1.3 - Linguistica  (1984 – 1990)

 

Per rendersi conto dell'ampiezza del fenomeno lingua è opportuno considerare due casi limite: da una parte un'interiezione, entità carica di valore espressivo ed essenziale nell'attuarsi vivo di ogni singola lingua, ma in certo modo estranea al sistema linguistico… dall'altra una formula di alta matematica, entità per eccellenza compiutamente semantica per la quale, tuttavia, il supporto di una lingua come realtà storica attuantesi fonicamente è così secondario che nei riguardi del suo essere non è rilevante in quale lingua… debba essere letta… In realtà la lingua è un immenso dominio che oscilla costantemente con infinite variazioni tra questi due poli: l'espressione pura e la pura relazione, non come un compromesso risultante da essi ma come un fenomeno peculiarmente omogeneo che li comporta e da cui possono essere estratti solo nei casi limite[1].

Il 16 febbraio 1984 cercai il (già citato) libro di Lucidi da cui era tratto questo brano e annotai nelle mie carte[2] queste testuali parole “intuisco che comporterà una svolta nelle mie ricerche”. Nei giorni successivi, seguendo la “pista Lucidi”, mi procurai il necrologio di Lucidi scritto da Pagliaro[3] e per avere qualche notizia in più cercai le persone menzionate nel lavoro citato: Anna Lucidi, Walter Belardi e Rita D’Avino[4].

Poiché tutti questi testimoni mi suggerirono di rivolgermi a Tullio De Mauro, per curiosità andai a sentirne una lezione. Ricordo un affabulatore brillante, che si dava del “tu” con gli studenti e che, divertito, augurava una rissa tra controgenerativisti e chomskiani. Ma la lavagna si riempiva di formule per me “turche” e concetti ostici – tipo secrezione del significato da una ragnatela… – e metteva soggezione, e così, intimidito dal grande docente, credo di aver accantonato sia Lucidi che la linguistica.

Un anno dopo però, il 12.2.85, accadde il primo dei tre casi fortunati delle mie ricerche su Lucidi[5]. Senza uno scopo preciso, solo per un saluto, telefonai a Flavia Lucidi e lei mi disse di aver trovato in un libro di cucina un ritaglio di Roberto Vacca su suo zio[6]. Eccitato per la preziosa notizia contattai immediatamente il Vacca e seppi così tantissime cose sui nastri magnetici e sul “giallo” della loro sparizione[7].

A fine settembre 85 uscì il Tototono: non suscitò alcun interesse né tanto meno si rivelò quella cartina di tornasole né quel rullo compressore ingenuamente da me auspicati[8]. De Mauro tacque, Belardi disse che lo avrebbe esaminato dopo un paio d’anni, mentre Titone, come si evince dalla lettera premessa, se ne interessò un poco, ma non con quella incisività che il caso avrebbe richiesto. Mostrarono interesse anche M. Uberti (“Anche se nella pratica musicale attuale il fatto non trova alcun riscontro, tutti i teorici fanno riferimento alla quantità nella lingua italiana...”) e L. Mazza, dinamico presidente dell’Associazione Italiana Fonoamatori. D’altra parte io non ebbi modo di seguire molto il Tototono perché, nel frattempo, mi venni a trovare invischiato in un quella “squallida vertenza” accennata nelle mie Interviste[9].

Il 1986 segnò una battuta di arresto nelle mie ricerche perché a questi impegni si aggiunse la nascita di mio figlio. Completai le interviste, le proposi a De Mauro e questi – senza entusiasmo e senza convinzione – ne vagheggiò una pubblicazione “a spese del suo istituto”. La cosa comunque stranamente decadde[10].

Nel 1987 costruii, non senza dispendio di tempo, energie e denaro, diverse versioni elettroniche del Tototono e dei dispositivi affini che battezzai “Audiogiochi” e laboratori linguistici[11]. Su questi all’inizio l’interesse sembrò più concreto, ma ben presto si rivelò un fuoco di paglia[12].

