22 – Orecchisti e zonisti

Uno dei problemi capitali della telegrafia in generale, e della telelinguistica in particolare, concerne la differenza tra la ricezione “a vista” mediante la lettura della “zona” effettuata da operatori “zonisti” e la ricezione “a udito” effettuata dagli “orecchisti” mediante l’ascolto del “sounder” (vedi Leone, AG 13, p. 24 e possibilmente anche il lungo articolo di Bosellini).

A questo problema non è estranea la nazionalità dei telegrafisti, come si evince da due interessanti articoli sulla “Ricezione acustica” del Morse pubblicati nel Journal Télégraphique del 1879. Di tali articoli, scritti da un belga (E. Charlier), favorevole alla ricezione ad udito e un tedesco (J. Matthias), contrario, traduco e riassumo i punti salienti.

Il belga Charlier condivide l’accurata analisi del Preece, ingegnere capo dei telegrafi inglesi, sull’enorme differenza tra il Morse praticato in America e quello praticato in Europa, nonché sullo sviluppo inarrestabile del Morse acustico. Per combattere il marasma esistente in Europa a causa della coesistenza di diversi sistemi telegrafici e soprattutto il passivo di tutte le amministrazioni statali, si dovrà ricorrere alla semplicità dei mezzi (come si fa in America), alla qualificazione del personale (dedicato solo alla telegrafia e liberato dalle più disparate mansioni che attualmente lo affliggono) e tendere verso il sistema telegrafico unico di tipo acustico, almeno per tutta la telegrafia ordinaria. La telegrafia “visiva” e “registrata” sulla zona sarà limitata solo ai casi speciali, valutabili a circa 1/10 del traffico totale.

Tutto il mondo sa che i rumori degli apparati Morse si decodificano ad orecchio. A parte rare eccezioni tutti gli impiegati acquistano rapidamente l’abilità necessaria, con disinvoltura e “giocosità”. Poiché la quasi totalità della corrispondenza si può ricevere a udito si possono sostituire le macchine con dei semplici parleur. Si eccettueranno solo i telegrammi di Stato, i telegrammi di servizio relativi alla marcia dei treni, i telegrammi contenenti molte cifre o abbreviazioni e i telegrammi in lingue straniere.

 “La ricezione a udito è più corretta di quella a vista perché chi riceve ad orecchio deve seguire per forza il suo corrispondente e si trova esattamente nelle condizioni di chi scrive sotto dettato. La sua attenzione deve essere concentrata ed egli deve stare costantemente in guardia, non si può distrarre un solo istante. Per la ricezione scritta, al contrario, è assai raro che l’impiegato segua parola per parola la trasmissione dei segnali man mano che arrivano. Quasi sempre è in ritardo e quando vuole “riacciuffare” il suo corrispondente, deve affrettare la lettura della zona e la relativa trascrizione. Dal che nascono ovviamente errori frequenti, omissioni, ecc.

Inoltre il lavoro a udito risulta più rapido per parecchie ragioni. Primo, la trasmissione e la ricezione sono sempre simultanee (in tempo reale) e mai in ritardo nella trascrizione: l’impiegato deve essere per forza attivo. In secondo luogo non si deve preoccupare dello svolgimento e riavvolgimento della zona, che è una sensibile perdita di tempo. Infine gli occhi del telegrafista non hanno bisogno di spostarsi da un posto all’altro, come avviene per la trascrizione dei segnali scritti”.

Poi c’è l’economia di esercizio: inchiostro, carta, usura dei meccanismi che fanno girare la zona. I sistemi acustici, di cui il telefono è l’ultima espressione, finiranno infallibilmente per imporsi. Anzi sono un mezzo transitorio verso la prossima introduzione dei telefoni, a cui la scoperta del microfono di Hughes ha dato un fortissimo impulso.

 

Il tedesco Matthias ribatte che certamente non è difficile scrivere correttamente al suono i telegrammi semplici e anche i dispacci redatti in cifre o trasmessi molto rapidamente, ma ritiene che ci vuole un ambiente senza rumori e senza distrazioni. Nei grandi uffici non è possibile isolare gli impiegati.

“Ma il sistema acustico non si potrebbe applicare con sicurezza che per i telegrammi redatti nella lingua madre dell’impiegato incaricato a riceverli, o per i telegrammi contenenti poche cifre o poche parole straniere. Assolutamente impossibile per i telegrammi cifrati, per quelli redatti in linguaggio convenuto e per i dispacci scritti con una ortografia incorretta.

Nei paesi dove è predominante la lingua francese sarà forse possibile introdurre la ricezione a udito, essendo tutte le lingue derivate dal latino composte in maggioranza da parole molto corte e per conseguenza facili a ricevere. L’applicazione di questo sistema porterebbe però a enormi difficoltà nelle corrispondenze redatte in altre lingue, soprattutto quelle germaniche e specialissimamente il tedesco che, come si sa, ha una enorme quantità di contrazioni di parole che solo gli impiegati più abili sarebbero in grado di leggere e scrivere correttamente al suono” [in tedesco si incontrano sequenze consonantiche impensabili per i non nativi, ad esempio mtspfl (Amtspflichten, doveri d’ufficio)].

La ricezione su zona, finché l’apparecchio Morse rimarrà in uso, sarà il modo di ricezione più sicuro e più pronto, perché ogni impiegato un po’ abile trascriverà un dispaccio dalla zona così rapidamente come gli è stato trasmesso. Dal punto di vista economico il risparmio non ci sarebbe perché resterebbe una promiscuità. I principi cardini della telegrafia devono essere l’esattezza e la prontezza della trasmissione.

 

(l’animazione rappresenta l’orecchio-microfono di Reis, di cui dovremo parlare in futuro – vedi Buccola News 37)

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