MA 8 – Il sapore della
corrente (2.5.2007)
L’“indominabilità”
delle deviazioni dell’indice adombrata nella
News precedente
si rivelerà ben presto un difetto presunto
perché, per esempio, il telegrafo ad induzione di Henley (vedi cenno in ME 38)
sarà perfettamente governabile e per certi versi addirittura superiore al Morse fonetico.
Questa instabilità dell’indice, in ogni caso, non
era un handicap esclusivo dei
telegrafi ad induzione – i cui prototipi, come abbiamo visto, si possono far
risalire a Gauss e al suo allievo Steinheil – ma si potrebbe estendere ai
telegrafi ad aghi di Wheatstone, che,
pur essendo voltaici o voltiani, cioè alimentati a pile, erano
ugualmente caratterizzati dalla “fugacità”
dell’ago.
In compenso, però, come nota Matteucci, “nella macchina ad
aghi le deviazioni sono prodotte da correnti
deboli e non vi sarebbe ostacolo a spingere quasi all’infinito la sensibilità di questo
telegrafo-galvanometro, non dovendosi l’azione della corrente trasformare col
mezzo di ruote o di meccanismi sempre complicati per vincere resistenze più o
meno grandi, come avviene nel Morse e nel Breguet. Dal che s’intende come poco
ci devono sorprendere quegli annunzi strepitosi di comunicazioni telegrafiche a
grandi distanze col soccorso di correnti elettriche sviluppate dal contatto di
una piccola lamina di zinco colla saliva
e col sudore del corpo umano” (vedi anche A. Gaeta, Telegrafia e Lingua, Roma 2004, p. 20).
Ma la lingua, oltre a
funzionare come generatore elettrico
– non saprei decidermi se di corrente voltiana
o faradiana – funziona benissimo
anche come ricevitore. A quanto ho
letto a proposito del telegrafo di Gauss, accostando
alle labbra le estremità dei due conduttori (vedi immagine) si riporta una “commozione
sensibilissima” (in pratica si sente
una forte scossa), si avverte negli occhi un “balenio di vivissime scintille” e, soprattutto, si badi, si distinguono – o si gustano? – assai bene le due correnti indotte, la positiva e
la negativa (senza dubbio equivalenti all’apertura e alla chiusura del
circuito voltiano). Una conferma può aversi anche dal celebre “lamento telefonato” del Meucci (vedi GA 51).
Alla luce di queste osservazioni si potrebbe
forse rettificare l’aneddoto di Figuier
(vedi ME 7):
il bacio al cavo transatlantico non fu dato in un “accesso di entusiasmo” ma, più banalmente, per cercare di ricevere
meglio i segnali.
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