Poiché il nostro De Mauro – forse, chissà, per rispetto alla memoria di Lucidi – continuava a fare buon viso a cattivo gioco e, a differenza di altri, non troncava i rapporti col sottoscritto, ma soprattutto perché la mia situazione a scuola si era fatta insostenibile, mi risolvetti a chiedere il distacco all’Università, con la richiesta e il curriculum appresso riportati. Il professor De Mauro, sempre a parole, sembrò appoggiare la mia richiesta, tuttavia mi pare di ricordare che alla fine venne fuori che per quell’anno l’unico posto disponibile fu o era già stato assegnato a qualcun altro!

 

Roma 13.5.87               

 Al Direttore del Dipartimento di Scienze del Linguaggio

Università "La Sapienza" - Roma

 

OGGETTO: Richiesta di utilizzazione art. 14, decimo comma, legge 270/82.

 

Il sottoscritto prof. Andrea Gaeta, nato a Termini Imerese (PA) il 30.5.42 laureato in fisica, docente di ruolo di Elettrotecnica e Misure Elettriche presso l'Istituto Professionale di Stato per l'Industria e l'Artigianato Duca d'Aosta di Roma, chiede di essere utilizzato per il triennio 87/90, ai sensi dell'art. 14, decimo comma, della Legge 270/82, presso codesto Dipartimento di Scienze del Linguaggio, per condurre una ricerca nel campo della fonetica.

Lo scrivente, al fine di documentare i propri interessi nel settore della prosodia e per delimitare, al contempo, le proprie specifiche competenze interdisciplinari, allega la descrizione di una invenzione industriale da lui depositata il 12.5.87 all'UPICA di Roma col n. 47913A87 e avente per titolo: "Dispositivo elettronico atto a valutare la percezione acustico-semantica di parole e frasi bisenso".

Tale trovato potrebbe essere finalizzato a importanti rilevazioni di tipo statistico sui fattori extrafunzionali del linguaggio. A monte della sua realizzazione industriale, d'altro canto, sarebbe oltremodo opportuno un organico lavoro di collazione, scelta e preparazione delle frasi-test da preregistrare nel dispositivo, secondo criteri di scientificità da studiare nel corso della surrichiesta collaborazione con codesto Dipartimento di Scienze del linguaggio.

                               Con osservanza.    Andrea Gaeta

 

 

CURRICULUM DEL PROF. ANDREA GAETA

 

Nato a Termini Imerese (Palermo) il 30.5.42, di nazionalità italiana, residente a Roma in p.zza S. M. Ausiliatrice 38.

Ho completato gli studi secondari nel 1960, conseguendo il diploma di maturità classica a Termini Imerese (riportando, in particolare, la votazione di 10/10 in fisica);

Nel 1961 e nel 1962 sono stato iscritto al Politecnico di Torino, superando però solo pochi esami del biennio di Ingegneria;

Dal 1963 al 1965 mi sono trasferito all'Università di Palermo, sempre alla Facoltà di Ingegneria, riuscendo a dare, oltre a quelli del biennio, gli esami di Elettrotecnica e Fisica Tecnica (Acustica);

Nello stesso periodo ho insegnato saltuariamente Tecnologia nei corsi di Addestramento Professionale nel Settore Artigiano (INIASA);

Nei due anni successivi ho compiuto il servizio militare, nell'Arma di Artiglieria (missili contraerei), congedandomi il 21.9.67 col grado di Sottotenente;

Nel 1968 mi sono trasferito all'Università di Cagliari, conseguendovi la laurea in Fisica il 6.7.70, discutendo una tesi sulla "Propagazione in guide d'onda" e riportando la votazione di 93/110;

Contemporaneamente ho insegnato, negli anni scolastici 68/69 e 69/70, in qualità di supplente di Matematica, Fisica ed Elettrotecnica, nell'IPSIA di Macomer (Nuoro);

Nell'anno 70/71 ho insegnato Elettrotecnica e Misure Elettriche nell'ITIS di Rovigo;

Nell'anno 71/72 Elettrotecnica nell'IPSIA di Rovigo e Matematica e Fisica nell'ITC di Rovigo;

