Questo
Atomo AG 2 si riallaccia al
precedente (anche per i rimandi) e, come quello, cerca di attenersi ai fatti
riducendo al minimo le opinioni personali. Il mio scopo non è quello troppo
alto di scrivere un libro su Buccola, quanto fornire degli appunti o meglio
degli spunti per spingere altri, più competenti e con più forza di me, a farlo
in avvenire. Per conoscere a fondo Buccola non sono sufficienti le biografie
citate in AG 1, anzi esse in
certi casi sono fuorvianti. La cosa più sicura è utilizzare fonti di prima
mano, come le Notizie autobiografiche di
Buccola della prima sezione di questo Atomo. In particolare le due lettere inedite che, in certo senso,
aprono e chiudono la breve vita scientifica del Nostro.
La
seconda sezione, Le opere edite ed inedite disperse,
dopo un accenno ai saggi editi in età giovanile, in genere di carattere
letterario, cerca di ricostruire la storia degli inediti scientifici, che dalle
mani di Antonina Buccola
passarono negli anni cinquanta a quelle del Dott. Domenico Vittorio Bruno, che ne
pubblicò degli stralci e poi, forse, li depositò alla Biblioteca Comunale di
Palermo o li smarrì in seguito ad un trasloco.
Dalle
numerose lettere che Buccola da Reggio Emilia, Torino, Monaco inviava ai suoi
congiunti traspare molta sincerità di affetti, quasi paterni, in particolare
per la sorella Elena, affetti che
peraltro egli non ebbe solo per la sua famiglia, ma per i molti amici, i
colleghi, i suoi stessi ammalati. Gabriele poi era molto attaccato anche al suo
paese natale, Mezzojuso, una delle colonie greco-albanesi di Sicilia, nel
distretto di Termini Imerese, che gli ha sempre ricambiato questo sentimento.
Dedico allora la terza sezione Mezzojuso: il dramma, il crimine, la leggenda a
descrivere alcuni fatti di tale paese che più o meno direttamente si
ricollegano al nostro Buccola.
Nella
quarta sezione, Il senso del tempo: pereunt et
imputantur, fornisco
qualche chiarimento sul punto [h] di AG 1 e qualche spunto per seguire
il leit motiv della ininterrotta
ricerca di Buccola sul tempo. Partendo da una lettera di un compagno di scuola
concernente l’epigrafe “Pereunt et imputantur”
posta sotto un orologio di Palermo, potremo desumere che Buccola non era
interessato al tempo astratto dei filosofi e degli astronomi, ma ad un tempo
concretissimo e precisissimo, quello fisico e fisiologico, nell’ambito del
quale rientra anche quello psicologico. E su questo tempo, osservato in
laboratorio, per così dire, sotto la lente del cronoscopio (non disponendo ai suoi tempi dei più moderni sistemi
computerizzati), egli fece geniali ricerche che culmineranno, o meglio si
interromperanno, nel monumentale libro “La
legge del tempo nei fenomeni del pensiero” [189].
L’edizione
cartacea del 1995 aveva un Indice dei
nomi, in questa elettronica non c’è bisogno.