VI
17 – La genesi di Termini bassa (31.12.2013)
Questa fotografia aerea della
zona dei “Rucchiceddi” di Termini
Imerese, favoritami da Rosario Mongiovì
(sicuramente un termitano doc, sia per il
suo cognome, sia soprattutto per il comportamento “civile” nei miei confronti),
mi consente di tornare ancora (e per
l’ultima volta, considerato il sistematico e quasi generale rigetto o “ripudio”
del mio nome e del mio lavoro) sulla ormai annosa faccenda dell’alluvione
inversa e cioè sulla genesi della parte bassa (“gnusu”) di Termini Imerese.
Per seguire le mie
argomentazioni pregherei i lettori di confrontare sinotticamente tale foto con
il quadro di Marcello Toma che, per
comodità, riporto a fianco e che, come spero si ricorderà, raffigura Termini
com’era nel Medioevo. In particolare i sicuri punti di “repere” sono tre: torre dei
Saccari (chiesa di S. Orsola), Annunziata e terme di Himera. Questa triangolazione non coincide nelle due “viste”, perché ad esempio qui le terme
circolari (vedi il mio ritaglio in basso
a destra) sono sulla verticale della torre dei Saccari, mentre nel quadro
sono sulla destra (Mongiovì però ha detto
che alla prossima occasione cercherà di scattare una foto con una prospettiva più “ortogonale” e
quindi più vicina al quadro), ma credo che con un minimo di senso di
orientamento e con gli occhi della mente le due viste si possano facilmente
sovrapporre.
“All’alba del 5 febbraio 1234 a Thermae si udì un terribile boato e la
milizia di guardia, affacciatasi alla balconata della torre dei Saccari e
accortasi che il pericolo veniva dal mare, e precisamente dalla zona delle
terme, lanciò subito l’ordine di evacuazione. Una sorta di maremoto o di
tsunami stava aggredendo la città, in un fragoroso ribollio di onde e di fango.
Al tramonto, calmatisi le acque, si potè fare un primo bilancio dei danni: una
marea di fango, larga circa mezzo miglio, aveva fagocitato un miglio di costa e
il tranquillo porticciolo. Le possenti terme romane avevano resistito, ma erano
rimaste sepolte dal fango per un terzo, cioè per circa 6 m; tutti gli altri
edifici sul mare erano stati travolti, ma per fortuna, grazie al tempestivo
allarme, il numero delle vittime fu limitato…”
Questa la genesi – non dirò fantastica, ma solo difficilmente
documentabile – della landa desolata che, dopo un paio di secoli, cominciò
ad essere coltivata, inglobata nelle nuove mura cittadine e via via urbanizzata
fino ad assurgere ed ambire, nel XVI secolo, cominciando dal nucleo della “Parrocchia” della Consolazione (vedi AG 40
e gli articoli VI 3, VI 4, VI 5, VI 7, VI 8 e VI 9 di
questo fascicolo AG 41), al ruolo di una città autonoma da Thermae, e cioè l’attuale “Termini bassa” o “gnusu”, ancora oggi in antitesi o contrasto, non solo topografico,
con “nzusu”, cioè l’antica e
originale “Termini alta”.
Per quanto ne so nessuna chiesa
di “gnusu” è più antica della
Consolazione, per cui il suo ruolo come “polo”
(quasi nel senso fisico di un polo
magnetico) di sviluppo della città bassa ottimamente delineato nel già
citato e lodato libro dell’ing. Giuseppe
Catanzaro (vedi DA
26) potrebbe essere ancora più importante, anzi “fondamentale” nel vero senso del
termine.
La questione è aperta, ma
l’ardua sentenza – e mi rivolgo
prioritariamente ai concittadini Giunta, Lo Cascio e Catanzaro, oltre che a
tutti i termitani doc, cioè “onesti” (che
invito ad affacciarsi al balcone di S. Orsola per “rivedere” idealmente sotto i
loro piedi l’antico nostro mare) – non
può essere ancora sistematicamente elusa e postergata ad oltranza.