CA
32 – Il castello del Mosè (6.6.2010)
Sulla
fontana del Mosè (in
calce a sinistra), oltre alle poche cose già dette in queste Caverni News (vedi CA
2 e CA 10), si
possono trovare in rete abbondantissime notizie, in genere di natura
storico-architettonica e per così dire “di
facciata”. Dal punto di vista strettamente idraulico bisogna invece
scoprire cosa c’è dietro la “mostra”
dell’Acqua Felice e a questo fine credo che sia efficacissima la sezione
longitudinale (vedi sopra)
dell’intero monumento, comprendente, da sinistra, l’arrivo dell’acquedotto
Felice, il pozzo a sifone, il “castello”
cilindrico (“Purgatorio”), condotti e
bottini vari, le (tre) doppie cascate
d’acqua e infine le (tre)
vasche “vergini” e le (tre) vasche “lorde” ben note ai romani e ai turisti di tutto il mondo.
Prima
di proseguire mi corre l’obbligo di ringraziare il dott. Paolo Buonora per avermi segnalato l’esistenza della ricca
collezione di piante e disegni dell’acquedotto Felice (I, 78) conservata a S. Ivo (Archivio
di Stato di Roma, vedi CA
3) e da cui ho ripreso, purtroppo con una modesta macchinetta, la
foto di sopra. Nell’augurabile edizione definitiva di questo mio studio (se troverò un editore!) naturalmente
presenterò delle immagini migliori e più consone all’inestimabile valore dei
contenuti che rappresentano.
Oggi
l’acquedotto Felice, almeno con la sua “condotta
maestra” a pelo libero, per quello che ne so, si ferma nei pressi della
celebre Porta Maggiore di Roma e non arriva più al castello terminale (fontana del Mosè)
vicino la stazione Termini. La memoria delle numerose fontane (Porta Furba, Porta Maggiore, Porta S. Lorenzo,
Porta Pia, ecc.) che “per comodo dei
passeggeri e delle bestie” alimentava lungo il suo tracciato (Pantano Borghese → Roma vecchia →
Mandrione → Castro Pretorio → via XX
Settembre) per forza di cose si va affievolendo o è del tutto sparita,
tuttavia i resti del Felice e in particolare il suo castello terminale ci
possono insegnare ancora molto di idraulica e, in
particolare, della sottilissima “ars librandi” degli antichi e magnifici acquedotti romani.
Anche
se nel canale (a sezione rettangolare di circa
80 x 200 cm) l’acqua viaggiasse in maniera la più placida le velocità dei
singoli strati (filetti e/o filoni),
per legge idraulica, non potrebbero essere uniformi e ciò nella partizione
creerebbe scompensi simili a quelli visibili nel vascone del Quirinale (pelo idrico non orizzontale, vedi CA 31). Così
l’acqua si immerge in un pozzo “a sifone” (profondo circa 3 m)
da cui riemerge – a guisa di una “nuova sorgente” e “a
bollore”, come usano dire gli idraulici –
in una botte circolare (circa 2 m di
diametro) divisa in due scomparti sovrapposti e comunicanti attraverso una
griglia (vedi in basso a sinistra un
dettaglio di questo castello, oggi semicircolare e scoperto). Tale sistema,
oltre a costituire un’ottima “piscina limaria” per far decantare o “purgare” le acque, evita rigurgiti e permette una partizione equa, senza
sacrificare neanche un centimetro del pelo d’acqua, cosa importante dal punto di vista energetico (vedi CA 23) ed essenzialissima nei vecchi sistemi
di distribuzione a gravità, quando l’acqua spesso arrivava solo al pianterreno
delle case (vedi il partitore Aita, in AG 28, cap. 9).
L’enorme
e accigliato Mosè al centro della “mostra”
è stato oggetto di critiche e ha fatto anche nascere delle leggende. Certo,
anche oggi, pur ottimamente e meritoriamente restaurato, non può reggere il
confronto artistico con il michelangiolesco suo omologo di S. Pietro in
Vincoli, ma mi lusingo di credere che il suo indice puntato verso l’acqua che
scaturisce ai suoi piedi possa ancor oggi essere
interpretato come una “lezione” di
idraulica.
Mi
sono preso la libertà di inserire una mia foto (in basso a destra) scattata pochi giorni
fa nei Giardini del Quirinale aperti al pubblico in occasione della Festa della
Repubblica e dove ero andato nella speranza, purtroppo delusa, di poter
visitare la celebre Fontana dell’Organo (azionata
dall’acqua, come quella di villa d’Este a Tivoli). Come oggi guardiamo con
stupore lo zampillo di Mannoury (vedi CA 29), così forse un tempo (prima che si inventassero
i tubi di piombo, o fossero noti al grande pubblico) ci si meravigliava del
semplice fenomeno fisico dello zampillo d’acqua che sfida e vince la forza di
gravità. Mosè sembra volerci dire che così come l’acqua facilmente “muore” cadendo in una cascata (Fall), altrettanto facilmente può “risorgere” in un “castello”, vale a dire in una “fontana”
(vedi CA 28), parola che anche etimologicamente
rimanda al concetto di “sorgiva
artificiale”.