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- Il convincimento di Tullio
Circostanze
contingenti e orecchie da mercanti mi costringono a
rendere del tutto pubblica la
lettera di scuse da me scritta a
Caro De
Mauro,
non solo noi attribuiamo
arbitrariamente un significato alle parole, che iposemicamente
non ce l’hanno, ma lo attribuiamo anche ai silenzi che a maggior ragione, e con
tutta evidenza, non l’hanno neanche loro. Questa non è banalità, è filosofia,
anzi filosofia del linguaggio e lei certamente ne
capirà e condividerà la portata.
Ci conosciamo da 20 anni. I suoi silenzi dei
primi, grosso modo, 18 non erano ambigui: lei mi ignorava e rendeva tacito (appunto!) però sentito omaggio alla memoria di Lucidi.
I suoi silenzi degli ultimi due anni invece alle mie orecchie, mi correggo,
alla mia psiche sono apparsi subdoli e sono stati
fraintesi perché circostanze esterne, chiamiamole così, hanno congiurato in tal
senso (in realtà c’è stata gente che me lo ha fatto indirettamente o
ingenuamente credere). Lei non si è “difeso” dalle mie infamanti accuse forse
perché si è ritenuto “offeso”, ma ragionamenti
analoghi, mutatis mutandis,
valgono anche per me!
Spero che lei si ricordi di quel “Ma io, Gaeta, non la conosco” che il grande Mucciarelli, dopo che si era
instaurato un promettentissimo rapporto di stima e
collaborazione, ebbe a dirmi all’uscita de “Il
Bitnick incompreso”. Per me fu una pugnalata,
inferta per bocca di Mucciarelli, ma per mano di
qualche traditore che, per liberarsi di uno studioso scomodo che cominciava a
fargli pericolosa ombra, aveva “inzuppato il pane” e ironizzato su quel titolo
così invitante. Tutti gli indizi (Carpitella, Di
Trocchio, le accennate reticenze…) portavano a lei, invece, come in ogni
giallo che si rispetti, il o i colpevoli erano
altrove!
Non so se Mucciarelli abbia letto
o iniziato a leggere lo strano e imbarazzante opuscolo di un autore che si
accingeva proprio in quei giorni a pubblicare, anzi a “lanciare” nella sua prestigiosa rivista. Sicuramente invece avrà telefonato a
quelli del suo entourage e, con ogni verosimiglianza, proprio a chi quel Gaeta (più per scaricarlo che per valorizzarlo!),
qualche mese prima, glielo aveva presentato.
Qui potrei scrivere pagine e pagine
(sia private, come la presente, che pubbliche) sugli indegni “eredi di Buccola”
e della psicologia un tempo sperimentale
e oggi solo libresca, ma me ne
guarderò bene. Senza prove, e spesso neanche con quelle (alludo alla faccenda
della tesi
negata, su cui, se ricorda, ho chiesto anche il suo parere, e al sottobosco
di ipocrisie che solo ultimamente e per puro caso sto
scoprendo), non è igienico accusare o semplicemente infastidire (pur senza mai
“aggredire”) la gente, specie se di qualche potere: l’esperienza docet. Devo però “convincere” Lei, caro e chiarissimo De
Mauro.
Spero di trovarla domani, finalmente, alla Sapienza. A
presto.