Il 25.1.73 ho conseguito a Venezia l'abilitazione all'insegnamento di Elettrotecnica e Misure con punti 87/100 e il 7.3.73 quella in Impianti Elettrici e Costruzioni Elettromeccaniche con punti 82/100;

Dal 1972 ad oggi ho insegnato, ininterrottamente, Elettrotecnica e Misure Elettriche nell'IPSIA Duca d'Aosta di Roma (con decorrenza 1.10.74 della nomina in ruolo);

Ho fatto parte di commissioni per gli esami di maturità professionale nel 1972 (a Roma) e nel 1973 (a Reggio Calabria);

Dal 1979 ad oggi ho anche atteso, da autodidatta e per puro spirito di ricerca, a studi di fonetica sperimentale (interessandomi, in particolare dal 1984, alle teorie prosodiche di Mario Lucidi).

 

Per il 1987 registro anche la pubblicazione di un breve ma importante articolo sulle Crittofonie mnemoniche[13] e la cortese disponibilità della Fondazione Bordoni presso l’Istituto Superiore delle Poste e Telecomunicazioni[14] ad analizzare con i loro sofisticati strumenti alcune registrazioni audio (di scarsissima qualità, peraltro!) di miei esperimenti “lucidiani”. Gli oscillogrammi qui riportati si riferiscono alla sillaba accentata “pi” delle frasi “Non capisco una parola” (a sinistra) e “Non capisco una frase” (a destra)[15].

                                     

 

L’ing. Foster Bianchi mi fece notare che nell’oscillogramma di sinistra c’è più “pulizia” – e forse, aggiunsi io, una maggiore percentuale stocastica di periodicità – e una maggiore similitudine con la voce cantata (perché questa è più sinusoidale e con frequenza più elevata), nella quale però è più difficile distinguere il timbro. Credo di avergli anche accennato le mie vaghe intuizioni “dilettantesche” su coarticolazione e impastamenti[16] ma non mi capì e aggiunse che neanche i congressisti di estrazione diversa si capiscono tra di loro! Non ebbi maggior credito, né attenzione, quando lo stordii con un paio di esperimenti tipo morra[17].

Nel 1988, per suggerimento di P. M. Bertinetto, presi contatto col centro di fonetica di Padova e qui il compianto F. Ferrero fu lieto di accogliermi tra i soci della Associazione Italiana di Acustica e del Gruppo di Fonetica Sperimentale da lui appena fondato e amorevolmente coordinato. A Ferrero accennai di Lucidi, di alcuni miei strumenti (iposonometro, sillabometro, ecometro, colpimetro), della fuorviante convertibilità analogico/digitale (livello­ alto/livello basso della lingua), ottenendo una prudente attenzione e addirittura l’invito a esporre le mie teorie, una volta aggiornatone il linguaggio, in un seminario.

I miei rapporti con De Mauro, per il 1988, si evincono dalle due lettere seguenti. Poiché, al solito, egli non volle recepirne il messaggio (cioè: non sono un dilettante, l’applicazione ludica delle mie invenzioni non deve far dimenticare la loro matrice serissima, lucidiana) mi risolsi a scrivere addirittura al Presidente della Repubblica Cossiga. La mia speranza era che scrivendo alla nuora la suocera intendesse[18]!

 

Roma 1.2.88                   

Chiar.mo Prof. De Mauro,

Lei sa che da tempo cerco di ottenere attenzione, presso ditte ed editori, per il mio computerino linguistico. Unicamente per questo sto sollecitando delle relazioni scientifiche da cattedratici di chiara fama (De Mauro, Titone, Laeng, Amato, Ferrero, Collatina e altri), facendo appello alla loro gentilezza.

I tantissimi "elementi perturbatori" che, citando Lucidi, possono sviare ogni valutazione semantica, hanno però causato dei fraintesi. Mi riferisco in particolare alle trascorse disavventure che hanno probabilmente molto deformato la mia immagine ai Suoi occhi, soprattutto con l'accavallarsi, mai dipanato, di troppe tematiche: biografia di Lucidi, Tototono/gioco, Tototono/computer, distacco al Suo Dipartimento, crittofonie, relazioni scientifiche, trasferimenti, scoperte, inediti, ecc.

