48 – Il metodo Leone (Alberto e Ugo)

Studi pedagogici sul maneggio dell’apparato Morse scrivente e fonetico (1908)

 

 

A. Leone nacque  nel 1858 e iniziò a insegnare a 18 anni quando gli fu affidata la reggenza provvisoria dell’ufficio di Cariati (Cosenza) con l’incarico di insegnare a quel titolare il maneggio dell’apparato Morse scrivente

 

I – Attitudine

Da quando la telegrafia elettrica cominciò ad avere un serio sviluppo si faceva dell’attitudine per apprendere il maneggio dell’apparato Morse, in specie quello fonetico, una qualità specifica individuale: si diceva che bisognava nascere telegrafisti come si nasce poeti, tanto che parecchi buoni zonisti, forti di questa convinzione, non provarono mai di apprendere a ricevere a udito, ritenendosi assolutamente refrattari. Nel fatto ho trovato il contrario: nulla vi è di assoluto, e la voluta refrattarietà, con un metodo razionale di insegnamento e buona volontà da parte dell’alunno, si vince.

La maggiore o minore attitudine può ridurre o prolungare il periodo d’insegnamento; essa, che fa nella classe emergere gli ottimi sui buoni e sui mediocri, assai più che dalle qualità individuali dipende dall’età degli alunni: nei giovanetti da 14 a 17 anni l’attitudine è pronunziatissima; i mediocri sono eccezioni; buoni sono tutti e la percentuale degli ottimi è bene elevata; la mano leggiera si presta ad eseguire con regolarità e con la massima disinvoltura i movimenti del trasmettitore; l’elasticità della mente freschissima permette loro di seguire senza sforzo i segnali acustici; essi nella quasi totalità si sentono trasportati ad apprendere una materia che si presenta loro come uno studio-divertimento, simile alla musica e alla ginnastica.

Oltre il 17° anno la buona attitudine cessa di essere una qualità quasi generale, essa, per gradi decrescendo in valore a misura che l’età aumenta, si mantiene nondimeno abbastanza pronunziata fino ai 20 e 21 anni …

A 30 anni gli ottimi sono rare eccezioni…

Varcato il 40° anno essere obbligati ad apprendere il servizio telegrafico significa essere sottoposti ad una tortura; e se, contrastando con ogni possa l’opera deleteria del tempo sulle forze fisiche, si ottengono, con l’applicazione di metodi razionali, dei risultati sufficientemente positivi, ciò è da attribuirsi esclusivamente ad un eccesso di amor proprio da parte dell’alunno, che sforza la volontà e mette la pazienza a dura prova.

Ciò, s’intende, si riferisce a persona addirittura profana in materia di telegrafia. Per il perfezionamento di coloro che già sono allenati al servizio telegrafico la cosa è un po’ diversa; così chi conosce bene il servizio Morse scrivente non troverà grande difficoltà ad apprendere il ricevimento auditivo, anche se ha raggiunto il limite di 40 anni innanzi citato.

 

II. Insegnamento

L’arte di insegnare la telegrafia pratica è stata trascurata come una quantitè negligeable dello scibile umano. Non si ritenne necessaria l’opera assidua dell’insegnante, e molto meno un metodo d’insegnamento; eppure questo insegnamento è virtualmente diffuso in circa diecimila uffici: un quadro dei segnali Morse e un gruppo di apparati a circuito locale, che permettesse su una macchina scrivente la riproduzione dei propri segnali, era sovente tutto ciò che per il passato si dava all’apprendista, il quale si doveva poi ingegnare ad eseguire da solo col tasto tali movimenti fino ad indovinare la produzione dell’alfabeto convenzionale.

E questo sistema, d’altronde molto comodo per chi aveva la veste d’insegnante senza averne le funzioni e le qualità, ha preso così profonde radici che anche adesso, che l’insegnamento è sostanzialmente progredito, si pensa da non pochi di non poter risparmiare a chi apprende il contemporaneo esame dei propri segnali a misura che la zona si svolge.

Ora questo è un gravissimo errore, cagione di viziature nella trasmissione; viziature che una volta acquistate è assai difficile correggere: la zona Morse, prodotta a circuito locale, apparentemente buona, può mascherare gravi difetti della trasmissione, che poi si rilevano quando l’apprendista passa dalla scuola agli uffici. Ed è questa tal ragione che io credo non sia abbastanza cosciente il giudizio che dallo esame delle zone si possa dare sulla trasmissione di un candidato, mancando all’esaminatore vari elementi che non si possono avere se non assistendo all’atto della trasmissione.

L’udito, quest’organo delicatissimo che dei movimenti del trasmettitore scopre le più piccole imperfezioni, che nel ritmo dei segnali acustici misura le variazioni irregolari per infinitesimi spazi di tempo, dev’essere la sola guida di chi apprende a trasmettere; il richiamare l’attenzione immediata di lui sul documento scritto, effetto del proprio lavoro, è cagione di diversi inconvenienti:

-         sottrae una parte della attività mentale allo studio vero che è quello di modulare i movimenti del tasto fino a produrre quel ritmico suono, al quale l’apprendista si deve rendere familiare;

-         deforma la postura del corpo il quale, a seconda delle potenzialità dell’organo visivo dell’apprendista medesimo, si inclina più o meno incomodamene sull’apparecchio ricevente; circostanza questa che ha grande influenza sulla regolarità o meno della trasmissione;

-         toglie agli alunni il principio educativo dell’orecchio, che è la scuola degli ottimi, rendendoli sordi e indifferenti ai segnali acustici.

