57 – Il “Padre Nostro” di Berliner
Le osservazioni di ieri dell’amico Uberti mi danno lo spunto per accennare, di volo, alla questione cruciale (letteralmente: vedi immagine) delle due modulazioni: quella
verticale del “fonografo” di Thomas Alva Edison (vedi News precedente) e
quella orizzontale del “grammofono”
di Emile Berliner.
Il tema ovviamente è molto complesso e io mi limito a
riportare alcuni dei risultati che ho maturato dopo tanti anni di ricerche,
rimandando gli eventuali interessati a Berliner
- almeno - al suo eccellente lavoro sul grammofono pubblicato nel Journal of the Franklin Institute, CXXV,
giugno 1888 (forse c’è anche in rete).
La modulazione verticale, o meglio le “tacche” di Edison furono
ben presto abbandonate, soprattutto a
causa delle inevitabili (si badi) distorsioni asimmetriche di colline e avvallamenti (hill-and-dale), per passare alla vera “incisione” orizzontale (side-to-side) sulla cera dei grammofoni (e dei “grafofoni”), dove non solo lo stilo incontrava minor resistenza, ma
soprattutto questa era identica sia a destra che a sinistra. Questa scelta si è
rivelata ovviamente giusta per l’evoluzione della registrazione sonora ed ha
aperto la strada alla incisione elettrica, all’amplificazione sonora, alla
stereofonia, all’alta fedeltà, ecc., ma al contempo ha fatto perdere di vista
il “segreto”, chiamiamolo così, dei
dentelli di Edison, esposto nella News precedente e su cui la telelinguistica, sulla scorta di Lucidi, potrà forse gettare qualche luce.
E queste luci, si badi, non sono tanto di carattere tecnico,
ma di carattere linguistico e psicologico. Ronchi diceva che si può
parlare di suono solo quando le vibrazioni dell’aria arrivano al nostro
cervello: infatti è lì che noi attribuiamo (eventualmente) “significato” o
“sensazione” ai segni (iposemi) in
arrivo, o in transito. Per afferrare e sedimentare questo concetto mi permetto
di consigliare di leggere, ma con la dovuta attenzione, almeno le News su Serpieri e su Cecchi.
Si capirà allora il perché Edison prediligeva incidere nel fonografo la filastrocca
dell’agnellino di Mary (vedi filmato) il cui incatenamento
di sillabe era notissimo all’uditorio americano, mentre Berliner andava più “sul sicuro”, registrando il Pater Noster o l’Ave Maria. Gli ascoltatori restavano estasiati (“Com’è chiaro!”), principalmente perché già
conoscevano quei brani a memoria (vedi Music on record,
1943, traduzione italiana La musica e il
disco, Milano 1949, di F. W. Gaisberg,
stretto collaboratore di Berliner).