VI
7 – Il rebus del “chianu Salìa” (17.11.2013)
Aggiungo un capitoletto agli
altri 8 relativi alla Parrocchia della Consolazione di Termini pubblicati in AG 40.
Abbiamo già sottolineato in
svariate occasioni il prezioso aiuto della toponomastica – via delle macine, via Selva Sales, via Selva Bagni, via Gisira, ecc.
– per la ricostruzione storica e …geografica della nostra città quando le fonti
letterarie, ammesso che esistano, sono segregate, segretate o disperse tra la
polvere degli archivi, senza essere mai state organate e trasferite nel più
sicuro e accessibile porto delle biblioteche (un cenno sulla differenza tra archivio e biblioteca in RE
26).
I “Quattro Canti” termitani – cioè
l’incrocio tra le vie Roma, Errante, Porta Erculea e Mulè descritto e
fotografato in AG 40, p.
38-39 – stranamente sono conosciutissimi col toponimo “orale” di “chianu Salìa”
(piano Salia) e questo dato
incontestabile può apparire un rebus, ma “incrociato”
col “brandello” della pianta della
chiesa della Consolazione (vedi foto)
datato 1591 e favoritomi dall’amico Catanzaro, lo storico di tale chiesa, ci
permetterà di rafforzare anche in “veste
grafica”, cioè topografica, con delle mappe, la vera storia del Santuario
e, soprattutto, del “mare” di
Termini.
Non esistendo nessuna mappa
cinquecentesca di Termini Bassa, ho dovuto “costruirmela”,
partendo da quella più antica disponibile (del
1720, del Daidone – vedi ritaglio) e utilizzando le informazioni già
sviscerate in AG 40. In questa mappa, datata 1553, anno del primo miracolo della
Madonna di Imera, si notano in primis:
la bottega E dell’erborista che si
affaccia non in via Mulè ma sulle “Botteghelle” (mercato o “strada virdura”
ante litteram), una vastissima area
comprendente la “selva” dei Cioffo, lo slargo S, cioè il primitivo “chianu
Salìa” in corrispondenza dell’antichissima via Salia, e una serie di bottegucce B (putieddi).
Dall’attento confronto di
questa mappa con quelle del 1720 e
del 2013 si evince che le vie Roma e Mulè non esistevano, mentre il crocicchio S smistava le vie Errante,
Salia, Caricatore (verso porta
Messina) e “putieddi” (la via Porta Erculea, ora via del Santuario, che
porta alle Terme). C’era soprattutto, addossato alla bottega E, solo il primo nucleo C del Santuario, una semplice cappella
di tavole – come si legge nella relazione
Nunez del 1608 – “cunzata” per
chiesa, per permettere alla sempre crescente massa di fedeli di venerare
l’immagine miracolosa.
Quarant’anni dopo, all’epoca
del miracolo del muro, si decise, come già sappiamo, di costruire l’odierno
superbo Santuario e la sua primitiva pianta del 1591 è molto illuminante su due punti chiave della
topografia termitana: il transetto della chiesa intersecava (bloccando di fatto il relativo traffico
pedonale) la prosecuzione della via Salia,
come ben spiegato nel libro del Catanzaro
(e nel mio AG 40),
il che si vede abbastanza bene anche dal tetto della Consolazione e dalla mappa
attuale (2013); e, soprattutto,
dietro il muro con la Divina Vergine di Imera (oggi incorporato nel Cappellone del Santuario), c’erano dei locali,
forse su più piani (presumibilmente la
bottega e la retrobottega dello speziale), una parte dei quali è stata
demolita o sepolta dalla via Mulè,
costruita per continuare a dare sfogo (verso
il Caricatore) alla via Salia.
Ecco quindi risolto il rebus
del “chianu Salìa”: esso fu spostato
una quindicina di metri più sopra (nel
luogo attuale) ed è probabile che proprio in quell’epoca si cominciasse a
concepire l’asse viario della odierna via Roma.