
impossibile scoprire delle suddivisioni in questa sequenza di movimenti
articolatorii. Non si sa dove un suono comincia e dove un altro finisce”.
Anche se è probabile che i moderni fonetisti o
fonologisti (non tutti, presumo!) condividano queste limpide parole del
padre della linguistica moderna, è più che certo che nell’ultimo secolo la
scienza linguistica ha perseguito proprio l’obbiettivo opposto, e cioè la segmentazione
della catena fonica, alla ricerca, per così dire, del “fonema perduto”.
Abbagliati dalle sempre maggiori meraviglie dell’elettronica o dell’informatica
gli scienziati lavorano infatti con l’ipotesi, più o meno “clandestina”,
per dirla col Ronchi, che la tecnologia li possa condurre all’obbiettivo
fallito da Saussure per carenza e inadeguatezza degli strumenti tecnici
dei suoi tempi.
Le cose invece non stanno così, primo
perché la segmentazione di cui sopra, come approfondiremo più avanti, avviene
solo a livello psichico e Saussure sapeva benissimo che i
movimenti fonatori sono talmente scomposti da sfuggire ad ogni tentativo di “trascrizione”
(fonogrammi); secondo, perché al tempo in cui scrive Saussure
(1897) la cinematografia scientifica, o meglio l’analisi “fotocronografica”
era, già da circa venti anni, una realtà sufficientemente compiuta (vedi
animazione).
Naturalmente non mi riferisco al cinema sonoro,
né a quello muto dei fratelli Lumiere, ma ai pionieristici e ben noti (vedi
in rete) lavori del Marey, del Muybridge o del nostro Majorana
(Quirino, non Ettore!), che al Pantano di Lentini cinematografava la
meccanica del volo delle anatre selvatiche.
DB 40 – 12.3.2006 – “L’ASR di Saussure” (vedi
GA 42)
2 – “Le sillabe che si
articolano sono impressioni acustiche percepite dall’orecchio, ma i suoni non esisterebbero
senza gli organi vocali” (CLG 1922, 23).
3 – “Non solo
l’impressione prodotta sull’orecchio ci è data in modo altrettanto diretto
dell’immagine motoria degli organi, ma è proprio essa, inoltre, che fa da base
naturale a qualsiasi teoria” (CLG
1922, 63).
4 – “Finché si ha
l’impressione di qualche cosa di omogeneo, il suono è unico” (CLG 1922, 64).
5 – “La catena acustica
non si divide in tempi uguali, ma in tempi omogenei, caratterizzati dall’unità
di impressione, ed è qui il punto di partenza naturale per lo studio
fonologico” (CLG 1922, 64).
6 – “L’immagine acustica
non è il suono materiale, cosa puramente fisica, ma la traccia psichica di
questo suono, la rappresentazione che ce ne dà la testimonianza dei nostri
sensi” (CLG 1922, 98).
Un esame minuzioso della segmentazione temporale
(le stanghette verticali sull’asse dei tempi) della sequenza o catena (chaîne)
fonica BARBAROS o FENESTRA del Saussure – o dei suoi
editori, secondo il Gambarara (vedi MO 14) – con quella
recepita dal De Mauro (vedi GA 38) o dall’Engler
(vedi Edition critique CLG, 1967 e immagini qui sopra) è la prova
più schiacciante, se mai ce ne fosse bisogno, dell’enorme e deprecabile caos
esegetico esistente – da sempre, si badi – fra i linguisti e, nella
fattispecie, della confusione tra “durata” e “omogeneità” (qualità
di impressione) dei suoni.
Come si sa, e come io stesso ho da tempo
sottolineato (vedi AG 9), il CLG
è un libro particolare, che tutti riconoscono quasi “sacro” e studiano
minuziosamente, ormai da un secolo, per penetrare le “rivelazioni”
sull’essenza della lingua che contiene. L’esegesi però dà frutti parziali e
solo “accademici”, perché i linguisti, in genere orientati verso la
filosofia e l’esasperazione filologica (invece che verso la fisica o la
fisiologia, per esempio), restano impaniati in problemi speculativi ed
epistemologici che con la linguistica nulla hanno a che fare. Solo Lucidi,
credo di poter dire, riuscì a liberarsi da tali pastoie extralinguistiche.
