CA 15 – Il monumento di Poleni (21.4.2010)
In una mia vecchia e
sintetica scheda (BE 26 – 29.1.08) sulla statua di Beccaria
a Mondovì auspicavo uno studio approfondito sulla storia di tale monumento.
Ebbene, torno a segnalare, con vivo compiacimento, che tale ricerca è stata
fatta dal dottissimo Giuseppe Griseri ed è apparsa nella rivista
monregalese Porti di
Magnin (9/09, n. 69). Lo stesso
faccio ora per il monumento, con una storia altrettanto travagliata come la
statua di Beccaria, dedicato ad un
altro eccelso scienziato, Giovanni Poleni
(1683-1761), opera del celeberrimo scultore
Antonio Canova.
Solo
nel 1781, ventanni dopo la morte del Poleni – lo scienziato che più di infiniti altri (Galileo, Hodierna, Ghetaldi,
Daidone, ecc.) meritò l’appellativo di “Nuovo Archimede” – il patrizio Leonardo Venier commissionò al Canova una statua da collocare nel Prato
della Valle, il celebre “Pantheon
all’aperto” di Padova.
Canova
cominciò il lavoro sulla base di un suo disegno preparatorio (al centro), ma poi, quando fu reclamato
a Roma, dovette sospenderlo. Tornato anni dopo completò l’opera (a sinistra), ma senza entusiasmo, e
quasi ripudiandola per averla plasmata “copiando” un’altra statua di cui, credo,
si era invaghito a Roma.
Fino
a circa il 1963 questa statua è
rimasta nel Prato della Valle, poi per sottrarla agli agenti atmosferici fu
trasferita nel chiostro del museo civico di Padova e sostituita con una copia
di Luigi Strazzabosco (a destra).
Nella
mano sinistra il Poleni tiene il
primo dei suoi fondamentali trattati di idraulica, il De motu aquae mixto, mentre poggia la destra sulla “macchina” per la dimostrazione delle “forze vive” (vedi Caverni, vol. V), l’esperimento che diede al Poleni una fama vastissima, nonché,
purtroppo, effimera.
Per
descrivere questa importantissima e singolarissima “macchina” riporto le parole di un celebre commentatore quasi coevo,
il conte Faustino Tadini: “consiste essa in una cassetta al suolo
ripiena di molle argilla: da questa si innalza un manico il quale regge un
sostegno che tiene appesi a due fili due corpi di volume eguali, ad altezze
diverse minaccianti verso la cassetta medesima: sulla cima del detto manico dal
pallio coperto come pure il principio dei fili appoggia la statua il braccio
sinistro”.
A
parte quest’ultima incongruenza (il
braccio dovrebbe essere il destro) gli altri dubbi – fili (di acciaio?), impronte, palle sospese, panneggi, ecc. –
potranno essere chiariti, mi auguro, con un’attenta ispezione del manufatto.