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– Il Morse invertito
Rimane ora
da esaminare il terzo schema della News precedente. Anche questo,
come quello americano, è a corrente
continua e con le pile solo alle due stazioni capotronco (o anche ad una
sola!), ma qui non c’è più il famigerato ponticello
S, che, come abbiamo visto, è stata
la causa di tanti disservizi e polemiche.
In questo sistema, adottato nelle linee secondarie tedesche,
i movimenti delle leve avvenivano a
rovescio, perché si utilizzava l’incudine o contatto posteriore del tasto. Col tasto alzato il circuito era chiuso e le leve abbassate (vedi schema), pigiando il tasto il circuito si
interrompeva e le leve venivano istantaneamente rilasciate e si alzavano (per azione della molla
antagonista). Il loro movimento era quindi l’esatto contrario (controfase) di quello del tasto.
Poiché i segnali erano fatti aprendo, non chiudendo il circuito, si trattava di un sistema Morse invertito. Sulla “zona”, comunque, i segnali erano segnati
normalmente perché la corrente di linea appena descritta azionava l’apparato
scrivente non direttamente, ma tramite relè
(e una batteria locale) con contatti ausiliari che provvedevano a invertire di nuovo i segnali (sistemi Frischen, Wiehl, ecc.).
Nel 1878
l’amministrazione telegrafica italiana fece fare prove comparative tra il
sistema a circuito chiuso americano e quello tedesco. Quest’ultimo si rivelò
più conveniente ed affidabile (specie per la mancanza della levetta
supplementare) e alla fine si optò per un apparato Hasler
a doppio uso, che, con piccole
modifiche, funzionava sia nel Morse ordinario che in quello invertito (sistema tedesco). Su questa macchina – costruita dall’ing. Gustav Adolf Hasler, subentrato a Matthias Hipp nella direzione dei telegrafi svizzeri – purtroppo ho potuto trovare poca
documentazione, e alcune notizie le devo alla cortesia del cav.
L’unico cenno sulle macchine a circuito chiuso – di
fabbricazione Hipp, come quella della
Morse News 82, o di fabbricazione Hasler, come quella raffigurata qui
(dalla collezione
Vanden Berghen) – l’ho trovato nelle “Lezioni Pratiche di Telegrafia Elettrica”,
3a ediz., Livorno 1881, di Rodolfo
Cappanera (fratello del più famoso Lamberto
Cappanera, direttore de “L’Elettricista”
e benemerito traduttore delle due edizioni italiane del Culley). Il disegno in
alto al centro è preso da tale
lavoro, mentre il particolare a destra
da Artom (citato), con mie
modifiche.
Gli elettromagneti di queste macchine hanno i nuclei di ferro dolce che sporgono
alquanto al di sopra dei rispettivi rocchetti
e sono muniti di una piastrina a squadra (pure di ferro dolce) in modo tale che
l’ancora della leva della macchina vi
si può collocare sopra (posizione A, vedi disegno) o
sotto (posizione B). Volendo far agire la macchina in Morse ordinario si metteva l’ancora nella posizione A, mentre per farla agire nel Morse invertito si metteva nella posizione B. Nel primo caso l’elettromagnete funzionava come al
solito per attrazione, nel secondo
caso per rilascio (come
un’elettrocalamita capovolta, dice Cappanera). Poiché la leva in entrambi i casi lavorava dall’alto verso il basso sulla zona venivano lasciati i soliti segni Morse, mentre invece i rumori
prodotti sulle viti di finecorsa (immagini al centro e a sinistra) erano
sensibilmente diversi nei due casi, col risultato che nel sistema tedesco il
Morse si poteva leggere ad udito con molta difficoltà.
Abbiamo
detto che questo problema fu brillantemente (ma inspiegabilmente) risolto col cornetto
Cominoli, il cartoccetto che amplificava a meraviglia i deboli click (up
stroke e down stroke), ma la
causa del fenomeno (agendo per distacco,
al momento che l’ancora urta contro l’arresto, la molla di richiamo è distesa;
nelle Morse ordinarie, anche con correnti
deboli, l’urto dell’ancora contro l’arresto è sempre vibrato perché
l’attrazione cresce durante la breve corsa dell’ancora stessa…) non mi
sembra molto esaustiva. Il problema può essere “fisiofisico”, non solamente “fisico”,
e i rumori (deboli o fastidiosi?)
potrebbero essere “illeggibili” anche per motivi percettivi (vedi anche News seguente).
Concludo
questa carrellata velocissima sui sistemi di collegamento della “telegrafia coi fili” menzionando anche
il sistema “a doppia corrente”, di
matrice squisitamente inglese e
poco attinente al vero Morse.