È la scuola insomma dei peggiori e dei mediocri, e non di meno essa ha ancora i suoi sostenitori, i quali apportano la loro azione disturbatrice ai progressi dell’insegnamento, sobillando gli alunni fino a far loro credere irrazionali i principi didattici moderni. E l’insegnante è tante volte obbligato a cedere e adattarsi ad un sistema misto, perocchè la suggestione è tale che l’alunno diversamente non si piegherebbe ad apprendere.

Ciò per l’abilitazione al maneggio dell’apparato Morse scrivente; quanto al maneggio dell’apparato Morse fonetico, i competenti della materia sanno bene di poterne fare un insegnamento a parte; e cioè, per apprendere e tradurre i segnali acustici, non è indispensabile che l’alunno sia pratico già nella traduzione delle zone; e i corsi tenuti dall’Amministrazione dei Telegrafi dello Stato ne danno una prova di fatto.

Ma questo sistema, come svolgerò in altra parte del mio lavoro, risponde soltanto ad una ragione di convenienza da parte dell’Amministrazione stessa, e la possibilità di conseguire uno scopo per una via determinata, non è l’indice della razionalità del mezzo.

Al caso nostro il sistema di principiare i corsi di telegrafia elementare coll’insegnamento del maneggio dell’apparato Morse fonetico è irrazionale; esso rovescia i principi della didattica moderna.

Un alunno, che colla guida dell’insegnante apprese a trasmettere bene i pochi segnali semplici dell’alfabeto Morse, potrà facilmente, e con relativa esattezza, da sé stesso produrre i segnali derivati, senza peranco sentire in precedenza il suono per imitarlo. Così chi sa trasmettere le lettere a, m ed n riesce, anche senza l’imbeccata dell’istruttore, a manipolare la p; e chi ha appreso la manipolazione delle lettere u, m e d riesce pure a trasmettere il punto interrogativo; tutto sta a formarsi un concetto esatto del legamento fonico dei segnali elementari: punto e linea.

E così pure per il ricevimento all’apparato Morse fonetico: educato l’orecchio a distinguere i segnali semplici, è facile riconoscere a quali segnali scritti corrispondano quelli derivati. Non è però così facile ricordare a volo quali lettere o cifre, o segni ortografici, quei segnali scritti rappresentano. E qui è il nodo della quistione.

I segnali acustici sono rapidi, fuggevoli, e se l’alunno si ferma un attimo soltanto a considerarli, per dar luogo al doppio lavorio di cui innanzi, altri segnali si accavallano nella sua mente, senza che egli abbia il tempo di decifrarli.

Per un metodo razionale d’insegnamento, da applicarsi nelle scuole vere e proprie di telegrafia, è necessario dunque che la traduzione delle zone preceda l’audizione dei segnali acustici. Così quando i segnali scritti saranno resi familiari agli alunni, eliminata la maggiore difficoltà, si vincerà l’altra con minore fatica, risparmiando agli apprendisti una eccessiva tensione di mente.

 

III – Il libro – Guida

E fin qui accennammo alla disposizione delle varie parti del programma della scuola pratica elementare; quanto alla estensione ed al modo di svolgere il programma stesso non posso che riferirmi a quel metodo d’insegnamento dell’apparato Morse fonetico con applicazione all’auto-insegnamento della traduzione delle zone, che mi costò lungo studio ed enorme fatica.

Esso, prima che fosse presentato all’Amministrazione dei Telegrafi dello Stato, ha subito non poche modificazioni, in specie relativamente alla estensione degli esercizi, modificazioni che furono successivamente sottoposte a svariate prove: volendo riprodurre un libro rigorosamente informato ai principi didattici moderni, ho eliminato le difficoltà pratiche a misura che si sono presentate, e dagli effetti ho rilevato con soddisfazione il continuo perfezionamento del metodo.

Gli esercizi sono graduali: si va sempre dal semplice al complesso, dal facile al difficile; ogni esercizio è basato generalmente su di un segnale nuovo, poche volte su più segnali e la lettera cui il segnale si riferisce è ripetuta indistintamente in tutte le parole; per cui l’alunno, tanto nella traduzione delle zone, quanto nel ricevimento auditivo, sa preventivamente di trovarla, e la riconosce facilmente.

I segnali simmetrici  ▪ ▬  ed  ▬ ▪ ,  ▪ ▪ ▬  e  ▬ ▪ ▪ , ▪ ▪ ▬ ▪  e  ▪ ▬ ▪ ▪   ecc., che gli apprendisti facilmente confondono, si succedono immediatamente l’uno all’altro in due esercizi contigui; gli esercizi stessi sono compilati per 2/3 circa in lingua italiana e per 1/3 in cinque lingue diverse: latina, francese, spagnola, inglese e tedesca, le più comuni tra noi e le più usate nella nostra corrispondenza telegrafica internazionale.

Il linguaggio dei primi 40 esercizi, non in forma di telegrammi, è una imitazione di quello convenuto (art. 136 Guida telegrafica amministrativa); e cioè, è bensì formato di parole vere e proprie di ciascuna lingua, ma aggruppate insieme disordinatamente, senza nesso logico e senza regole grammaticali.

Da questa forma deriva un notevole vantaggio: l’alunno non potendo dal senso, il quale manca, indovinare la parola prima che l’istruttore abbia finito di trasmettere, è obbligato a continuare la lettura o l’audizione, secondo i casi, dei relativi segnali fino a trasmissione completa: si evita così la dannosa abitudine, quasi istintiva negli apprendisti, di precorrere nella traduzione la formazione stessa dei segnali; difetto questo che è cagione di frequenti errori che svisano e spesso rendono inintelligibili i telegrammi, e che, una volta acquistato, è difficile correggere.