Il  nostro rapporto è stato altresì, e per tanti versi, assai singolare. La mia prima richiesta di distacco, per esempio, è stata motivata dalla impellente mia necessità di uscire dall'impasse in cui mi ero (o mi avevano) cacciato, più che dalla necessità della collaborazione scientifica, che avrebbe potuto benissimo, così come era iniziata, fare a meno di formalità burocratiche. La cosa non andò in porto, unicamente per il fatto che in quel periodo avvenne un cambio al vertice della Direzione Generale dell’Istruzione Professionale (avvicendamento  che - credo di poter dire -, se fosse avvenuto qualche anno prima, avrebbe portato a ben altri sviluppi del contenzioso Gaeta/Falcone). Anche di questa mia immagine distorta il Preside Falcone dovrà rendere conto, prima o poi.

Il documento allegato, che ha già sortito l'effetto del mio immediato ritrasferimento da Colleferro a Roma, possiede ancora un notevole "potenziale", tanto che non mi trovo - neanche per la seconda richiesta di distacco - nella necessità di chiederLe favori particolari.

Le chiedo invece, questa volta appellandomi alla Sua squisita cortesia, una succinta relazione scientifica, simile a quella (che allego) di cui mi ha onorato il prof. Titone, sul mio "giocattolino". Sempre che la cosa non Le riesca, per un qualsiasi motivo, infattibile.

Ma principalmente, come Lei sa, chiedo assistenza per quel progetto, forse troppo ambizioso, che da tempo vagheggio sul nostro Lucidi. Giovedì prossimo porterò un libretto[19], che forse Lei già conosce, sulla storia degli studi di fonetica di Gemelli: la biografia scientifica di Lucidi dovrebbe essere qualcosa di simile.

                      Con i migliori saluti.              Andrea Gaeta

 

 

Roma 13.5.88                                

Chiarissimo prof. De Mauro,

facendo riferimento alla mia ultima del 1.2.88, nonché al breve colloquio telefonico che l'ha preceduta, La informo che, purtroppo, il Sig. Ministro non ha autorizzato il mio comando al Dipartimento da Lei diretto.

Considerato il prestigio del Richiedente nonché l'esplicito parere favorevole espresso dalla Direzione Generale della Istruzione Professionale (da cui, come spero ricorderà, provengo) e fatto proprio da quella Tecnica, l'unica spiegazione plausibile non può che essere cercata nel mio recente curriculum, macchiato da addebiti infamanti.

D'altra parte anche il Suo iterato silenzio - che mi rifiuto, sia pure con sforzo, di ascrivere a disinteresse o a sconfessione - non può che confermare ed estendere la precedente amara diagnosi.

Per questi motivi sono fermamente intenzionato a tutelare in sede legale, come dichiarato nel documento allegato, la mia dignità, quella stessa dignità che mi ha impedito, nel caso in ispecie, non tanto di accettare - sia ben chiaro -, quanto di "chiedere" un Suo interessamento diretto presso il Ministro.

Alla presente  mi pregio di  allegare il testo di un mio secondo brevetto[20], confidando,  come sempre del resto,  nel Suo autorevole giudizio, tenuto conto che, da più punti, Lei saprà estrapolarvi il mio grande debito verso Mario Lucidi.

Poiché tale documento è coperto dal segreto industriale per un periodo di 18 mesi, La pregherei di non farvi alcun riferimento, nella lontana ipotesi che Lei dovesse accennare, in uno scritto pubblico, alle mie ricerche.

                 Con i migliori saluti.                   Andrea Gaeta

 

 

Nel 1989, vista l’indifferenza generale, mi rituffai nella ricerca e nei miei amati libri. Riascoltai ancora una volta i nastri di Lucidi, cercando (e trovando!) dettagli e indizi che prima mi erano sfuggiti. Questo esercizio di percezione, di trascrizione e di comparazione orale/scritto è stato senza dubbio estremamente didattico e proficuo. Compresi, bene – anche osservando i tentativi del mio figlioletto di pochi anni –, che la lettura comporta sforzo e cominciai a teorizzare una cosa solo apparentemente banale, e cioè che vi sono due letture, una facile (di cose già parzialmente note) e una difficile (di cose ignote, o di lingue morte).

