CA
13 – La Fisica Dantesca (18.4.2010)
Iniziamo
a sviscerare i motivi per cui ho dedicato a Raffaello
Caverni questa serie di News di
idraulica (vedi CA 1).
Gli
addetti ai lavori, anche se lo ammettono obtorto
collo, conoscono molto bene il Caverni.
La sua monumentale “Storia del metodo
sperimentale in Italia” infatti, pur essendo ufficialmente messa al bando,
continua da oltre un secolo ad essere saccheggiata, perché contiene una miniera
di notizie indispensabili al “lavoro”
dei ricercatori. Se qualcuno mostrerà interesse, e me lo chiederà, dedicherò
una scheda alla romanzesca storia di questa “Storia” e ai motivi del rigetto del suo geniale e isolato autore da
parte delle Istituzioni italiane, per ora basti sapere che consta di 6 volumi (circa 4000 fitte pagine), mentre esistono i manoscritti, più o meno
compiuti, di almeno altri due volumi, uno sull’idraulica e l’altro sulla “Filosofia sperimentale”.
Questo
titolo non può che richiamare la vera “Psicologia
sperimentale”, quella dei cronoscopi (vedi AG 12)
e di Buccola (vedi AG 2),
ma oltre all’affinità scientifica tra Caverni
e il grande scienziato siciliano, formatisi entrambi nei seminari, mi preme far
rilevare quella tra Caverni e Mario Lucidi (vedi News
precedente), tutti e due conoscitori profondi, direi quasi “viscerali” della Divina Commedia.
Caverni, come
il linguista Lucidi, sicuramente “auscultava” l’armonia del Gran Poema,
però in più era un fisico, e di prim’ordine. Basti pensare che da solo e con
pochi mezzi aveva istituito un completo e innovativo corso sperimentale di
Fisica e Scienze Naturali, che aveva formato ed appassionato centinaia di
giovani nel decennio in cui Caverni
insegnò nel Seminario di Firenzuola, e cioè fino a quando, nel 1870, come racconta lui stesso nei suoi
diari, non fu catapultato dal laboratorio alla sagrestia (si veda l’Antologia di scritti del Caverni, a cura di U. Betti e G. P.
Pagnini, edita nel 1991, a spese degli eredi).
Nella quiete della sua nuova
sede (la parrocchia di un paesino alle
porte di Firenze) Caverni visse
esattamente trenta anni durante i
quali, oltre a dedicarsi alle cure pastorali, ebbe agio di sviluppare la sua “Fisica Dantesca” – una esegesi scientifica, oltre che letteraria, del Divino Poema, dove
discuteva di astronomia, meccanica, fenomeni meteorologici, idraulica e
quant’altro – lavoro che fu molto apprezzato, per esempio dal celebre Tommaseo.
Cominciarono a uscire,
purtroppo in libretti o riviste oggi quasi introvabili, anche molte Osservazioni o “Ricreazioni scientifiche” destinate apparentemente ai fanciulli, ma
ricchi di alta e sana dottrina, ad esempio il motivo per cui la pioggia non
bagna il lunotto di un’automobile sotto la pioggia (vedi foto). E contemporaneamente, si badi, il nostro prete di
campagna e scienziato andava almeno una volta alla settimana nelle biblioteche
di Firenze, a procurarsi (in tempi senza
fotocopiatrici!) le fonti per le sue ricerche, cui abbiamo già accennato,
di Storia della Scienza.
Aspri contrasti col mondo
accademico, col Favaro, col Govi, con un ministro, ecc. portarono non solo all’esclusione del
Caverni dalla pubblicazione
dell’Edizione Nazionale delle Opere di Galileo (un business da Enciclopedia Treccani, tanto per dare un’idea – si veda
il lungo articolo nella prima pagina de “La Nazione” del 12 aprile 1887) ma
anche al siluramento del menzionato e già pronto saggio su Dante. Alcuni
brandelli di questo, che si possono leggere nel quinto volume del Manuale dantesco del suo amico Ferrazzi (vedi frontespizio), possono dare un’idea della profondità delle
molte speculazioni del Caverni (mi pare di ricordare di aver visto questo
volume anche in rete, ma non riesco più a ritrovarlo).
Per
intendere “quanto” Caverni conoscesse la Divina Commedia e
“come” ne incarnasse lo spirito popolare l’unico paragone possibile è col grandissimo Roberto Benigni, con la riserva però,
per restare in tema e se mi è consentito un traslato, che il primo, per la sua
“angelicità” e per le sofferenze
patite in questa terra, il Paradiso se l’è di certo guadagnato, mentre per il
geniale attore toscanaccio, a causa del suo eccesso di “umanità” e del suo “fiorentino
spirito bizzarro”, forse non ci sarà posto che in qualche Girone
dell’Inferno.