E qui è da mettersi in rilievo che sono in questi esercizi raccolte e messe insieme parole non comuni di speciale struttura, proprie delle varie lingue, perché l’alunno vi si abitui e non creda ad un errore del trasmittente, come pur troppo avviene anche nella pratica del servizio, dando luogo ad interruzioni della corrispondenza e ad inutili ripetizioni.

Non dirò del gruppo ph comune a molte lingue, ne del doppio u, e dei gruppi bs, bg, bv frequenti nel latino, né del gruppo sh, della doppia o e della doppia e frequenti nell’inglese, accennerò soltanto ad alcuni aggruppamenti comuni nella lingua tedesca, come la doppia h: bruhheis; il doppio ch: Burschchen; la tripla s: Fussschamel; la u in mezzo a due h: Bohuhase; la t in mezzo a tre n: Erkenntniss; la p in mezzo a tre f: Schiffpfund; la s semplice o doppia in mezzo a due gruppi ch preceduti e seguiti da altre consonanti

 

 

ed altri aggruppamenti che chi non conosce la lingua tedesca crede quasi impossibili, come:

mtspfl, ptschl, pfb, rtschl, rbstl, ndschl, lzsch, chtkn, ftschl, gdz, rschg, tzr, ldschw, pfschm, sschw (seguono esempi di parole tedesche).

E così pure metterò in evidenza i gruppi kn, pf, pfl, zw iniziali di parole in uso della stessa lingua tedesca (seguono esempi); nonché il doppio l iniziale di parola nella lingua spagnola (lluvioso, llamada).

Ora parole di struttura così complessa o anormale, mentre son rare nella corrispondenza ordinaria, s’incontrano con sufficiente frequenza nei nostri esercizi e del pari con frequenza s’incontrano, perché state espressamente ricercate, parole nelle quali coesistono dei segnali simmetrici o inversi, come flauto, bivio, nano, subveho, Douvre, paix, Gewer, wenig, pyrique, quarry; nonché parole composte in massima parte di punti, come: ossessi, heissein, o con una stessa sillaba ripetuta coma entgegengegangen e in generale tutte quelle parole che contengono i più disparati aggruppamenti di consonanti.

Nel quarantesimo esercizio sono poi condensate tutte le difficoltà che si trovano sparse negli esercizi precedenti, difficoltà che l’alunno è già abituato a superare e vi è in aggiunta la maggiore di tutte, l’ultima parte dell’esercizio essendo compilata in un linguaggio ad imitazione di quello cifrato (art. 138 Guida telegrafica Amministrativa), composto cioè di vari aggruppamenti di lettere apparentemente non formanti sillabe ed aventi un significato convenzionale. È provato che tale esercizio, se eseguito ripetute volte, riesce all’alunno di somma utilità.

Ora altra cosa debbo fare emergere: nel mio “metodo” vi sono anche esercizi su segnali poco adoperati nella pratica telegrafica, come à, ñ (tilde usatissima nella lingua spagnola), ; (punto e virgola), : (due punti), apostrofo, sottolineazione, virgolette, lineette di unione.

Vi è un gran numero di impiegati telegrafici, specie nei nostri centri minori, che ignorano addirittura l’esistenza di questi segnali; essi nella trasmissione adoperano il segnale ä (vocale raddolcita dei tedeschi) per à (a accentato); n comune per ñ e quando non omettono i segnali ortografici, ciò che per l’apostrofo e per la lineetta d’unione avviene quasi sempre, sostituiscono nella trasmissione il punto ai due punti, la virgola al punto e virgola e indicano, con una nota in fondo al telegramma, quali parole debbano essere sottolineate o comprese tra virgolette.

In fine la maggior parte dei ricevitori e dei supplenti addetti ad uffici nei quali soltanto incidentalmente si verifica il caso di un telegramma proveniente dall’estero o all’estero diretto, ignorano finanche la formazione delle lettere k, x, y, w e tante volte pure la j; e sono nell’imbarazzo quando si dà il caso di un telegramma anche in lingua francese.

Quanto ai segnali di punteggiatura, vero è che, salvo che il mittente non ne abbia fatto espressa richiesta, possono essere omessi nella trasmissione (art. 146); ma se questa richiesta è fatta e il telegramma è diretto ad ufficio del regime europeo, essi debbono essere riprodotti come sono, e non deformati a fantasia del trasmittente. E con tutte queste licenze procede anche oggigiorno l’insegnamento della telegrafia pratica nella maggior parte dei casi.

Ora una delle due: o la conoscenza e l’uso di questi segnali, che più di raro s’incontrano nella pratica, non sono necessari, e allora non sarebbe giustificata l’esistenza dei medesimi nel quadro dei segnali regolamentari concordato dalle Amministrazioni telegrafiche dei vari Stati, ed inserito nella Convenzione internazionale, o si riconoscono necessari e allora, specie nella corrispondenza diretta con l’estero, non potremmo a meno di accettarli.

Semplificare è bello, e convengo anch’io, sopra tutto per noi italiani, nella utilità delle soppressioni di parecchi segnali; ma l’insegnamento dev’esser fatto su quel che è, non su quel che dovrebbe essere. Che se dovesse sottoporsi ogni cosa al criterio dell’insegnante, ognuno farebbe a modo suo, e così l’abolizione di fatto dei segnali voluti non necessari avverrebbe con maggiore o minor larghezza, a seconda dei giudizi e mancherebbe nell’insegnamento l’unità d’indirizzo.

