CA 2 – Il castello invisibile (4.4.2010)

(news diffusa sin dal 25.2.2010)

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Lettera aperta al Prof. Oscar Belvedere

 Ordinario di Topografia antica all’Università di Palermo

Chiarissimo Professore,

da circa quattro mesi, come Lei sa già, attendo l’autorizzazione dell’ACEA (l’azienda idrica di Roma) per visitare il castello terminale dell’Acquedotto Felice esistente dietro la Fontana del Mosè (foto a sinistra), nei pressi della stazione Termini.

La mia richiesta sarà pervenuta ai vertici dell’azienda, ma probabilmente il Presidente non avrà avuto tempo di occuparsi di una questione apparentemente marginale come quella che, disturbando ancora Lei e qualche altro accademico della Sapienza, mi accingo a riesporre – in modo supersintetico ma spero chiaro anche per i non specialisti.

Sui castelli d’acqua (figura a destra, dalla preziosa Storia dell’Idraulica del Rouse) – e la connessa distribuzione idrica “a caduta” e/o “a sifone” – la letteratura tecnico-scientifica (Vitruvio, Poleni e Beccaria, in primis) non manca, ma tra le opere moderne e divulgative di fatto c’è pochissimo (Scavizzi, Pace, Gaeta). In particolare, sul castello dell’Acqua Felice, per quanto allo stato ne so, l’unico cenno è dato dall’Herschell’ingegnere americano che andò fino a Montecassino alla ricerca dei manoscritti di Frontino! – che poté visitarlo nel 1897, per interessamento del prof. Donato Spataro, un benemerito della scienza credo non dimenticato, soprattutto a Palermo. Ecco perché lo studio approfondito che vorrei tentare (anche sulla scorta di analogie con l’acquedotto Cornelio e la vecchia distribuzione idrica, di chiara matrice romana, di Termini Imerese – vedi AG 28) sul predetto castello dell’Acqua Felice avrebbe un’enorme valenza scientifica, tanto più che tale manufatto costituisce un “unicum”, un vero patrimonio culturale dell’umanità.

Anche di un altro celebre acquedotto romano, il Vergine, esistono i resti del suo castello d’acqua, nascosto – quasi come il meccanismo di un orologio - dietro la sua “mostra”, e cioè l’ancora più celebre Fontana di Trevi. Questo castello, visitabile senza troppe difficoltà, è però, purtroppo, solo un rudere archeologico, mentre invece il castello del Felice, funzionante fino a tempi recenti – e forse anche a tutt’oggi se sono vere certe informazioni che ho avuto sulla fontanella di via delle Tre Cannelle (curiosamente celebre perché teatro d’azione del film “I soliti ignoti”) e sul bottino adiacente alle “Scuderie del Quirinale– potrebbe rivelare o far capire meglio i complessi fenomeni del moto delle acque.

Il motivo per cui finora mi si è negato l’accesso alla Fontana del Mosè è inspiegabile. Se fosse dovuto a qualche perdurante pettegolezzo connesso alla mia vecchia – e ormai morta e sepolta - polemica con il Prof. Tullio De Mauro, ebbene sono certo che egli per primo vorrà farsi mio mallevadore e, per di più, garantire della assoluta serietà scientifica dei miei studi, almeno per quelli di fonetica (Scoperte di Lucidi e Telelinguistica).

 

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