Alla fine dell’anno, per fare ordine nelle mie idee, scrissi La lingua bistabile, la scoperta di Mario Lucidi[21] e naturalmente mi affrettai a mandarla a De Mauro, il mio mentore in pectore. Alcuni mesi dopo (16.2.1990) questi mi rispose che forse il prof. Federico Albano Leoni di Napoli poteva essere interessato alle mie idee e mi suggerì di contattarlo, “eventualmente a suo nome”. Sul merito del mio scritto si limitò a farmi notare una r di troppo nel mio “Saussurre”.

Albano Leoni, che forse già mi conosceva come socio del Gruppo di Fonetica Sperimentale, di cui egli era un altro attivissimo promotore, mi rispose (5.3.1990) molto cortesemente. Dopo avermi fatto partecipe dei suoi pochi ricordi di Lucidi aggiunse queste quasi testuali parole, sulle quali sarebbe difficile non concordare:

“La segmentazione alfabetica ha esercitato ed esercita un’enorme influenza non solo sul nostro modo spontaneo di considerare i fatti fonici, ma anche su tutte le teorie fonologiche. Che il nastro fonico-acustico reale si sgrani secondo una successione lineare di elementi discreti, esattamente corrispondenti ai segmenti grafici, è un assioma a mio avviso infondato… I fonetisti puri (spesso, mi scusi, ingegneri del trattamento digitale dei segnali, come anche Lei ricorda) praticano un empirismo ingenuo, nel quale non scocca mai la scintilla dell’induzione e che non approda mai a un modello che non sia l’algoritmo che genera acusticamente segmenti o catene di segmenti predefiniti… Lei, già nel termine bistabile, distingue un parlato “alfabetico”, sintetico (segmentato come sappiamo) e un parlato reale, modulato, impastato, nel quale i problemi della segmentazione, del rapporto tra varianti e invarianti, tra pertinenza e ridondanza sono enormemente più complessi di quanto non credano i fonologi e il senso comune. Per questo secondo livello manca ancora una fonologia… ma i due livelli sono collegati. La segmentazione alfabetica (o, come Lei scrive, la voce sintetica) costituisce, secondo Lei, la sottoportante del messaggio, io mi starei orientando invece per considerare la segmentazione alfabetica come una fonologia della metalingua…

Mesi dopo, al convegno de L’Aquila, sia Albano Leoni che Ferrero mi lasciarono intendere che senza il beneplacito di qualche accademico non potevano pubblicarmi.

 

 

 

 



[1] A. Bausani, Le lingue inventate, Roma, 1974, letto all’inizio del 1984, colpito dalla recensione su un vecchio numero (9/1978) de Il Labirinto, Rassegna mensile di Enigmistica Classica.

[2] Ho la buona abitudine di tenere appunti cronologici dei fatti significativi.

[3] Vedi § 2.1 – Il disdegno di Guido.

[4] Vedi Gaeta, Interviste su Mario Lucidi, cit. La professoressa Flavia Lucidi, docente al liceo classico Tasso di Roma, cortesemente mi informò che la madre Anna (moglie di Walter), e non lei, come io avevo creduto, a suo tempo aveva fatto da amanuense allo zio, senza peraltro aver mai trascritto alcun nastro magnetico dopo la morte di Lucidi, come sostenuto da Belardi. Scoprii anche che mia moglie, Angela Cladini, da giovane laureanda aveva insegnato all’Istituto Lucidi, diretto da Walter Lucidi, fratello di Mario; e che un mio amico, il prof. Salvatore Blundo Canto, laureatosi col Pagliaro, aveva un vago ricordo di Lucidi come di un “Leopardi della linguistica”.

