RE
49 – Didattica o Sicurezza? (4.9.2012)
I recenti fatti di cronaca dall’ILVA di Taranto e soprattutto la
loro “e-normità”
(rischi per la salute pubblica, impianti
fuori norma, licenziamenti, chiusura forzata, palleggiamenti di competenze, scaricabarili,
ecc.) mi hanno fatto tornare in mente un caso e una battaglia simili che mi
videro coinvolto in prima persona e da cui, anche dopo 30 anni, si può forse ancora trarre qualche insegnamento.
Primo. Il 99% di ciò che
circola nei media, anche proveniente da fonti autorevoli, è distorto e privo di
fondatezza
(Grundzug, nel senso reuleauxiano
del termine). Si tratta di parole al vento, a vanvera, di fantasticherie,
di gossip, di “castelli” non
saldamente “ancorati” al terreno (vedi LU 5), ma
semplicemente “in aria”, se non
addirittura diffamatori. I problemi della comunicazione linguistica sono di
portata biblica: sembra che ci si capisca, mentre invece
si fraintende ed è quasi un vero miracolo che da alcuni decenni siano cessate
le guerre, almeno quelle mondiali!
Secondo. Sono le esperienze negative e
gli insuccessi che temprano e “perfezionano”
l’uomo. Chi vive o ha vissuto senza problemi (senza infamia e senza lode) non può essersi
“fisiologicamente” temprato. Il “temperamento” di chi scrive, per
esempio, si è formato “grazie” alle
innumerevoli battaglie (in buona parte,
ahimè, perse!) che ha dovuto, o voluto, combattere: non solo le invenzioni
incomprese e i contributi scientifici snobbati (e saccheggiati!), ampiamente illustrati in questi Atomi, ma anche il severissimo “addestramento formale” militare (44° corso AUC, le
cui reclute-cavie siamo cresciute col tormentone: “Con Morino capitano / addestro
e tempro l’ano”) o la nefasta “battaglia
dei guanti”, con inimmaginabili e kafkiani risvolti giudiziari (causa penale, questa vinta con formula piena).
Terzo.
Proprio quest’ultima lotta è stata quella che mi ha “segnato” di più, ma mi guardo bene dal rinvangarla, sia perché, per
la suaccennata aporia
linguistica, sarebbe perfettamente inutile (se
non controproducente), sia per non abusare della pazienza dei miei
venticinque lettori. Credo proficuo però (cercare
di) condividere almeno il nocciolo scientifico da cui prese le mosse (vedi in calce): la “mobilità delle dita”, problema psicofisiologico affrontato da Buccola e Vierordt (vedi, almeno, BU 8), nonché dal nostro Reuleaux che, nell’ultima parte della
sua Cinematica applicata (vedi RE 38), tratta le funzioni “sensoria” e “motoria” della mano in chiave desmodromica (Zwanglauflehre, scienza dei movimenti “controllati”).
Ebbene, calzando dei ruvidi guanti di isolamento si
attenuano entrambe queste funzioni, ma in misura molto maggiore la prima (tattilità delle dita), col risultato che
i movimenti della mano non sono più “controllati”.
“Nel marzo del 1984 un
Ordine di Servizio dell’Istituto Professionale
Duca d’Aosta di Roma obbligava allievi e docenti a usare guanti di isolamento durante le esercitazioni pratiche nel
Laboratorio di misure elettriche (vedi
vignetta, diffusa al Collegio dei Docenti del 3.12.1984, quando venni eletto
Collaboratore del Preside).
Le critiche che sono state fatte a tale O. d. S. sono molteplici e di vario
ordine: I guanti devono essere adoperati anche dall’alunno che legge gli
strumenti, o da quello che ne registra i dati, o soltanto da quello che
effettua i collegamenti?; I guanti (prezzo
di listino circa 50.000 lire) devono essere acquistati dagli alunni, o
devono essere forniti dall’amministrazione? A tutti gli allievi, o solo ai
meritevoli? O forse l’Istituto intende acquistare un limitato numero di guanti
da far indossare a rotazione ai vari alunni, trascurando i problemi di contagi,
allergie, ecc.?; I guanti in commercio, spesso di
produzione straniera, sono omologati in Italia?; La tattilità delle dita è compromessa dall’uso
dei guanti? Non c’è il rischio che l’uso dei guanti invece di essere un
presidio contro le folgorazioni accidentali sia un invito ad
operare su parti in tensione, in netto contrasto con il D. P. R. 547 ?; In nessun laboratorio di misure elettriche si sono
mai adoperati guanti di isolamento, ed anzi nessun elettricista nel mondo del
lavoro ne fa uso abituale.
A giudizio dello scrivente quest’ultima osservazione è quella da
cui si deve partire per risolvere la dicotomia di fondo
tra l’esigenza della metodologia didattica e la sicurezza operativa. Compito
istituzionale della Scuola è quello educativo, ma in tale ambito vanno
doverosamente salvaguardati la incolumità personale e
la responsabilità penale di tutti i preposti. Purtroppo intorno a questi due
aspetti c’è molta confusione, alimentata dai conflitti di competenza e dal
groviglio legislativo, come è a tutti ben noto.
L’atteggiamento da biasimare è quello di posporre la incolumità
alla responsabilità, mentre quello sul quale non si può assolutamente
transigere è sacrificare la didattica ad una concezione a dir poco distorta
della sicurezza.
Ma al “Duca d’Aosta”,
nel laboratorio di misure elettriche, da almeno un mese, si va oltre: su un
sacrilego altare di carta la Didattica viene immolata
al dio Pavor, e si portano doni per placare il dio Morfeo!
Fuor di metafora, lo scrivente chiarisce il suo concetto con un
paragone. Addestrare i futuri elettricisti all’uso dei guanti di isolamento è come addestrare dei carpentieri, che
dovranno lavorare a 30 metri di
altezza, con ponteggi simulati a piano terra: in entrambi i casi viene a
mancare una componente essenziale dell’addestramento: l’educazione al rischio.
La dicotomia iniziale (Didattica o Sicurezza?) è pertanto un
problema mal posto, perchè la didattica “include” la sicurezza, e il chiasmo della
vexata quaestio si può risolvere solo così: educare
“alla” sicurezza”.