38 - Il linguista analfabeta

 

Per riuscire a leggere Mario Lucidi doveva chinarsi sul foglio e usare una lente d’ingrandimento molto potente. Dopo varie operazioni che gli avevano massacrato gli occhi il suo campo visivo, di un solo occhio, era ridotto ad una fessura che gli permetteva a malapena di leggere, anzi semplicemente “vedere”, una o due lettere per volta. Vederlo leggere, mi hanno raccontato, era una cosa penosa.

Anche scrivere gli era pressoché impossibile. Non ho visto nessun manoscritto di Mario, ma ho visto una dedica autografa (al professor Isopescu) del fratello Raul Lucidi, affetto anche lui da gravi disturbi visivi (anche se inferiori a quelli di Mario): una scrittura tremula, insicura, come quella degli illetterati o imbecilli.

Eppure Mario Lucidi si fece un’enorme cultura ed ottenne perfino una cattedra nientedimeno che di glottologia! Come ci sia riuscito rimane un mistero della natura, è invece un “fatto” scientifico, anche se paradossale, che egli può considerarsi un “linguista analfabeta”.

Il fatto di non “sapere” leggere, proprio perché non “poteva” leggere, gli ha permesso, io credo, di prestare la sua attenzione al solo versante orale della lingua e di scoprire quei basilari fenomeni di tensività (vedi AG 14) che dai comuni mortali, linguisti ovviamente compresi, non sono percepiti.

Si tratta con tutta evidenza di fenomeni di timing, analoghi alle temporizzazioni del Morse, che non hanno corrispettivo nello spacing della fissatura grafica (vedi AG 15, penultimo paragrafo).

Un altro esempio, anche se non perfettamente calzante, può aiutare a chiarire il fenomeno o almeno il concetto suesposto: la segmentazione BARBAROS (vedi AG 11) che può sfuggire all’occhio, ma non all’orecchio, mettiamo, di un telegrafista.

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