Ora se dai nostri sommi competenti è ritenuto che per migliorare il servizio s’imponga una semplificazione del quadro dei segnali Morse, io penso che sarebbe opportuno di prendere sul riguardo degli accordi con le Amministrazioni telegrafiche estere, per le modificazioni da introdursi alla convenzione internazionale. Finché ciò non sarà un fatto compiuto, non è giusto, né conveniente, a parer mio, che sia mutilato l’insegnamento: non può dirsi completa l’istruzione pratica di un telegrafista che di questi segnali, per quanto poco adoperati, non abbia alcuna conoscenza.

Tornando al metodo di cui innanzi, metto in evidenza come lo stesso sia stato da parecchi semplicemente adoperato come Guida dell’insegnante, rovesciando gli intendimenti dell’autore; esso è invece il libro-guida dell’alunno. Il solo titolo manifesta già il doppio scopo che l’autore si è prefisso di raggiungere; l’insegnamento dell’audizione dei segnali acustici e l’auto-insegnamento della traduzione delle zone; senonchè l’utilità di questa seconda parte a me sembra che non sia stata ancora sufficientemente compresa.

E su questo argomento mi rivolgo non a teorici puri, che nei loro apprezzamenti potrebbero ingannarsi, né a fanatici conservatori dei sistemi primordiali: mi rivolgo ai nostri sommi competenti, che prima di coprire le alte cariche che degnamente rivestono, hanno consumato sugli apparati negli uffici attivi, la parte più rigogliosa della loro esistenza. Essi ben sanno come procede l’insegnamento nei piccoli uffici e come si svolge il servizio nella quasi totalità dei circuiti omnibus. Che vale rendere esperto il personale degli Uffici Centrali se questo nello svolgimento delle sue funzioni incontra ostacoli ad ogni passo? Volendo fare il paragone con un servizio moderno, dirò di una comunicazione telefonica, che se uno soltanto degli apparati è difettoso, la conversazione o non si verifica o procede assai stentatamente, comunque l’altro apparato e la linea sieno in perfette condizioni.

Quanto al servizio sui fili semi-diretti e diretti serviti a morse, i nostri egregi funzionari competenti non avranno dimenticato la vecchia massima dei Morsisti “si deve trasmettere colla stessa celerità con la quale si sa ricevere”, massima che veniva ripetuta sovente ai neo-telegrafisti che facevano i frullini (gergo telegrafico), si precipitavano, cioè, nella trasmissione e poi impiegavano un secolo a ricevere quando si trasmetteva loro nella stessa guisa. Ciò dipendeva dal fatto che entravamo negli uffici non sufficientemente preparati e il lato più debole era appunto il ricevimento. Il perché è evidente: a fare lunghi esercizi di trasmissione un tasto di legno o di ghisa, del prezzo di L. 2 a 5, è bene adatto per gli apprendisti, i quali possono perfezionare con poca spesa la loro trasmissione; ma pel ricevimento anche adesso le scuole sono insufficientemente provvedute di apparati, e ciò per il loro costo ben elevato.

Per una scuola ben arredata sarebbero necessarie tante macchine scriventi quanti sono gli alunni, o almeno quant’è il numero di ciascuna sezione, se la classe è divisa in sezioni, sia che esse debbano funzionare con unica, ovvero con più trasmissioni.

Ma si abbiano pure questi apparati disponibili, vi è altro da osservare: le zone si svolgono quasi uniformemente, e data un’unica trasmissione, si produrrebbero in esse contemporaneamente i vari segnali; ma gli alunni non hanno tutti la stessa attitudine e per conseguenza non tutti possono seguire nella traduzione la formazione dei segnali stessi. Ne viene di conseguenza che, se l’insegnante accelera la trasmissione, favorisce i migliori e li mette in condizione di fare rapidi progressi; ma danneggia i più lenti per i quali la zona si accumula sempre più sul tavolo, senza che essi abbiano la possibilità di tradurla. Viceversa, se la trasmissione è lenta, si favoriscono i più deboli, i quali possono così seguire la produzione dei segnali; ma si sacrificano i migliori, i quali non possono in questo modo trarre dalle lezioni quel maggior profitto di cui sono capaci.

Inoltre per eventuali assenze, per cagione di malattie o altro, alcuni alunni, restando indietro nelle lezioni, non potrebbero più seguire il corso, se non in modo assai male; essi turberebbero il regolare svolgimento delle lezioni.

Né per queste ragioni vi sarebbe successivamente convenienza di suddividere gli alunni in gruppi, secondo la loro capacità ad apprendere, perocchè bisognerebbe raddoppiare e triplicare il personale insegnate o ridurre l’esercizio di ricevimento fino ad essere insufficiente. Sarebbe insomma costoso l’impianto, costosa la spesa di manutenzione degli apparati e rilevante la spesa per il personale insegnante.

Coll’auto-insegnamento delle zone preventivamente preparate e raccolte sugli anelli di legno, di cui a pag. 14 del metodo suddetto,

-         la spesa d’impianto della scuola diventa trascurabile;

-         quasi nulla la spesa di manutenzione degli apparati;

-         diminuisce notevolmente la spesa del personale insegnante;

-         l’esercizio di ricevimento è praticamente regolato: ognuno svolge la sua zona secondo la propria attitudine e capacità;

-         gli alunni che sono stati assenti riprendono le lezioni al punto in cui le hanno lasciate;

-         nella classe si delineano e proseguono ciascuno per la sua via gli ottimi, i buoni, i mediocri senza che nessuno nuoccia agli altri. Chi ha perduto delle lezioni è messo così in condizioni di potere, con buona volontà, raggiungere i più progrediti – Non è più insomma un vero e proprio insegnamento in classe; sono tanti corsi individuali.

