VI
10 – La mappa “canziata” (3.12.2013)
Onoro l’impegno preso nella DA
13 di riassumere il sostanzioso carteggio Gaeta-Giunta (spesso di
carattere privato, e quindi non pubblicabile) e di illustrare ai termitani
la vera natura del nostro rapporto, tanto esile che dopo le schermaglie della DA 25
si è ora definitivamente spezzato, stando alle righe sul sottoscritto postate
dall’amico Enzo lo scorso 30 novembre sul suo profilo Fb: “Aldo, ti assicuro che mi dispiace aver dovuto accantonarlo, è sempre uno dei pochi che si appassiona alle cose di
Termini Imerese. Ma non vuole capire che in questo campo si deve essere
generosi, condividendo il frutto delle proprie ricerche e senza presunzione.
Inoltre, non si deve andare a caccia di medaglie
perché si rischia di restare delusi”.
L’ultima volta che sono stato a
Termini, nell’ottobre 2008, per
raccogliere notizie per “La città sbancata”,
ebbi rapporti (cordialissimi, come
ampiamente già ricordato) con vari “tecnici”
comunali che conoscevo, ma mi disinteressai del Sindaco, sia per mancanza di
tempo sia perché, non avendo idea di chi fosse, ritenevo che non avrebbe potuto
essermi utile (si veda, a riprova, che
nei ringraziamenti del mio libretto non menziono il nome di Enzo
Giunta).
Pubblicato l’opuscolo (il 2 aprile 2009) ne inviai una ventina
di copie agli amici termitani, ed una anche al Sindaco, e grande fu la mia
soddisfazione quando ricevetti, a stretto giro di posta, una sua cordialissima
lettera in cui mi ringraziava del saggio che “avrebbe letto tutto d’un fiato”. Ma quello che più mi sorprese fu
la firma “Enzo Giunta”, che mi fece
ricordare di un “Elio Giunta”, amico
“politicante” dei tempi del CUTI (Circolo Universitario Termini Imerese).
Così telefonai subito al carissimo ing. Enzo
Di Liberto chiedendogli se il sindaco di Termini era parente del Giunta che all’epoca frequentavamo, il
praticante dal senatore Edoardo
Battaglia. “No, è iddu”, mi
rispose, “e si chiamava Enzo, Elio era un altro …”
Questo banale incidente può
forse essere un indice del mio vivere “fuori
dal mondo” e del rapporto Gaeta-Giunta
partito col piede sbagliato. Come io, infatti, avevo dimenticato di ossequiare
e citare il Sindaco della città di cui scrivevo, così – si badi bene – anche il Dottor
Giunta, per le distanze spaziotemporali che ci separano, può avere avuto di
me un ricordo vago e una “impressione”
alquanto distorta, come prova la lettera (in
risposta alla mia del 7.4.2009 pubblicata in calce alla DA 25)
qui riprodotta e relativa alla mia donazione della “mappa di Berlino-Daidone-Schmettau” (vedi CA 16, PO 32
e DA 29),
il primo, più grave e più persistente “accantonamento” (per i siciliani: “canziamento”) del mio nome e del mio
lavoro.
Il rapporto Gaeta-Giunta, sia pur esile e con questo
“vizio” di origine, è proseguito per
quasi cinque anni: l’amico Enzo non mi
ha negato qualche fotografia, qualche informazione, ben due presentazioni ai
miei fascicoli (vedi AG 30
e AG
39) e soprattutto ha “postillato”,
in email private o su Fb, molte delle mie schede su Termini. Le sue “chiose” o le sue “ciliegine” però hanno prodotto, soprattutto sugli spiriti dei
termitani “semplici”, l’impressione
che quanto scrivevo era sì giusto, ma risaputo. La chiave per convincersene al
di là di ogni ragionevole dubbio ce la fornisce lo stesso Enzo Giunta alla fine della seconda delle citate presentazioni: “Sono certo che il consenso che [Andrea
Gaeta] merita arriverà, sia pure in
ritardo, ma questo è poco importante per chi già nella ricerca e nello studio
trova pieno appagamento e personale diletto”.
No, Enzo, il consenso se non mi arriva da vivo non mi arriverà di
sicuro da morto! Io ti ho già spiegato (vedi
DA 25)
ma tu non capisci, o fingi di non capire, la differenza abissale, anche se a
volte molto sottile e sfuggente, tra essere uno storico “dilettante” come te, appagato dal suo “personale diletto”, e uno scienziato “novatore” che, almeno dai suoi concittadini, deve essere “ringraziato” e non “canziato”. Mi auguro che a Termini, o a Palermo, ci sia qualcuno
che te lo faccia capire e che riesca a riannodare i nostri precarissimi
rapporti.
Appendice