24 – Manicotti e paraluce
Questa immagine, tratta dalla rivista dei telegrafisti
americani Dots & Dashes,
mostra un telegrapher della vecchia guardia
al suo tavolo di lavoro mentre corrisponde (to
work, lavora) col suo interlocutore
battendo con la mano destra sul tasto e ascoltando immediatamente la risposta
dal sounder (alla sua sinistra).
Nei momenti di riposo, o in mancanza di traffico, egli
poteva tranquillamente chiacchierare “via filo” coi suoi colleghi ed amici di
quelle “linee party” vittoriane cui
abbiamo più volte accennato (Morse News 13 e 77), ma il suo
lavoro era ben altro: doveva telegrafare i dispacci che gli venivano passati e
doveva trascrivere, sotto la “dettatura”
del sounder, tutti quelli che a sua
volta riceveva.
Chi ha letto il mio AG 13 sa che per quest’ultimo
compito il telegrapher si serviva di
una typewriter silenziosissima, in
gergo chiamata “the mill” (mulino), ma prima dell’invenzione delle
macchine da scrivere egli scriveva a mano, in buona grafia (a volte anche a
stampatello, nella cosiddetta spenceriana)
e da vero e proprio stenografo, perché doveva “raccogliere” tutto ciò che quel primordiale alto-sonante (il sounder) ticchettava.
Ecco allora la necessità dei manicotti o mezze maniche, un tempo
anche da noi “divisa” e strumento di lavoro di tanti ufficiali di scrittura,
copisti e impiegati ministeriali. E lo stesso dicasi della visiera per
proteggere gli occhi dalla luce necessaria per leggere e scrivere i dispacci.