103 – Cuscini, cuscinotti,
cappelletti e cappellotti
Ho scritto e sottoscrivo ancora che gli uffici telegrafici
dell’800 sono stati i veri gabinetti scientifici e la palestra dove è nata e si
è sviluppata la scienza elettrotecnica e che da quelle esperienze, e dai
preziosi resoconti che per fortuna ne possediamo, abbiamo ancor oggi moltissimo da imparare.
Quando lessi il primo manuale di telegrafia del Matteucci (del 1851) rimasi molto colpito e stupito dal fatto che gli
isolatori dei pali telegrafici (in particolare quelli di sospensione, non di
trazione) fossero chiamati “cuscini”. Oggi, grazie all’analogia meccanica accennata nella Lucidi News 5,
ho le idee più chiare. Il filo non solo va tesato (sui pali di trazione),
ma anche posato (sui pali di sospensione): da qui l’idea, solo in apparenza ingenua,
del “riposo” e del “cuscino”.
Uno dei tanti problemi pratici che assillarono quei pionieri
fu quello della dispersione di corrente elettrica nei punti di sospensione dei
cavi. La presenza di pioggia, nebbia o umidità comprometteva il funzionamento o
semplicemente il rendimento delle linee, costringendo a inserire sempre più
“coppie” (batterie). Ecco allora che nella rete telegrafica Leopolda furono
usati isolatori, cuscini o “cuscinotti” di maiolica (Ginori), gres o terracotta verniciata come quelli raffigurati (i
primi due da Matteucci citato, gli altri due da Cavalleri). Nel secondo manuale
del Matteucci (del 1861) si legge (p. 65)
che si ottenne un drastico miglioramento sostituendo i cuscinotti con i cappellotti (o cappelletti) cosiddetti a
cloche (ultimo disegno a destra).
Non ho fatto ricerche ma credo che i cuscinetti a sfere (e
forse anche le “spazzole” delle moderne macchine elettriche) possono richiamare
alla lontana i “cuscinotti” di Matteucci!