CA
22 – Ricordo di Belardi
(6.5.2010)
Ho
saputo della morte di Walter Belardi (vedi
foto), risalente all’ottobre 2008,
solo un paio di settimane fa, quando andai a trovare il prof. Paolo Di Giovine,
allievo e successore del Belardi
a Glottologia, per avere il parere di uno specialista sulla mia idea di
chiamare L’iposema il famoso gioco televisivo
della
Ghigliottina (vedi CA 12).
I
miei rapporti col Belardi,
puntigliosamente documentati nella prima parte de Lo scandalo Lucidi (vedi AG 19) sono durati venti anni (1984-2005) e sono stati incentrati su
tre temi: Mario Lucidi, Telelinguistica
e ostracismo degli accademici nei confronti di chi scrive. Questi argomenti – allo stato ancora tabù o, peggio, distorti
persino per i più diretti interessati – sono “dilucidati” in una mole di Atomi
e News, tuttavia credo che ai fini di
questo Ricordo possa bastare la
rilettura della famigerata mia Lettera a Belardi (vedi
MO 70) e l’inedita lettura delle ultime righe
di cui il grande linguista mi onorò (qui
a destra).
Da
profano – sono un fisico, non un
linguista – forse sopravvalutai l’apprezzamento che Belardi in questa mail del 15.9.2004 faceva delle mie cose e da
ancora più sprovveduto e “fuori dal
mondo” il giorno dopo, senza dare tempo al tempo, scrivendo quella irruente
e focosa replica, mi gettai da solo la zappa sui piedi.
Non c’è invece alcun dubbio che allora fraintesi il motivo per cui il grande
linguista non volle che rendessi pubblico il suo pensiero, ma l’ho capito oggi,
ritrovando altri scritti del Belardi nel mio archivio elettronico, e leggendoli con
maggior distacco.
Belardi, confidandomi la sua refrattarietà alle polemiche (“che non giovano alla scienza”), il suo
rifuggire dagli attacchi ad personam, la sua ritrosia per le luci della ribalta (“che non si confanno all’indole dello
scienziato”) e soprattutto raccontandomi della sobrietà e pacatezza di Mario Lucidi, mi dava, senza che me ne
avvedessi, una lezione di stile, di stile di vita.