Fig. 12
Fig. 13
Fig.
14
Fig. 15
La cosa più strana intorno alla
ricostruzione del capitolo precedente è che sembra che nessuno, pur con Google
e le mappe IGM o Mirabella sotto il naso, si
sia accorto della errata ubicazione del ponte Figurella nel tracciato di
Ferrara. Speriamo che almeno con la carta topografica di Berlino (Fig. 9) qualcuno ne prenda atto, perché
questa svista, a mio avviso, è il motivo principale per cui non si è mai messo
in discussione il verso dell’acqua in tale ponte.
Per venire a capo della
faccenda consideriamo una moderna carta geografica di Termini Imerese (Fig.
12, da Google Earth), per così dire un “aggiornamento”, di due e tre secoli rispettivamente, della mappa
del 1822 (Fig. 10)
e di quella del 1720 (Fig. 9). Per un confronto sinottico delle
tre mappe bisognerebbe orientare opportunamente le due antiche, operazione non
semplicissima, tuttavia per il nostro assunto è sufficiente, anzi preferibile
riferirsi alla stampa originale di Gandolfo Ferrara della Fig. 13, la
quale, detto per inciso, è ben più bella e ricca di particolari rispetto
all’apocrifa e spoglia vignetta VIII
della mappa di Gargotta (Fig. 10).
Anche se l’artista ha disegnato questo ponte dal lato Nord (come si evince guardando attentamente i vari
fornici) noi, per comodità di confronto con la Fig. 12,
possiamo idealmente ribaltarlo e segnare a destra la direzione S.
Girolamo (Favara) e a sinistra
la direzione Rosamarina, il noto e vastissimo invaso sul S. Leonardo, fiume
a ovest di Termini.
I dati salienti di questo
imponente manufatto sono: lunghezza 100
m, altezza sul torrente Barratina 16
m, altezza s. l. m. circa 82 ÷ 83 m. Non posso essere più preciso
perché non ho fatto rilievi sul posto – rilievi che peraltro sarebbero alquanto
problematici (soprattutto, come vedremo,
riguardo al calcolo della pendenza) a causa del vistosissimo degrado del
ponte, addirittura spezzato (in data
recente, ma stranamente ignota!) in due tronconi, e per di più smottati in
ogni direzione.
Peraltro, chi volesse maggiori
notizie o dettagli, principalmente di natura archeologica (revinctum, coccio pesto, confronti con altri acquedotti, date, ecc.),
può attingere all’esaurientissimo libro del Belvedere, dove troverà anche
sottolineata, e con molta autorevolezza, la capitale differenza tra
l’acquedotto Cornelio, opera somma di sicura fabbrica romana, e il Figurella,
di ben più mediocre fattura e di epoca posteriore. A riprova della mediocrità
intrinseca del ponte Figurella faccio notare che nessun viaggiatore straniero –
Houel, Saint-Non, La Salle, ecc. –,
pur avendolo sicuramente notato, se ne è occupato o l’ha riprodotto. Invece a
Termini, paradossalmente, le due opere vengono assimilate e confuse, o per
meglio dire l’“archi vecchi ri l’accurzu
ri Caccamo a Fuaredda” (Figurella)
si nobilitano come romani, mentre nessuno sa della seminascosta torre
di compressione Barratina (Figg. 14 e 12)
dell’acquedotto Cornelio, fabbrica di estremo interesse sia archeologico che “extra-archeologico”, cioè ingegneristico
(è un ariete idraulico e non un sifone,
come dimostreremo).
La funzione del ponte Figurella
non è chiara. Dalla Fig. 9
parrebbe che possa essere stato un semplice passaggio pedonale (forse munito di parapetti) tra le due
rive del torrente Barratina, ma un’opera tanto grandiosa non si addice a quel
luogo, che non è una via di grande transito. Lo stesso discorso vale se fosse
stato costruito per portare acqua potabile (di
Brocato o della fonte Favara) a Termini Alta: l’imponente manufatto si
poteva benissimo evitare facendo passare tubi o canali poche centinaia di metri
più a monte. Sulla base delle opere consultate (parzialmente elencate al cap. 1) e del prospetto altimetrico del cap. 2 ho maturato la convinzione che
originariamente questo ponte non aveva niente a che fare con Termini-città e che invece doveva far
parte di una gora o “saitta” che,
scaricando acqua dalle montagne di Caccamo o da dove oggi c’è l’invaso
Rosamarina, forniva l’energia motrice agli opifici (fucine, cantieri, mulini, trappeti, gualchiere, ecc.) della “zona industriale ante litteram”,
medievale o romana, della nostra città (vedi
anche p. 30).
