4.
La mano armata
Se la scrittura a mano può sembrare nuda, la scrittura a stampa, a stampatello,
dattiloscritta, “videoscritta” al
computer è con ogni evidenza artefatta, “armata”.
Dal prosieguo comunque emergerà l’aspetto “tecnificato”
anche
della manoscrittura, conseguenza diretta e imprescindibile della (lucidiana) “funzionalità” dell’alfabeto. Intanto
ecco una mia traduzione, alquanto libera, di un notevole brano di Heidegger[1]
sulla Schreib-machine (il prototipo è
quella di Nietzsche qui raffigurata,
v. nota 3).
Non è un caso che
l’uomo moderno scriva “con” la macchina da scrivere e “detti” (dichten = poetizzi) “dentro”
Quando la scrittura è
sottratta alla sua origine naturale, cioè alla mano, e delegata alla macchina,
avviene una trasformazione nel modo di essere dell’uomo, per quanto poca possa
essere la gente che di fatto usa la macchina da scrivere, o se addirittura
qualcuno
La macchina da
scrivere è una nube senza segni, un annebbiamento che, pur con tutta la sua
invadenza, si sottrae, dando luogo al mutamento del riferimento dell’Essere
alla sua essenza. Di fatto essa è senza segni, non si mostra nella sua essenza;
e forse è per questo che molti di voi, come prova la vostra reazione, non avete
afferrato quello che io ho cercato di dire.
Questa non è una
disquisizione sulla macchina da scrivere in se stessa, cosa che sarebbe fuori
luogo parlando di Parmenide. Il mio tema era la relazione moderna
(trasformata dalla macchina da scrivere) tra la mano e la scrittura, cioè con
la Parola, ossia il non occultamento dell’Essere. Una meditazione più
approfondita sulla Rivelazione e sull’Essere non ha semplicemente un po’ a che
fare col poema didattico di Parmenide,
ma vi ha a che fare del tutto. Nella macchina da scrivere la macchina, la
tecnologia, appare in un rapporto quasi quotidiano con la scrittura, ossia con
la Parola, con l’Essenza caratterizzante dell’uomo, e quindi rimane inavvertito
e privo di segni. Una considerazione più penetrante dovrebbe portare a
riconoscere che la macchina da scrivere in realtà non è una “macchina” nello stretto senso di
macchina tecnologica, ma è una cosa
intermedia tra un utensile e una macchina, un “meccanismo”. La sua produzione, in ogni caso, è condizionata dalla tecnologia delle
macchine.
Questa “macchina”, che opera nella più stretta vicinanza alla parola, è in uso, si
impone all’uso. Anche laddove non venga impiegata essa esige che la si tenga
comunque nel massimo riguardo, nel senso che è ad essa che si rinuncia, è essa
che viene evitata. Questa situazione si ripete costantemente ovunque, in tutte
le relazioni dell’uomo moderno con
[1] Tratto dal suo Parmenide. Non essendo in grado di leggere il tedesco, specie poi la profonda e astrusa prosa di Heidegger!, mi sono aiutato con la versione italiana di F. Volpi e quella inglese dal Kittler (cit.).