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– Il virus semantico
Già nella Lucidi News 44 mi ero
occupato degli errori e pregiudizi che, appunto, “pregiudicano” le comunicazioni umane ben
più dei disturbi puramente fisici dei “canali”
di trasmissione. Sbrigativamente mi limitavo a dire che, così come questi si
combattono con la “codificazione
efficiente” di Shannon e della
teoria dell’informazione, analogamente il rimedio alle “interferenze
neuronali” consiste
nell’usare una codifica linguistica altrettanto “efficiente”. Cerco ora di approfondire il problema con l’aiuto del
saussuriano “circuito della parola” (vedi schema) e con un esempio che avrà
il doppio vantaggio di illustrare la teoria gettando luce anche su un fatto
concreto che mi sta particolarmente a cuore.
Si tratta del colloquio Gaeta-Luccio
cui accenno, in particolare, nella Lucidi News 86.
L’argomento doveva vertere sul cronoscopio di
Hipp, da tradurre in inglese, e sul Bitnick “incompreso”, in
particolare negli aspetti psicologici, ma buona parte della conversazione
riguardò, direttamente o indirettamente, consciamente o inconsciamente, quello
che allora consideravo il “veto De Mauro” (vedi AG 13) e che oggi invece, più
maturamente e di certo più scientificamente, definisco “disturbo De Mauro”.
La differenza di approccio è abissale perché l’ostinazione
nella ricerca delle “responsabilità”,
le mie pagelle “morali” o i tentativi
per risalire a “focolai diffamatori”
non potevano che portare al “nulla”,
mentre invece la soluzione del problema sgorga spontanea, e quasi magicamente,
vedendo e studiando il tutto alla Buccola, e cioè come
nient’altro che un “fenomeno”
naturale.
Prescindendo dalla sua genesi o da ogni sciagurato tentativo
di interpretazione rimane il “fatto”
riassunto nella News precedente, il quale fa allignare
nella testa dell’interlocutore Gaeta
un “disturbo De Mauro”. Ebbene,
questo “virus” o “rumore semantico” infetta la
conversazione e si trasmette, parassitariamente, all’interlocutore Luccio. Non solo, ma ogni comunicazione
proveniente da Gaeta – nel canale
fonico ma anche, si badi, in quello grafico – propaga poi questo virus sovrapposto o mimetizzato nelle
parole, nelle “more” o nel “tono” generale del discorso. In altri
termini Gaeta, più o meno
consapevolmente, anche se non lo dice o non lo scrive, lascia “intendere” all’ascoltatore e ai lettori
(ecco la strabiliante forza della
scrittura!) qualche cosa sui suoi veri
pensieri, il suo tarlo, la sua radicata convinzione circa il De Mauro. Chiaramente il Luccio e tutti gli altri interlocutori
del Gaeta, pur supposti “ideali”, cioè “virus esenti”, rimangono impaniati nell’errore e “contagiati” dall’agente patogeno, che a
loro volta, inevitabilmente, poi inietteranno anche ad altri.
Gradualmente (vedi Morse News 80, Morse News 95, Lucidi News 9, Lucidi News 35, ecc.)
chi scrive è guarito dalla sua “iperestesia
morale” e ora guarda le cose con distacco scientifico. L’Accademia non gli
appare più “antropomorfizzata”, ma la
vede per quello che realmente è: una gigantesca e disumana “macchina” burocratica, con le sue
regole, le sue prassi, i suoi tempi. Le pubblicazioni che “produce”, lungi dall’essere eticamente finalizzate al progresso
delle Scienze o cose simili, sono più prosaicamente funzionali alle carriere
individuali. In tale contesto utilizzare i lavori di Gaeta – su Buccola o su Lucidi – sarebbe non tanto “compromettente”, ma solo inutile e faticoso! In definitiva bisogna
“adeguarsi” e prendere atto che
l’università italiana è permeata non tanto di “misteri” poco trasparenti, ma solo di evidentissime “contraddizioni” (Buccola docet). Soprattutto è necessario convincersi che è da folli
voler cercare le “ragioni” di questo
stato di cose, o peggio ancora tentare di moralizzare il “sistema”.
La saggezza invece, tornando al nostro esempio, consiste
nell’eliminare la sorgente del rumore, il “virus
psicologico”, o “disturbo immaginario”
che dir si voglia, dal cervello del Gaeta.
Così il “segnale” fonico o grafico
immesso nel canale di comunicazione sarà mondato dalle interferenze nocive e
giungerà efficacemente “desemantizzato”
o “iposemizzato” nella testa del Luccio, o chi per lui. Sarà compito di
chi “riceve” ridare autonomamente “significato” al segnale, interpretando e
convertendo l’iposema nel sema, vale a dire “frenando” (in senso “frenologico”)
il flusso laminare iposemico. Ora la comunicazione è linguisticamente e potenzialmente
a posto in quanto “virus esente”, ma
per essere efficace e perfetta occorre ovviamente che nel cervello del
ricevente non preesistano o pervengano da altre vie disturbi di sorta. Solo in
tal caso la comunicazione sarà veramente efficiente e il suo schema si
completerà così:
P. S. – Ho scritto questa pagina seguendo il
consiglio dell’amico Di Trocchio (vedi Buccola
News 72). Più di questo non sono capace di fare, ma confido di aver
dato spunti sufficienti per un articolo più sostanzioso, che potrebbe scrivere
lo stesso Di Trocchio, eliminando
eventualmente i riferimenti personali. Già in altre occasioni infatti l’esimio
storico della scienza ha ottimamente saputo interpretare il mio pensiero (il Bitnick è basato su un sistema a “codifica implicita”; De Mauro per Gaeta è il “cardine occulto
dello scarso interesse verso i suoi scritti”; ecc.).
Sempre a scanso di equivoci è bene ricapitolare il mio
pensiero. Fino a qualche anno fa, anzi per essere un po’ più precisi, circa
dal 2003 al 2004, ritenevo De Mauro
un nemico che, col peso della sua autorità, aveva posto un tacito “veto” sul mio nome. Non lo scrivevo né
lo dicevo, ma i miei scritti e le mie parole lo facevano intendere benissimo a
causa, diciamo, di elementi linguistici “extrafunzionali”.
Come risultato gli accademici leggevano i miei scritti, come minimo, con
disagio, mentre i diretti interessati vi coglievano addirittura “insulti”. Oggi che ho finalmente capito,
bene, come funziona l’apparato accademico
italiano, ritengo l’atteggiamento del De
Mauro perfettamente in linea con tale apparato e, per quanto riguarda il Bitnick, Buccola, Hipp, telelinguistica,
ecc. un semplice “elemento di
disturbo”, un intralcio diciamo “fisiologico”.
È più che evidente, spero, che eliminare questo intralcio non significa che De Mauro deve togliere
il disturbo, ma che gli accademici potenzialmente interessati alle mie cose, De Mauro eventualmente incluso, dopo
averne preso atto, devono togliere il disturbo De Mauro.