GA
1 – L’iposema De Mauro (1.1.2006)
Negli ultimi tempi col De
Mauro mi sono ripetutamente “scusato”, oggi farò ben di più: lo “ringrazierò”.
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Come qualcuno mi ha fatto osservare la mia produzione scientifica
difetta di sistematicità, è disseminata in brevi e numerose News (circa 400, allo stato) e in pochi opuscoli (Gli Atomi) di poco più
organici ma, soprattutto, è minata dall’infinitità di
polemiche donchisciottescamente condotte contro
l’indifferenza generale da me patologicamente
antropomorfizzata nell’incolpevole Tullio De Mauro. Quindi le mie pagine
più significative, emendate delle polemiche e dei
troppi riferimenti personali, si dovranno un giorno
raccogliere, raccordare e “organare” in “testo”,
usando come principale filo di Arianna la loro cronologia. Anche a tal fine
d’ora in avanti i miei contributi cercheranno di essere meno
sparuti e appariranno in un’unica e nuova sezione (Gaeta News).
Riallacciandomi, in particolare, alle recenti pagine del virus semantico e della terza lettera a Sprini,
è giocoforza però convenire che le polemiche non sono
del tutto sterili, anzi sono un prerequisito per qualsiasi conquista
scientifica – con parole del Pigliacampo
potremmo addirittura aggiungere “Guai se
qualcuno non si opponesse alle nostre teorie, sarebbe la fine del progresso!”.
In linguistica, in particolare, la polemica, il contrasto, la lotta delle idee devono essere assolutamente di casa, perché – lo abbiamo
sviscerato da tempo – lo sgusciante “sema”
o “significato” altro non è che disturbo, virus, rumore, mentre il lucidiano “iposema” è l’appianamento e il superamento
di queste difficoltà, la guarigione
di questa malattia, la regolarizzazione,
regolamentazione o “tecnificazione” (vedi AG
16) di questo inestricabile groviglio e intoppo semantico. In altri
termini per capire l’iposema le diatribe personali feconde di
equivoci e persino i “gossip”
si rivelano didattici, ovviamente a condizione che ce ne si emancipi presto e
si buttino a mare una volta estrapolatane la teoria e svelatane la “dottrina”.
Nel 2003 scrivevo
che “l’atteggiamento di De Mauro ai miei
occhi è sempre stato quello di una sfinge abbottonatissima
e dopo venti anni credo di averne risolto solo in parte il mistero” (vedi AG 13), oggi il suo “enigma”, anzi il suo “fascino” o il suo “carisma”, mi sono chiarissimi. In lui non
ci sono né le ipocrisie nei miei confronti, né i rimorsi verso Lucidi da me farneticati: De Mauro, semplicemente, svolge il suo
ruolo, la cui “compitezza” non gli
consente di dire o ammettere, per esempio, “queste
cose non le ho seguite, non le so, non me le ricordo, non voglio pronunziarmi,
non mi interessano” oppure “secondo me Lucidi
azzardava delle intuizioni che io non condivido perché non sono
sperimentabili”. Non volendo, e forse non potendo dire questo (a
differenza, per esempio, del Belardi),
egli si nasconde dietro una maschera di snobismo, disinteresse e superiorità.
Sentendomi un “innamorato respinto” e
abbagliato dal contrasto con il primitivo (del
1985) apertissimo e genuino atteggiamento nei
miei confronti, ho malauguratamente e disastrosamente travisato la sua
successiva politica del silenzio e la sua perdurante “sfingità”.
Ho capito, in sostanza, che De Mauro non è né il capro espiatorio né la predetta “antropomorfizzazione”
dell’indifferenza generale verso le mie cose (Bitnick, scoperte di Lucidi e Buccola, telelinguistica,
storia della psicologia, telegrafia, ecc.), ma, al contrario, è la personificazione
dell’iposema.
Quando egli, dinanzi ai miei scritti, “non
dice niente”, non lo fa per disdegno o per disprezzo, ma li
“iposemizza”,
cioè li prende per quello che essi oggettivamente sono: pura e semplice “scrittura”, cioè – come anche da lui
stesso teorizzato nella celeberrima conferenza Tra Thamus e Theuth
– una cosa morta e inerte. Questa “iposemizzazione” tecnicamente consiste
nell’eliminare il “valore” delle
parole, vale a dire nel desemantizzarle, nel
non entrare nel loro “merito”. Alla
luce di queste considerazioni il sottotitolo L’inerzia di De Mauro, per esasperazione, provocazione o forse
prevaricazione, da me apposto al mio ultimo Atomo
sull’iposema di Lucidi (AG 16),
si attaglia
al tema ben di più che nelle intenzioni lì dichiarate: la persona del De Mauro e il suo silenzio – non
sdegnoso, ripeto, ma tecnico, linguistico – si rivelano esemplarmente funzionali a far comprendere l’essenza e
il carattere smorto o vegetativo dell’iposema.
Approfondire ulteriormente i rapporti tra iposema e sema, significante e significato, effetto Lucidi (permutabilità
di questi due stati della lingua), ecc.
esulerebbe alquanto dallo scopo di questa News, che, come già anticipato, è quello
di ringraziare il De Mauro del mio tardivo, epperò
convintissimo, “ravvedimento” e della
tacita lezione non solo di linguistica, ma anche, e forse soprattutto, di vita,
di comportamento di cui gli sono debitore. Mi limiterò quindi solo ad accennare
che l’iposema, di per sé inerte, ha però la mirabolante facoltà di far nascere,
o rinascere, il sema nella testa del lettore.
Mi pare di ricordare di aver visto,
tantissimi anni fa, in tempi non sospetti, pubblicata in un quotidiano
una caricatura del De Mauro
raffigurato come una sfinge. Se così fosse, e se
qualcuno me la favorisse, sarebbe alquanto simpatico, presumo anche per
l’interessato, sostituirla alla foto di questa News.