Fig. 9 (vedi
in alta risoluzione)
N. B. – In data 7.4.09 il file originale è stato da me donato
alla Città di Termini Imerese.
Fig. 7
Fig.
8
Ora che abbiamo conosciuto
qualche termitano, passiamo a conoscere Termini. Nel prezioso libro di O.
Belvedere sull’acquedotto Cornelio, la cui approfondita lettura, come già
detto, è stata la molla che mi ha spinto ad occuparmi di “civiltà delle acque”, è riportata una stranissima veduta di Termini
(Fig.
7), tratta dal Voyage pittoresque ou Description des
royaumes de Naples et de Sicile del Saint-Non
(1781, IV, Tav. 54), che mi ha indotto, mio malgrado, ad occuparmi della
storia e della geografia imeresi.
A differenza dell’opera simile
e coeva di Houel, di cui tratteremo
più avanti, questo testo è saturo di licenze …poetiche, come peraltro rilevato
dai commentatori. Un termitano come me, ad esempio, non può non rimanere
sbigottito dalla palese trasfigurazione della sua città, rappresentata dallo Chatelet (pittore astrattista?) come “una
stretta penisola molto aggettante sul mare” (p. 135), con una Rocca troppo erta e staccata dal resto della città
(un po’ come quella di Cefalù…) e con
un maestoso “viadotto” che fa subito
pensare agli archi
della Figurella dell’acquedotto Cornelio.
Tuttavia, dopo avere assorbito
questo “trauma” iniziale e sulla
scorta di molte letture successive, ho ben presto maturato la convinzione che
tale paesaggio è molto meno fantastico di quanto avessi immaginato. Il Castello
o meglio la Roccaforte militare di Termini, fino a quando, dopo l’unità d’Italia,
la rabbia dei termitani verso i Borboni non l’ha spianato del tutto – rimuovendolo addirittura dalla memoria
storica cittadina – effettivamente si ergeva imponente non solo sul mare,
ma anche sulla città alta, come documentano tutte le stampe antiche. Riandando
più indietro nel tempo, ma restando comunque sempre in ambito storico, tale
rocca si protendeva di più nel mare, perché il relativo promontorio era
accentuato dalle due “cale” naturali
e quasi speculari che i secoli hanno poi interrato: la Fossola a Nord, e l’Orsola
a Sud. Per quanto riguarda infine l’imponente acquedotto del Saint-Non (e/o del suo compagno di spedizione e “rivale” Vivant De Non) sono
convinto, seguendo il citato Belvedere, che esso non si riferisse alla
Figurella, né al Cornelio, ma alla lunga serie di arcate medievali ancor oggi
esistenti al Mazzarino e che sicuramente si stagliavano di più nel cielo prima
che la costruzione della strada per Caccamo e, successivamente, l’espansione
urbana ne “spianassero” il panorama e
ne togliessero la visuale soprattutto dal versante Nord, cioè dalla collina o,
più esattamente, dalla vastissima “valle”
di Bevuto (vedi Fig. 9).
Tutto ciò si comprende meglio
osservando con attenzione sia la stampa di pochi anni posteriore di Gigault de La Salle (Fig.
8) in cui tale acquedotto è ripreso dal versante opposto e con
maggiore aderenza alla geografia dei luoghi e alle regole prospettiche, sia
soprattutto la “Carta Topografica della
Città e Castello di Termini nel Regno di Sicilia” (autore anonimo, 1720, 93 x 72,7 cm, vedi Fig. 9) conservata alla SBB - Staatsbibliothek
zu Berlin e visibile, in alta risoluzione e a colori, nella
versione digitale di questo opuscolo (www.bitnick.it,
sezione Atomi on line).
Questa “mappa di Berlino” è preziosa non solo per gli storici – perché colma la lacuna delle Mappe del
catasto borbonico stranamente parche di notizie su Termini (forse per motivi di
segretezza militare: vedi, per esempio, De Nervo, citato) – ma,
soprattutto, per i termitani che, orgogliosi delle loro radici, saranno
certamente curiosi di seguire l’evoluzione diacronica della morfologia dei
luoghi (Barratina, Fossola, ecc.) e
lieti di rintracciare i nomi dei loro avi (magari
distorti da una mano straniera: Cioffalo, Cipola, Ogdolena, ecc.) in questa
straordinaria ed esatta “mappa catastale”
di tre secoli fa.
Cominciamo ad utilizzare questa
carta osservando che gli archi di Mazzarino vi sono chiaramente segnati: vanno
in linea quasi retta, per circa 200 canne
siciliane (più o meno 400 m),
toccando le case Tantillo e Marchisi, dalla chiesa di S. Antonino
fino al serbatoio intermedio dell’acquedotto Cornelio (stranamente però non segnato) ossia al punto di arrivo, dalla Barratina, della strada consolare romana
(o “regia trazzera”, vedi cap. 7), percorso che è quasi
integralmente visibile ancora oggi. Si noti che l’acqua di questi archi arriva
da un ruscelletto, disegnato in blu, proveniente dalla zona di Caccamo (sorgente Bevuto, Canalotto o altra) e
costeggiante il lato Sud della collinetta di Bevuto (quella oblunga, per capirci, in cui è segnato il podere “Cotiera”).
Confrontando questa mappa con
la veduta di La Salle bisogna
escludere che questa (o le altre simili,
perché pare che la suggestione del posto abbia ispirato molti artisti) sia
stata ripresa dalla collina di Bevuto come ritiene Belvedere, perché in tal
caso la Rocca del Castello dovrebbe essere a destra e non a sinistra di S.
Antonio. Invece, forte della notevolissima precisione “teutonica” della mappa, ritengo che la postazione del pittore fosse
nel casale “Poccia” (forse deformazione di “Puccia”).