Anche l’insegnamento della trasmissione dovrebbe essere individuale; né si creda che ciò sia praticamente non fattibile: poche lezioni bastano per ciascun alunno; conviene però che esse siano date con molto accorgimento. È utile che alla lezione impartita ad un alunno assista altro alunno, e anche due altri, perché ciascuno tragga profitto dalle correzioni fatte al compagno; si guadagna così del tempo. In ogni caso è necessario che l’insegnamento della trasmissione abbia luogo in una sala a parte, per quanto possibile lontana da rumori che possano distrarre gli apprendisti. Per dare principio a tale insegnamento ed anche, quando è richiesto, al ricevimento auditivo, non è detto già che gli alunni debbano aver terminato di tradurre dalle zone la serie degli esercizi dal primo all’ultimo.

Resta al criterio dell’insegnante di determinare caso per caso, quando questo principio debba aver luogo; solo si avverte che non è bene affrettare di troppo, perocché è provato che quanto più l’alunno è progredito nel ricevimento, tanto più facilmente, più rapidamente e più esattamente apprenderà a trasmettere.

Per l’insegnamento del ricevimento auditivo non è proficuo, né conveniente fare corsi individuali; solo gli alunni dovrebbero, a parer mio, esser divisi in gruppi e secondo le norme inserite nel volume più volte ricordato.

Quanto all’estensione degli esercizi solo qualcuno non si mostrò molto persuaso della necessità di dare agli stessi quello svolgimento che figura nel mio volume, sembrandogli di trovarli oltre misura. Ma il dubbio di chi è a priori così impressionato, svanirà certamente quando egli avrà eseguito, come io ho fatto, in misura diversa ripetute prove, ed avrà dato il suo giudizio sulla comparazione dei risultati.

Da quanto si è fin qui svolto risultano ad evidenza gli intendimenti che si è prefisso l’Autore nella compilazione del Metodo ecc.

Egli ebbe la soddisfazione di vedere il suo lavoro favorevolmente accolto tanto dall’Amministrazione dei telegrafi, quanto da altre amministrazioni di Stato ed elogiato da accreditati giornali nazionali ed esteri che s’occupano di servizi elettrici.

Si riportano tre autorevoli giudizi, omettendone per brevità molti altri non meno lusinghieri.

Schanzer (problema vitalissimo, istruzione rapida e perfetta).

Giornale francese (lettura delle bande e lettura al suono, estratto)

Majorana (il suo metodo si è mostrato veramente efficace, anche per gli anziani)

 

IV – Durata dei corsi

Anche sulla durata dei corsi vi è un grave errore diffuso tra le masse: si pensa generalmente che l’idoneità al servizio telegrafico si possa acquistare in un tempo brevissimo; e quello che più monta è di vedere quest’errore insinuarsi nel giudizio di persone colte e di spiccate personalità.

Un distinto alto funzionario noto per la sua alta capacità, ma che non si è mai occupato di telegrafia, avendo sentito da me che, per chi non conosca già qualche cosa, quattro mesi non sono sufficienti per una buona preparazione nel maneggio dell’apparato Morse fonetico, mi confessò con un senso di meraviglia che fino a quel momento egli aveva creduto che 15 o 20 giorni sarebbero stati bastevoli.

Ed altro funzionario superiore, da tempo collocato a riposo, il quale teneva in poco conto la conoscenza del maneggio dell’apparato Morse, affermò, e nessuno osò affermarsi incredulo, che egli in soli tre giorni aveva appreso a trasmettere e a leggere la zona. Che cosa abbia potuto apprendere io lo chieggo ai veri competenti della materia!

Ora questo errore deriva da due cause diverse ed opposte: negli Uffici minori si crede che saper leggere stentatamente la zona, sia pure sillabando come i bambini e senza trascrivere il telegramma (sistema quest’ultimo molto comune negli uffici con lavoro limitatissimo) e saperne trasmettere qualcuno storpiatamente, sia pure con continue interruzioni, ma in modo da rendere possibile la decifrazione dei segnali da parte del corrispondente, sia quanto basti perché il candidato possa presumere di essere abbastanza idoneo al servizio dell’apparato Morse.

Esso, sollecitato dal corrispondente, dà le frasi (il benestare e la ricevuta) senza contare le parole e traduce poi con comodo la zona, salvo a chiedere schiarimenti quando il numero delle parole non corrisponde a quello indicato in preambolo o quando trova oscuro il senso del telegramma, ciò che è spesso cagione di perdita di tempo, di alterchi e di disservizi. Fategli osservare la sua insufficienza e vi risponderà che per la misura del lavoro che dà l’Ufficio la sua istruzione è bastevole. “Anche ad impiegare un quarto d’ora per telegramma, vi dirà, il servizio procede bene lo stesso”. E intanto egli paralizza spesso per delle ore intere il servizio d’un intero circuito ed assorbisce l’opera d’un impiegato di ruolo! È certo che per apprendere a far servizio in questo modo basta poco tempo.

Negli Uffici centrali invece, dove le attitudini spiccate hanno modo di mettersi in evidenza, si prova compiacenza da parte di valentissimi operatori, se vogliamo, non molto modesti, ad asserire che essi hanno appreso a far servizio e bene, anche a sounder, in un tempo notevolmente minore di quello che in realtà loro occorse; e poiché data la grande attitudine di questi Mozart della telegrafia, questo tempo è relativamente breve, così ne viene di conseguenza che quello da loro indicato corrisponde pressocchè all’impossibile. Ed è strano poi che di questo tempo breve, e dimezzato per giunta, si voglia fare la misura comune del tempo occorrente per l’insegnamento.

