GA
37 – Il suono immaginario (3.3.2006)
Non solo noi ci costruiamo nella nostra mente “fantasmi” visivi del mondo esterno (vedi GA 15), ma ci costruiamo anche “immagini” sonore. Questo concetto è assolutamente
elementare, ma riesce ostico – e mina dalle fondamenta, come inizieremo a
vedere dalla prossima News,
tutto l’edificio della linguistica saussuriana – a causa dell’errata
convinzione, che Ronchi
chiama “ipotesi clandestina”, che il
“suono” sia un fenomeno fisico
esterno e indipendente dall’osservatore, e localizzato nel corpo vibrante che
lo ha emesso, ad esempio l’aereo del disegno (V. Ronchi, Sui fondamenti dell’acustica e dell’ottica, Olschki, Firenze
1967, pag. 152 ÷ 154).
A tutti sarà capitato di udire il rombo di un
reattore che passa
Se la citata “ipotesi
clandestina” non avesse ingenerato la convinzione che il suono è un
fenomeno obbiettivo, esterno, non si direbbe “la campana suona”, ma “la
campana vibra e io la sento suonare”. O almeno si direbbe soltanto “io sento suonare la campana”. Quante
liti sarebbero evitate se invece di affermare, come avviene spesso nelle
discussioni, “tu hai detto questo”,
uno fosse più preciso e dicesse: “io ho
sentito che tu hai detto questo”! Sembra una sfumatura, ma la differenza
tra le due affermazioni è enorme (Ronchi,
loc. cit.).
E niente affatto banale, mi permetto di
aggiungere, a beneficio, per esempio, dell’amico Di Trocchio (vedi il post scriptum in calce alla BU 71).