[5] Il secondo evento fortuito fu il ritrovamento delle dispense di Glottologia del Nencioni del 1944 con in appendice i lineamenti di fonetica arioeuropea di Lucidi che includono la parte stranamente omessa nei citati Saggi linguistici di Lucidi (pp. 291-349) e la cui importanza sembrerebbe sottolineata anche in T. De Mauro, La scuola linguistica romana, Roma 1996. Quest’opera, che non avevo trovato nelle biblioteche romane e che mi era stata vanamente promessa dal Belardi, me la trovò, abbandonata in un armadietto che mi pare chiamasse “bibliotechina Pagliaro”, un’efficiente impiegata dell’istituto di Glottologia della Sapienza. Il terzo aiuto dal caso lo ebbi grazie ad una chiacchierata, durante un turno di assistenza agli esami di riparazione del settembre 85 al liceo Augusto di Roma, tra mia moglie e la sua collega M. Teresa Maggi. Costei aveva conosciuto bene sia Lucidi che la Ascioni, la “ragazzetta” (di cui parla Vacca, cit.) da me da vari mesi cercata senza successo! (vedi Gaeta, Interviste, cit.)

[6] Vedi R. Vacca, Esempi di avvenire, Milano 1965 (p. 133 e 150).

[7] Vedi Gaeta, Interviste su Mario Lucidi, cit.

[8] Al Tototono cercai di interessare, in particolare, E. Zamponi, G. Nardone, I. Bonazzi, S. Ceccato, M. Cosmai, G. Pontiggia, A. M. Romagnoli, G. Beccaria, A. e M. Carpitella, P. Nuti, G. Bisiach, G. Dossena, S. Collatina, I. Barducci, G. Gamaleri, S. Santoboni, S. Bartezzaghi, S. Chierchia (Magopide), G. A. Rossi (Zoroastro), C. Castelli, F. Comerci, T. Taeschner, I. Cubeddu, E. Magno Caldognetto, A. Fusi, A. Paoloni, D. Gambarara, A. Falaschi, R. Simone, U. Eco, F. Camponeschi, G. Lepschy.

[9] Inopportunamente - e molto incautamente - ne avevo fatto partecipe il De Mauro, chiedendogli anzi aiuto. Questa incredibile e annosa vertenza (con strascichi giudiziari) era stata originata da un mio esposto contro l’imposizione dell’uso di guanti di isolamento (che a mio giudizio compromettevano la tattilità delle dita) durante le esercitazioni nel laboratorio di misure elettriche.

[10] Questo atteggiamento ambiguo del De Mauro, una latitanza perdurata per venti anni, e che io allora non capivo bene, era semplicemente dovuto al fatto, come “a microfono spento” mi facevano notare molti intervistati, che egli non voleva interessarsi né a me né a Lucidi, senza però darlo a vedere.

[11] Vedi Gaeta, Gli Audiogiochi, cit. e Gaeta, Miscellanea, cit.

[12] Mi limiterò, per brevità, a citare alcuni nomi di persone un po’ incuriosite: P. Clementoni, A. Valvo e P. Boroli (De Agostini), A. Mancia, F. Di Raimondo, M. Laeng, M. Sabet, D. Aricò, D. Plant, D. Parisi, S. Cigada, G. Porcelli, G. Freddi, A. Amato.

[13] Vedi Gaeta, Miscellanea, cit.

[14] Ricordo una equipe molto affiatata (Bianchi, Ibba, Uncini, Saverione, Bonaventura…) che si occupava di sintesi vocale e speech processing, nel dominio del tempo e in quello della frequenza (cepstrum).

[15] Vedi Tototono in Gaeta, Audiogiochi, cit.

[16] Vedi Gaeta, Lingua bistabile, cit.

[17] Vedi testimonianza Di Rienzo in Gaeta, Interviste, cit. e più avanti (p. 45).

[18] Vedi Gaeta, Interviste, cit.

[19] Galazzi, cit.

[20] Riproduttore sonoro interattivo. Vedi Gaeta, Audiogiochi, cit.

[21] Vedi l’edizione in rete (2001) con l’imprescindibile nota di presentazione. Circa l’uso per così dire “provvisorio” dei termini espressivo, impressivo, fluenza, ridondanza vedi § 3.1 - I numeri di Lucidi.