Nelle scuole vi è poi l’una o l’altra tendenza: vi è chi sa qualche cosa e chiede di essere esonerato dall’esercizio pratico, pretendendo di conoscere già abbastanza il servizio; vi è chi sa anche di più e mostra di saper nulla, perché sia messo in rilievo per lui un’attitudine assai più spiccata di quella che è effettivamente e quindi una capacità di apprendere in un tempo notevolmente minore. Queste incognite mistificano il risultato d’una classe; per cui si deve avere grande accorgimento, nel fare paragoni dell’efficacia di diversi metodi applicati su soggetti diversi.

Altre cause d’errore nel giudicare il tempo occorrente per una buona preparazione, per chi non ha presente gli scopi dell’amministrazione, sono gli stessi corsi accelerati governativi:”Se l’amministrazione dei telegrafi dello stato, dicono gli interessati, fa dei corsi di preparazione della durata di quattro mesi, è segno che quel tempo è sufficiente per la preparazione ad un esame sul maneggio dell’apparato morse fonetico e poiché, soggiungono, nel corso governativo si fa a meno o quasi dell’insegnamento della traduzione delle zone e sulla lettura di questa non vi è esame, si può fare anche a meno di questo insegnamento”.

E’ opinione generale, e sta nel fatto, che da un corso individuale tenuto da un insegnante privatista, chi ha buona volontà ricava più profitto che non stando in classe, così cadendo in doppio errore, gli interessati vengono alla conclusione che due mesi siano più che sufficienti per la preparazione all’esame di cui innanzi. Essi, forti di questa opinione, al primo concorso, pure ignorando che l’alfabeto morse si compone di punti e linee, presentano la loro domanda corredata di documenti abbastanza dispendiosi e per ultimo senza fretta si presentano ad un privatista, pretendendo di essere preparati in quello scorcio di tempo.

Alle dichiarazioni che si fanno loro della impossibilità materiale di prepararsi, si mostrano increduli; sorridono finanche, ed affermano con una convinzione che indispettisce chi è invecchiato manipolando il tasto morse che essi con la buona volontà suppliranno alla ristrettezza del tempo e che hanno tutta la fiducia di raggiungere lo scopo.

Si fa loro osservare che soltanto uno ogni cento (ed è anche troppo) riesce a prepararsi convenientemente in quattro mesi e che in tempo minore non è umanamente possibile, dipendendo ciò né dalla volontà, ne dalla cultura dell’apprendista; che neppure giova prolungare le ore di studio ,che altro non potrebbe apportargli che uno stordimento dipendente dalla natura del lavoro a cui non è abituato, ed essi rispondono, ritenendo sempre esagerata la dichiarazione: “E chi sa che io non sia una eccezione, proviamo! ” E così chi non vuole ingannare il prossimo è obbligato a licenziarli senza dargli altre spiegazioni.

Quanto ai corsi dell’amministrazione è una convenienza farli accelerati e una necessità non seguire un metodo puramente razionale. Anzitutto è da ricordare che questi corsi servono esclusivamente per l’arruolamento del novo personale; non sono quindi scuole vere e proprie con regolare insegnamento , destinate ad educare la gioventù volenterosa alle discipline telegrafiche.

Il numero dei concorrenti rispetto al numero dei posti in concorso è normalmente stragrande, tante volte il decuplo, e tra essi sono numerosissimi i supplenti degli uffici di seconda e terza classe, i quali a seconda del maggiore o minore servizio prestato, si presentano come supplenti o come estranei; così gran parte di quelli ammessi nelle scuole governative conoscono già il servizio morse e possono ben seguire il corso accelerato.

Inoltre tra gli estranei ve ne sono non pochi caduti nei concorsi precedenti e che quindi hanno già una semi-preparazione. Tal che è ristretto il numero di quelli che cominciano dall’abicì e tra essi sono coloro che, non potendo seguire le elezioni nuocciono alla regolare procedura dell’insegnamento e che , dopo un periodo di prova, se non abbandonano spontaneamente la classe, dovrebbero essere radiati dal ruolo degli iscritti. E anche in questo l’amministrazione trova la sua convenienza: con la eliminazione dei meno adatti al servizio diminuisce il numero dei concorrenti, che dietro l’esame preliminare viene ad essere ridotto circa alla metà. Sono alle volte tante migliaia di temi scritti risparmiati all’esame della commissione, la quale è in grado di procedere così più rapidamente al suo lavoro di revisione.

E qui metto in evidenza che se i candidati ammessi al concorso sono sempre esuberanti in numero rispetto ai posti disponibili, ciò è dovuto al fatto del voto unico sulle tre prove: di trasmissione, di ricevimento auditivo e orale. Quelli capaci di prendere 7 decimi al ricevimento auditivo non possono essere numerosi, viceversa non è difficile riportare 8 o 9 decimi alla trasmissione e all’esame orale; in quel risultato vi saranno quindi molte compensazioni.

Che se per l’ammissione al concorso i 7 decimi dovessero essere riportati su ciascuna prova, forse i vincitori del concorso non basterebbero a coprire i posti vacanti: così difficile soprattutto per telegrammi in lingua estera è la prova del ricevimento auditivo, in seguito ad un corso accelerato come quello che impartisce l’Amministrazione.