“L’acqua della Favara è recata oggi in Termini da un acquedotto moderno,
ma nel sito della Figurella si
avvalsero i nostri della sopraddetta arcata per traversar quella valle. Tali
archi, benché mostrano anche un bello avanzo dello splendore dei primi tempi,
pure non hanno la solidità sorprendente e la magnificenza dell’acquidotto
Cornelio”.
Sulla scorta di queste parole
di Baldassare Romano (1822) e di
altre testimonianze siamo certi che fino al 1866,
quando per motivi igienici furono aboliti tutti i canali a cielo aperto ed
introdotte le tubature metalliche, l’acqua per Termini Alta passava dal ponte
Figurella, ma ciò non significa, si badi bene, che la funzione originaria del
ponte sia stata questa. Anche prima dell’epoca del Romano, forse addirittura
dal XV secolo (i dati riportati dallo stesso Romano nell’opera postuma del 1997,
meritoriamente e scrupolosamente curata da S. Mantia e A. Contino, sono
lacunosi e/o contraddittori), l’acqua del gruppo sorgentizio
Favara-Scamaccio, o delle “Sette zappe
d’acqua”, arrivava a Termini via Figurella, ma si trattò sempre di un
ripiego: visto che c’era disponibile questo ponte abbandonato, sarebbe stato
uno spreco non utilizzarlo! In aggiunta c’è da tener conto dei continui
rifacimenti degli acquedotti, delle scomparse e ricomparse delle sorgenti,
degli abbassamenti di livello in occasione di terremoti, ecc.
Intendo dimostrare allora che
originariamente e, mettiamo, fino al XV
secolo, l’acqua del ponte di Figurella aveva funzione motrice e questa
direzione:
Rosamarina →
S. Girolamo
mentre dal XV secolo fino al 1866
era per
uso potabile e aveva la direzione inversa:
Termini Alta (Rosamarina)
← Favara (S. Girolamo)
Ogni volta che la Figurella
veniva utilizzata o riutilizzata per portare acqua da Favara a Termini Alta si
dovevano fare delle massicciate per adeguare il livello del ponte a quello
delle sorgive, che come già accennato era alquanto “ballerino”, e per annegarvi le tubature di argilla e/o le canalette
in coccio pesto, ben illustrate e descritte nel libro del Belvedere. Un tratto
di questa massicciata o di questo “cordolo”
(con le relative superfetazioni secolari)
si vede bene nella Fig. 15 (da Belvedere, citato, Tav. 16).
Rilevare obbiettivamente la
pendenza del ponte Figurella o di queste condotte idriche è molto problematico,
se non addirittura impossibile, visto il menzionato dissesto di tutta la
struttura, tuttavia lo spessore della lunga (100 m) massicciata che lo sovrasta ci può dare qualche informazione
indiretta, sia pure grossolana. Dalla Fig. 15
e dalle numerose altre restituzioni fotogrammetriche del ponte di cui è
ricchissimo il volume di Belvedere, credo di poter dedurre, assumendo come
orizzonte approssimativo le volte degli archi, che tale cordolo ha uno spessore
medio di circa 2 m dal lato S.
Girolamo e di circa 1 m dal
lato Rosamarina
(vedi Figg. 12 e 13), il che confermerebbe la
direzione Favara → Termini Alta degli ultimi secoli, ma
al contempo autorizzerebbe a ipotizzare che nei secoli precedenti, quando non
c’era la massicciata, il lato destro del ponte era più basso di quello
sinistro, per cui l’acqua andava in senso contrario. Si spiegherebbe
così la funzione poco chiara della vasca circolare (Belvedere, p. 95), perché si troverebbe tangente alla spalla di arrivo
e non di partenza del ponte.
Nella Fig. 15 ho
inserito la foto di una porticina di una specie di ripostiglio inglobato nel
ponte (visto da Nord) in basso a
destra. Può darsi che sia un residuato della casa “Gamba” (Gambino?)
attaccata al ponte in quel punto (vedi Fig. 9) e
potrebbe essere utile saperne di più. Lo stesso dicasi del “cannolo” che c’era lì una volta (ora non più).