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- Ricordo di Filiberto Vignini
Se il mondo della telegrafia sopravvive tra i radioamatori,
quello della stenografia e più esattamente quello degli studiosi (pochissimi!)
della meccanica, anzi della dinamica dell’atto grafico – nel suo farsi, si badi, e non
imbalsamato sulla pagina (vedi AG 11) –
è quasi del tutto scomparso. In questo mondo affascinante e sconosciuto, almeno
per me fino al
Non sono in grado di scrivere una biografia dettagliata del
Vignini, perché l’ho frequentato (una decina di incontri) solo negli ultimi
anni della sua vita, e mi limiterò ad accennare, se non purtroppo solo ad
elencare, le cose che mi ha insegnato. Chi volesse saperne di più può spulciare
le vecchie riviste di stenografia, dove spesso il nome del Nostro ricorre (in
particolare Studi Grafici, 8/9, 1967)
o leggere il cenno autobiografico premesso ad un importante articolo del
Vignini sulla perizia grafica di un falso del carteggio Mussolini – Churchill pubblicato su Paese Sera del 28 giugno 1957 (foto
a destra). Utile sarebbe la lettura dei testi scolastici di stenografia
(anche inglese e francese) del Vignini e, meglio ancora, di due suoi preziosi
opuscoli sulla Storia della macchina da scrivere e
sulla Conquista della velocità
stenografica, entrambi del 1959.
Nei miei lavori ho già più volte citato il Vignini (Morse News 32, AG 7, AG 13) ma senza innescare nessun
interesse scientifico nei miei lettori, forse per l’esiguità o la
“telegraficità” dei miei cenni, ma probabilmente perchè questi miei scritti,
purtroppo, sono intrisi di polemiche e le polemiche, come mi ricordava Belardi,
nuocciono alla scienza, mettono in ombra l’autore e a disagio il lettore. Una mia
grande aspirazione sarebbe dare alle stampe, finalmente, il lavoro compilativo
sulla meccanica grafica AG 11 (in cui
avrebbero spazio più organico anche gli studi di Vignini) emendato e mondato da
dispute nefaste. Oltretutto tale studio si rivelerebbe necessario e
propedeutico per le mie ricerche attuali, orientate, come si sa, alla telelinguistica.
Ho già presentato il Grafotachimetro.
Con questo strumento Vignini ha riscoperto, dopo Buccola,
che gli stacchi della penna, e i relativi “percorsi aerei” del pennino in
questi tempuscoli infinitesimi, hanno un ruolo essenziale nella fisiologia
della scrittura: “lo stacco è qualche
cosa di inattaccabile, di irriducibile, una specie di invariante su cui, forse,
si impernia il ritmo universale nelle espressioni del grafismo umano”. Fino
al
Il grafico qui riportato (a sinistra) è il frutto di uno studio giovanile del Vignini, fatto
in collaborazione col celebre matematico Giovanni
Boaga e con l’impagabile – per il servigio reso alla Scienza dai suoi Studi Grafici – Giuseppe Aliprandi. Eppoi: la penna duplice (appesantita con piombini); il “tachigramma”;
la differenza teorica tra “impronta”
e “grafico” (grafismi); la firma spontanea e la firma sotto costrizione; la
firma inimitabile, infalsificabile che alcuni si scelgono per paura di essere
truffati; la brachistocrona; ecc.
Ho un ricordo indelebile di quest’uomo modesto, candido, per
certi versi ingenuo e soprattutto mai stanco, a dispetto della veneranda età,
di discorrere con me di traiettorie, punti morti, accelerazioni e simili: una
volta, mentre mi esemplificava i percorsi aerei come “un aeroplano senza gas” o un aliante che vola in abbrivio, per
inerzia, fummo sorpresi dalla sua simpatica moglie a scrivere “nell’aria”, come
due scemi, cercando di discriminare, fisiofisicamente, i percorsi grafici
doppiamente aerei.