Nell’abilitazione poi dei ricevitori e supplenti al servizio telegrafico si pensa da non pochi che si potrebbe essere più larghi e generosi nella considerazione che con la pratica del servizio essi possono successivamente completare la loro istruzione del maneggio dell’apparato Morse.

Anche questo, a parer mio, è un errore: l’impiegato postale si forma negli uffici, l’impiegato telegrafico si fa nella scuola. Una scuola elementare postale non lo saprei concepire, come penso che, dato lo sviluppo attuale del servizio telegrafico, non si potrebbe a meno di istituire delle vere scuole pratiche elementari, con determinati programmi, sia governative, sia privatiste con l’appoggio e la sorveglianza dell’Amministrazione.

E persuadiamoci una buona volta: un difetto di trasmissione acquistato nella scuola per la frenesia di accelerare il corso di insegnamento non si corregge con la pratica degli uffici, che anzi il difetto si accentua sempre più, e prova ne sia che abbiamo avuto ed abbiamo impiegati anche con 30 e 40 anni di servizio, che ebbero sempre ed hanno una trasmissione mostruosa, i cui segnali solo i vecchi e provetti impiegati saprebbero a gran fatica decifrare. Ma rientriamo nel giusto: perché da una scuola vengano fuori, come masse e non come casi isolati, i futuri campioni di telegrafia pratica, non bisogna lesinare sulla durata della preparazione, checché ne pensino i sostenitori dei vecchi sistemi.

 

V – Scritturazione e lettura dei telegrammi.

Altra cosa sulla quale è opportuno richiamare l’attenzione degli insegnanti è il modo di scritturazione dei telegrammi. È un fatto quasi comune che gli alunni entrando in una scuola telegrafica deformano la loro scrittura ordinaria, che viene arruffata e confusa, ovvero slegata e disordinata, spesso inintelligibile; la deformazione è generalmente più accentuata agli esami, ed è un indice di poca capacità del candidato. Infatti questi scrivendo speditissimamente pretende:

-         se all’apparato scrivente, di rifarsi del maggior tempo impiegato per la lettura dei segnali, che non ha ancora familiari; se non che il tempo che perde è molto, quel che guadagna, arruffando la scritturazione, è trascurabile;

-         e se all’apparato fonetico, egli scrive a volo isolatamente le lettere, allo scopo di restare perfettamente libero e preparato a ricevere la lettera successiva; questo fatto dipende dalla percezione tardiva del segnale acustico, e denota la poca abilità del candidato: l’atto materiale della scritturazione non deve distrarre l’attenzione dell’apprendista dai segnali successivi; esso può quindi fare scorrere la penna con una lentezza commisurata alla velocità della trasmissione.

Basta tener presente che il perfetto orecchista può quasi, con la celerità ordinaria di scritturazione, seguire la trasmissione più rapida di un morsista perfetto.

Ora il più delle volte i difetti di cui sopra acquistati nella scuola, si conservano negli uffici, per quanto attenuati con la pratica del servizio, e sappiamo purtroppo come tante volte nelle ritrasmissioni i telegrammi vengono travisati.

Altra causa di travisamento dei telegrammi è il modo di leggerli mentre si trasmettono: l’attenzione dell’alunno nella trasmissione essendo concentrata sulla formazione e manipolazione del segnale è addirittura trascurata la lettura della parola e la si scorre con l’occhio lettera per lettera a misura che si procede nella trasmissione, leggendole non per quello che sono ma per quello che sembrano, a giudicare dalla prima impressione.

Si trasmette così con la più grande facilità tenne per tenue, gola per gota ed anche qualche parola senza significato come grono per grano. Ed è tale l’abitudine di leggere a lettere isolate che gli alunni cadono negli stessi errori anche se i telegrammi sono compilati con una scrittura sufficientemente chiara e anche se la scritturazione è stata fatta da loro stessi.

Si ovvia a tale inconveniente facendo trasmettere agli alunni nel primo periodo d’insegnamento degli esercizi a stampa, abituandoli alla preventiva lettura delle parole, e continuando il sistema su esercizi manoscritti, prima chiari, poscia di non facile lettura.

L’attenzione per una buona scritturazione e per una esatta interpretazione deve essere massima quando trattasi di esercizi in lingua estera. Poiché il tempo che si guadagnerebbe arruffando è assai trascurabile, è da chiedersi sempre all’alunno di eseguire il lavoro con esattezza, impiegando pure il tempo necessario, data la sua attitudine e capacità. Il difetto della cattiva scritturazione si evita con l’auto-insegnamento della traduzione delle zone.

 

VI – Procedura degli esami e modo di arruolamento del personale.

Anche sulla procedura degli esami tenuta attualmente dall’Amministrazione crederei necessaria qualche riforma. Anzitutto, dato il numero stragrande dei candidati, sarebbe opportuno, penso, dare nei concorsi la preferenza a coloro che hanno una migliore attitudine per il servizio telegrafico, che d’altronde sarebbe il loro mestiere, procedendo ad una più larga eliminazione dei meno capaci.

Ciò potrebbe raggiungersi facilmente non ammettendo compensazioni tra le votazioni che essi riportassero sulle tre prove preliminari per l’ammissione al concorso: ricevimento auditivo, trasmissione, orale; votazioni queste che, a parer mio, dovrebbero essere ciascuna non inferiore a 7 decimi.

Quanto alla procedura di questo esame, io credo, che per uniformità di trattamento, la trasmissione debba essere fatta a mezzo di una trasmittente Wheatstone contemporaneamente a tutti i candidati di una data sede e, se questi sono in numero stragrande, in due o tre volte tutt’al più.

