RE 5 – Il paradosso di Borelli (14.9.2011)

                     

 

“Si extremitas funis non ponderosi AB, clavo C alligetur, et reliquum extremun ab pondere, vel ab aliqua potentia R trahatur, vis, quâ funis tractioni resistit, dupla est potentia trahentis”. Questa frase, e il relativo disegno (a sinistra), mi colpì molto, anni fa, leggendo, anzi solo sfogliando, il già citato lavoro di Poleni sugli argani (vedi PO 25). 

Si tratta del celebre “Lemma” enunciato da Alfonso Borelli nel suo libro sul Moto degli animali pubblicato, postumo, nel 1680 e mai, per quanto mi è dato sapere, studiato, né tradotto, con la dovuta attenzione. A quanto ho capito una fune fissata ad un chiodo “resiste” al peso, mettiamo di 100 kg, attaccato all’altra estremità, con una forza esattamente doppia, cioè 200 kg. Solo Poleni ha discusso, da par suo, questo paradosso di bicipiti e funi, ma anche il suo libro (su cui avremo occasione di ritornare) è finito nel dimenticatoio, principalmente, presumo, per l’ostacolo della lingua latina.

Circa un secolo fa, nell’epoca d’oro della psicotecnica e della psicologia sperimentale, cominciarono a circolare test di intelligenza o attitudinali, come quello, celebre, delle carrucole di Hans Rupp (a destra), adottato per la selezione degli operai nella fabbrica Siemens-Schuckert di Berlino (vedi Psychotechnische Zeitschrift, 1925).

Il pubblico colto italiano che avesse vaghezza di capire cosa “ci azzeccano” leve, pulegge, ingranaggi, nottolini, cronoscopi, ecc. con la psiche umana potrebbe utilmente rileggere, ad esempio, il libro del 1929 sull’attitudine dei giovani di Mario Ponzo (vedi BU 11) dove, tra gli studi sulla tanto deprecata “manualità” (fermezza della mano nell’esecuzione dei movimenti), incontrerà anche le carrucole di Rupp.

C’è poi un altro testo, meno famoso e meno reperibile – Le prove psicotecniche nelle scuole di Milano, nel mensile “Milano”, aprile 1934, di Casimiro Doniselli (vedi AG 12) – in cui queste carrucole ritornano. Ai bambini delle scuole elementari veniva chiesta la differenza nelle due configurazioni di Rupp: compie uno “sforzo” maggiore l’operaio di destra o quello di sinistra? I bambini, non ancora “indottrinati” dai nostri fuorvianti stereotipi di “forza”, “sforzo” e simili, davano le risposte più disparate, epperò più genuine. In particolare Doniselli, come chi scrive, fu colpito dalla risposta di un alunno di Va (Moretti Carlo) che, ingenuamente (e, come detto, genuinamente), disse che l’operaio di destra fa meno fatica perché “divide il peso con il gancio” (50 kg invece di 100 kg).

Ad un esame superficiale le “sparate” del fisiologo Borelli e del fanciullo Moretti appaiono, non solo contraddittorie, ma soprattutto assurde. Forse però sulla scorta di Reuleaux potranno essere ricondotte nei loro giusti binari.

 

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