Dal canto loro gli ingegneri e gli scienziati
diciamo “positivi”, comunicano male con i linguisti “filologi ad
oltranza”. Io, per esempio – vuoi per formazione e vuoi, soprattutto, per “limiti
di età” – non sono riuscito ad impadronirmi del “linguaggio dei
linguisti” e recentemente mi è accaduto di rammaricarmi con il Gambarara
della mia inadeguatezza a leggere il lavoro della Marchesi sul Saussure
che mi aveva consigliato, come pure ad approfondire gli scritti per me troppo
specialistici del De Mauro (Introduzione alla semantica, 1965),
del Bouquet (vedi in rete) o del Poole (vedi in rete)
sull’arbitrarietà del segno. Nondimeno continuo a parlare di cose “della”
lingua, anche se non “nella” lingua dei linguisti, e senza curarmi di
ricostruzioni filologiche. E senza altri indugi passo subito al tema di questa News,
utilizzando le sei brevi e pregnanti frasi che riporto qui sopra nel riquadro
di intestazione (per la prima vedi GA 39) e che ho
estrapolato dal CLG – testo dove, detto per inciso, si trova tutto e il
contrario di tutto.
Il modo migliore per capire il pensiero di Saussure sulla
ricerca dei “fonemi perduti” (vedi GA 39), anzi depositati
nell’inconscio del parlante, è ricorrere al paragone del riconoscimento
automatico del parlato (Automatic Speech Recognition o ASR) con
programmi informatici ormai diffusissimi e affidabilissimi, come ad esempio il
celebre Dragon Naturally Speaking che riconosce il parlato continuo con
precisione quasi assoluta. Come già rilevato nel mio Etica e Fonetica (AG 13, § 1.4) questi programmi funzionano meglio con una
dettatura fluida, mentre al contrario le pause, le esitazioni e in generale il
parlato scandito peggiorano la qualità del riconoscimento vocale da parte del
programma.
L’analisi delle due “catene” saussuriane, l’articolatoria e
l’acustica (vedi diagramma), sostanzialmente non è diverso dall’esame
dell’oscillogramma fonico (vedi GA 41): in tutti i casi non è
possibile individuare il punto esatto dove finisce un suono e ne comincia un
altro (citazione 1) e cioè non si può suddividere il continuum fonico
né si possono rintracciare i confini sillabici, ma tuttavia, si badi bene, la
segmentazione si ottiene lo stesso grazie ai sofisticatissimi algoritmi
dell’elaborazione informatica. In modo del tutto analogo al “cervello
elettronico” opera il “cervello umano”, quando riconosce ed
estrapola da un continuum verbale quei “tempi”, non uguali bensì
“omogenei” (citazione 5), di cui parlava Saussure.
Gli zelanti allievi del maestro ginevrino – e
dopo di loro i linguisti tutti, presumo – inseguivano una segmentazione a
livello acustico e/o articolatorio, in sostanza a livello fisico, invece per Saussure
la suddivisione è a livello psichico, in una terza catena
astratta e per così dire “in uscita” dall’elaborazione inconscia del
parlante. “Ogni unità della catena fonica – secondo, ad esempio, il Gambarara
(loc. cit.) – rappresenterebbe un tempo omogeneo (indipendentemente
dalla sua durata) e verrebbe riconosciuta in base alle loro differenze”: a
mio avviso questo modo di vedere il problema della “omogeneità” dei
fonemi, ad esempio della parola BARBAROS, è alquanto contorto. Con Saussure
(citazione 4) invece tutto diventa più chiaro attribuendo l’“omogeneità”
non ai vari fonemi posti sull’asse diacronico, ma a quelle “immagini
acustiche” (vedi GA 38)
caratterizzate “dalla stessa impressione o dallo stesso effetto acustico”,
per cui il parlante riconosce una t, una n, ecc.
a prescindere dalle singole realizzazioni, esattamente come fanno i programmi ASR
dei computer.
L’ASR è indubbiamente una pietra miliare
nella ricerca linguistica, ma alle tappe successive potranno e dovranno portare
contributi importanti, se non decisivi, le scoperte di Lucidi e di Buccola
(vedi, per esempio, BU
76) e la telelinguistica di Gaeta (vedi, per esempio, AG 14).
DB 41 – 9.4.2006 – Email di Gaeta
Da:
Inviato: domenica 9 aprile 2006 13.02
A:
Oggetto: Lucidi incompreso e ignorato
Caro De
Mauro, il genio di Lucidi lo
conosciamo solo noi due. Belardi l’ha
sottovalutato, Albano non lo capisce
e di conseguenza né legge né vuole leggere i miei scritti, mentre Gambarara – sfottendo – li mette in “cornice”
(non certo quella che mi ha insegnato
lei…).
So dei suoi acciacchi – ma anch’io, mi creda, non sono messo meglio! – e so che non ha più
tempo per occuparsi di “Gaeta”, ma
una lavata di testa a questi suoi due allievi testoni potrebbe dargliela! Gaeta