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11 – Elettricità originale e domata (12.1.2008)
L’amico Pigliacampo,
vecchia conoscenza per i lettori delle prime serie (Morse,
Lucidi,
ecc.) di queste News, ha
ripubblicato il suo dotto intervento sull’iposema
di Lucidi (vedi LU 93) nel suo ultimo lavoro “Parole nel movimento”, Roma 2007 (vedi p. 209), libro ricchissimo di spunti e pungoli, per sordi
involontari e per sordi diciamo …volontari.
Anche se in quest’opera si parla di Lingua dei Segni e non certo di
telegrafia sono sicuro, sicurissimo che Pigliacampo
qualcosa, forse addirittura il nocciolo della mia Telelinguistica
l’ha capito, l’ha “sentito” sulla sua
pelle di sordo e nel suo animo di poeta, perché egli, seguendo Vaschide, Nietzsche,
Buccola
o Gaeta,
ci svela il segreto della “parola in
movimento”, racchiuso nella mano che “segna”
o semplicemente che scrive – sul foglio,
sulla tastiera o sul tasto telegrafico.
In questa operazione, ripeto “poetica”, anche tu, però, caro Renato, dicendo che l’iposema, come la LdS, è proto-messaggio “originale”
(p. 126), continui a equiparare e
confondere sema e iposema,
le due facce del “segno” che
solo la genialità di Mario Lucidi
ha saputo distinguere nettamente.
Sin dal 2003,
descrivendo l’“articolazione” della “linguetta” del sounder che batte punti e linee Morse,
cerco di far capire – ai tecnici, prima
che ai poeti! – qual è la sostanziale differenza tra sema-linea e iposema-punto,
ma nessuno intende, o forse vuol intendere. Ora c’è Beccaria,
con la sua capitalissima classificazione di “elettricismo naturale” ed “elettricismo
artificiale”, a darmi una mano, autorevolissima, e spero efficace.
È presto, secondo la scaletta che – salute permettendo – mi sono riproposto
per queste Beccaria News, per entrare in dettagli
tecnici, ma il libro di Pigliacampo
mi dà l’occasione e lo spunto per anticipare sin d’ora il leitmotiv della mia ricerca: l’elettricità, agente universale, al
pari della gravità, ci si presenta nel suo aspetto primordiale e “originale” in quella che, alquanto
impropriamente, siamo abituati a chiamare “elettrostatica”,
ma anche nel suo aspetto “domato”, “tecnificato”, nelle pile, nella
telegrafia e in tutte le “macchine” o
gli “artefatti” elettrici.
L’elettricità del topo di Cotugno,
per utilizzare un esempio recente, credo si possa spiegare molto meglio
chiamandola naturale, primordiale, piuttosto che “animale”.
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