1.
La metrica di D’Annunzio
Questo fabbro sta “telegrafando”
o, forse, sta “suonando” l’incudine.
In entrambi i casi le note fondamentali o i “mattoni” delle sue composizioni
sono costituiti dagli unici due possibili tipi di battuta del martello: il colpo
leggero o elastico e il colpo forte, a cui corrispondono
rispettivamente suoni musicali e rumori smorzati.
Le onde concentriche del disegno rappresentano
“Segnali a martello” infatti, come ricorda l’Avé-Lallemant (vedi Morse News 42), prosperarono sin dai primordi del Morse: nelle borgate piene di officine artigiane e di maniscalchi le notizie si diffondevano velocemente col linguaggio dei colpi, tanto che per combattere il fenomeno dell’Hakesen si dovettero costruire carceri speciali.
Anche leggendo i lavori, per esempio del Fraisse, sulla “psicologia del ritmo” si apprende che il martello si può battere
con maestria alternando colpi principali a colpi più leggeri e facendogli
suonare o “cantare” musicalissimi
dattili o anapesti.
Ma il contributo più decisivo e più “tecnico” su questo soggetto, io credo, viene da quell’attento
ricercatore della complicatissima macchina animale che fu il Pieraccini. Studiando le “palate” di sterratori, le “picconate” degli spaccapietre, le “movenze” del sistema mano-braccio-tronco
dei muratori che usano la cazzuola, ecc. scoprì che esistono veri e propri
“stili”, e vere e proprie “scuole” di esecuzione di tali lavori. Non solo il
ritmo, la cadenza, il movimento pendolare dinamicamente equilibrato riducono,
com’è noto, lo sforzo fisico, ma attenuano anche il senso della fatica
psicologica. Il frazionamento delle parti è poi vantaggioso alla presa
dell’utensile, come gli anelli piccoli di una catena, come ben sanno gli
idraulici, possono sbloccare un tubo molto meglio della semplice chiave inglese
o del “pappagallo”. Mostrami come
imbracci il manico della pala e ti dirò quanto sarai stanco a fine giornata!
La varietà dei movimenti articolatori dell’uomo che lavora,
e la sua stessa sensibilità muscolare, è anche tradita, per un orecchio
allenato, dalla gamma dei suoni prodotti. Fammi “sentire” i rumori della tua ascia e ti dirò se sei un bravo
boscaiolo! Fammi sentire il colpo di “assaggio”,
o il “mezzo colpo” quando inizi a
picconare e ti dirò di quale paese sei! Dalla differenza di suono si avverte,
ovviamente, anche la natura e la resistenza, ad esempio, del tronco di abete
percosso della “penna” di una scure.
Ma il martellare è musica anche per Platone, che ascolta i suoni dal maniscalco; per Verdi, che inserisce l’incudine nella partitura de La forza del destino; per Wagner; per Carducci che paragona il poeta al fabbro; e, specialmente, per D’Annunzio.
Il 17 aprile 1982 ebbi il privilegio di una cordialissima e
lunga conversazione con Vasco Ronchi,
nella sua bella casa di Arcetri (vedi
Morse News 36). In salotto,
sotto una teca di vetro, faceva bella mostra di sé una copia di un libro di D’Annunzio, mi pare Le faville del maglio (Eufrosine), con dedica autografa
dell’autore, non ricordo se al professor Ronchi,
a Curzio Malaparte o alla sorella di
quest’ultimo, moglie del Ronchi.
Ricordo benissimo però che la dedica, brevissima, citava “i suoni brevi del martello e i suoni lunghi
dell’incudine” e che la cosa mi
colpì molto, essendo già interessato, a quei tempi, agli studi prosodici (vedi AG 13).
Naturalmente allora, e per molti anni, non capii il senso di quelle sibilline
parole e neanche Ronchi, del resto,
fu in grado di aiutarmi. Certo, incudine e martello, grazie al ferro
metallurgicamente cementato, hanno l’interno per così dire “elastico” e
producono rumori o suoni “argentini”, ma chi suona o “risuona”, l’incudine o il
martello? E perché poi la prima darebbe suoni metricamente lunghi e il secondo metricamente brevi? E, soprattutto, cosa significa suono breve e cosa significa suono lungo?
La telelinguistica, oggi, ha dato
esaustive risposte a queste domande.
In quella News l’immagine del maniscalco era invertita e quindi, almeno ad un esame superficiale, poteva sfuggire la corretta percezione dei segnali Morse A W.