CA 33 – La prima cassetta idrometrica (8.6.2010)

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“Sia data la Fistola A la quale bevendo l’Acqua della Botte pubblica B la trasmetta nel condotto di piombo congiunto e saldato a detta Fistola in forma di Sifone pendente. Dico che ogni qual volta si abbasserà il Livello C in loco D tirerà la Fistola A tanto più Acqua dal primo scarico in danno della Botte pubblica, quanto in data proporzione si abbasserà più o meno il suddetto regolato Livello C.

All’incontro se la medesima Fistola scaricherà l’Acqua dentro la Cassetta E dalla quale ne riceva l’intero bevimento il suo condotto ingionto, dico che alzandosi o abbassandosi il Livello (quando vi fosse) non perciò recarà pregiudizio veruno alla Botte pubblica a causa della “derotta attrattione” (?), et aria intermedia che corre tra lo scarico e il bevimento, potendosi liberamente concedere senza verun’ombra di danno pubblico ogni sbassamento del condotto o Livello F sino al loco più pendente H, atteso che non potrà mai con tal depressione il condotto tirar maggior quantità d’Acqua di quella che scaricarà la Fistola nella Cassetta E, dentro la quale la stessa Acqua darà in dietro quando si alzasse il Livello F in loco G”.

Questo “confronto tra presa a sifone (o a canna pendente o ritorta, vedi in alto a sinistra) e presa a cassetta (in alto a destra)” si trova in un disegno colorato e manoscritto del XVII secolo (Accademia Lincei, Cors. 947, cc. 15r-16r) che ho voluto consultare de visutanto mi aveva colpito e interessato! – dopo averlo visto nel già citato e lodato articolo di Scavizzi (vedi CA 31).

Con questa News iniziamo ad entrare – attenendoci come sempre ai fatti concreti e alle prove sperimentali, e non all’usurpata autorità di qualche falso maestro – in quel caos quasi inestricabile che è la misura dell’acqua corrente. E mi riferisco, si badi bene, alle reti idriche naturali (fiumi, affluenti, laghi, ecc.) o alle artificiali con tubi, ma senza contatori, senza rubinetti e senza serbatoi, perché, si badi ancora di più, ai tempi di Roma (ma anche fino a qualche decennio fa a Termini e, come abbiamo appurato, nella stessa città eterna) l’acqua era solo perenne (ossia perpetua).

Se da una botte o castelletto come quello di Monte Cavallo (vedi CA 31) – che giustamente il grande archeologo Lanciani chiamaserbatoio perenne” (vedi figura in basso a destra) – l’acqua fosse prelevata da una semplice fistola (tubo calibrato) il suo furto – mediante l’aumento del “peso” o battente dell’acqua (in pratica abbassando il tubo, vedi in alto a sinistra) – diventava facilissimo e quasi legalizzato. Il “bevimento” infatti, si legge nelle scartoffie dell’epoca, non dipende solo dalla qualità del “forame”, ma dal “peso” e dal “succhio” delle canne.

Per dirimere cause giudiziarie, controversie, cavilli, chirografi sul divieto (o a volte, forse con Paolo V, anche sull’autorizzazione) di tali fistole (canne pendenti o sifoni) ed editti (vedi CA 3) sull’abbassamento abusivo delle “pietre di livello” (vedi disegno di Lanciani in basso a sinistra) monsignor Biscia, come già accennato (vedi CA 31), pensò di introdurre la “cassetta idrometrica” (circa 30 cm di fistola x 30 cm di battente, vedi la chiarissima figura, sempre del Lanciani), un dispositivo che erogasse una quantità standard di acqua, e cioè la celebre “oncia” (figlia dell’ancora più celebrequinaria”) e che fosse compatibile con l’erogazione delle altre due acque dell’epoca, la Vergine e la Paola, cosa peraltro non facile per le diverse velocità di tali acque (in gergo si diceva che la Vergine “camminava”, mentre la Felice e la Paola “correvano”).

Con la cassetta del Biscia si fece un po’ di ordine nelle “concessioni” e nel controllo dell’acqua, ma essa aveva alcuni gravi inconvenienti: le fistole più vicine al punto di arrivo dell’acqua “bevevano” più di quelle lontane (vedi CA 31 e CA 32) e soprattutto, l’interruzione del condotto, a causa del “respiro d’aria” che vi introduceva, rallentava alquanto la velocità di risalita dell’acqua (certe monache si lamentavano che la loro unica oncia concessa “aveva una massa troppo esigua per salire l’erta del Campidoglio”).

 

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