CA
29 – La “forza”
dell’acqua (28.5.2010)
Il
titolo di questa News avrebbe potuto
essere “La colonna oscillante” di Mannoury d’Ectot,
l’inventore della “Danaide” (vedi CA 21), oppure “Un ariete idraulico stupefacente” (si rileggano con la dovuta attenzione le tre schede CA 7,
CA 8,
CA 9,
e relative integrazioni, finora dedicate
agli arieti idraulici), ma ho scelto questo perché non appena, un paio di
anni fa, vidi il disegno dell’iniettore o ugello di Mannoury (a destra) le
sue vene d’acqua contratte mi sono sembrate dei muscoli.
A
prima vista il fenomeno illustrato nella figura (a sinistra) sembra contravvenire al principio dei vasi comunicanti
e alla legge di gravitazione universale, perché l’acqua del secchio viene miracolosamente slanciata ad una altezza una volta e
mezza superiore a quella di partenza (o
anche più, se il tubo B dell’ugello ha forma tronco conica), ma
a ben riflettere qualunque fisico capisce immediatamente che la forza motrice
del sistema viene dalla stessa acqua, anzi dal suo peso. Mistero o miracolo ci
sarebbe se si sollevasse “tutta”
l’acqua del secchio, invece, come vedremo, il “trucco” consiste nel fatto che una parte d’acqua viene
alzata e un’altra si perde.
Visto che
i fluidi soggiacciono alle stesse leggi della caduta dei gravi il sistema,
essenzialmente costituito da un “sifone
invertito” (tubo a U), si può assimilare ad un pendolo, le
cui oscillazioni però si smorzano subito. Per renderle in qualche modo “persistenti” Mannoury d’Ectot ha genialmente inserito
nella parte bassa del sifone una soluzione di continuità – i due tubetti A e B
(figura a destra) – in modo che nel
momento in cui il fluido è stazionario da essa possa “scappare” l’acqua quando è ormai semplice zavorra, deprivata di “impeto motore” (energia cinetica o forza viva, se si preferisce).
Quando
la colonna d’acqua per la sua oscillazione sale nel ramo di destra del sifone si trova di botto arrestata dal diaframma C. La forza viva è in parte distrutta
dall’urto, ma una parte fa ascendere il filetto conico
d’acqua che corrisponde alla piccola apertura anulare della piastra.
Quest’acqua è lanciata a una grande altezza (alla quale può essere raccolta in opportuni recipienti),
esattamente come nell’ariete di Montgolfier
(vedi CA 8
e CA 9), ma con la differenza essenzialissima
che in questo caso, non essendoci pezzi mobili (valvole o “animelle”, come si diceva una volta), il funzionamento è
ancora più automatico e ancora più affidabile. Quando l’acqua, come già
accennato, perde la sua forza viva ricade da sola fuoriuscendo tutt’attorno
all’ugello in falde o nappe a forma di paraboloide.