I concorrenti potrebbero all’uopo essere distribuiti in numero di 10 o 12 per ogni sala, anche in locali diversi collegati elettricamente. Per ogni sala occorrerebbe un sounder ben sonoro, collocato in modo che i segnali acustici giungessero chiari e distinti in ogni angolo della sala stessa. La trasmissione dovrebbe essere continuata, con un brevissimo intervallo tra un telegramma e l’altro, quanto basti per staccare il foglio scritto dal blocco degli stampati.

I candidati sarebbero avvertiti che anche le parole monche od omesse sarebbero computate per altrettanti errori.

Il tempo impiegato essendo costante per tutti riuscirebbe più agevole il computo della commissione esaminatrice perocchè, eliminato questo elemento dal criterio che deve regolare la votazione, questa dovrebbe essere basata esclusivamente sul documento scritto e dipendente dalla natura e dal numero degli errori, nonché dal modo di scritturazione dei telegrammi.

Se si volesse essere ancora più scrupolosi si potrebbe disporre che i candidati coprissero con la solita linguetta scura in uso presso l’Amministrazione la loro firma su stampati appositamente preparati. Il giudizio della Commissione sarebbe così più esatto ed assolutamente imparziale, pure essendo il lavoro di revisione, molto facilitato e sensibilmente ridotto.

Poiché gli esami avrebbero luogo contemporaneamente in diverse sedi, così dovrebbe essere stabilita a priori la velocità da darsi alla Wheatstone trasmittente: i telegrammi potrebbero essere in numero di tre e brevi, in media di 10 parole per ciascuno, e redatti uno in lingua italiana, uno in lingua francese e uno in lingua inglese e tedesca.

Per coloro che aspirassero a elevate votazioni questa prima prova potrebbe essere seguita da altra con trasmissione più celere; la velocità sarebbe anche da stabilirsi precedentemente. La revisione dei lavori di questa seconda prova, che non ha influenza sull’ammissione o meno dei candidati ai successivi esami, potrebbe essere effettuata quando sarebbero espletati quelli preliminari; ciò per non protrarre nella sede di esami la dimora di coloro che non dovessero essere ammessi al concorso.

La difficoltà dell’esame fa prevedere che normalmente i due terzi dei candidati cadrebbero, e per un terzo soltanto essi sarebbero sottoposti agli esami di trasmissione: un solo e breve telegramma, lo stesso per tutti, compilato in francese con qualche frase in lingua inglese o tedesca, o viceversa, sarebbe sufficiente perché gli esaminatori potessero farsi un concetto esatto della capacità del candidato.

La votazione sarebbe basata sulla maggiore o minore regolarità dei movimenti, sulla disinvoltura con la quale questi vengono eseguiti ed anche sulla postura del corpo del candidato, e sul numero delle interruzioni; mai sulla produzione dei segnali sulla zona, potendo questa, come si è fatto osservare innanzi, mascherare i difetti della trasmissione, ed essere un elemento fallace per una votazione coscienziosa.

La produzione dei segnali scritti essendo quindi non soltanto non necessaria, ma anche dannosa, potrebbe essere soppressa con notevole economia di tempo della Commissione, che così si risparmierebbe la cura della relativa conservazione.

I candidati, da esaminarsi ad uno ad uno, dovrebbero essere invitati a procedere con una trasmissione moderata. Scompare così anche dai criteri, che debbono servire di base nella votazione, l’elemento tempo, il giudizio restando così basato sulla regolarità dei movimenti.

S’intende già che la trasmissione precipitata del frullino, che non si sa in nessun modo moderare, è da considerarsi come difettosa, anche quando sembra procedere con una certa uniformità.

È questa il più delle volte una forma morbosa di movimenti irregolari dovuta a nervosismo permanente, che il candidato non riesce suo malgrado a dominare. Si conoscono già gli effetti di simili trasmissioni che, se producono dei segnali facilmente decifrabili a circuito locale e su linee brevi in buone condizioni elettriche, rendono impossibile la corrispondenza su linee lunghe e difettose.

In contrapposto a queste trasmissioni viziate vi sono quelle rapide e perfette dei provetti telegrafisti, che sanno modularle a seconda i casi, tenendo conto delle condizioni speciali della linea e adattandosi alla capacità del corrispondente. Qualunque sia la velocità di siffatta trasmissione, noi troveremo tra i segnali elementari punti e linee e relativi spazi una costante misurata proporzione.

Sarebbe opportuno quindi, dopo il primo esperimento, far ripetere al candidato poche parole dello stesso telegramma con trasmissione più rapida, per tenerne eventualmente conto in suo favore nella votazione.

S’intende che gli esaminatori dovrebbero essere tutti orecchisti.

Il numero di coloro che cadono nella prova di trasmissione è generalmente scarsissimo: i buoni orecchisti sono normalmente buoni trasmettitori, le deficienze essendo limitate a quelle di cui innanzi, dipendenti da difetti fisici, che il candidato non può eliminare, per quanto procuri di attenuarli.

I concorrenti di poco ridotti in numero si presenterebbero così all’esame orale. Per eguaglianza di trattamento sarebbe opportuno di suddividere in tesi il programma governativo, come si pratica nelle scuole secondarie ed universitarie, stabilendo a priori su quante di quelle sorteggiate il candidato dovrebbe rispondere.

Per ragioni diverse, che qui non è il caso di svolgere, è da presumersi che coloro che cadrebbero in questo terzo esperimento non sarebbero in numero così limitato come nel secondo; talchè quelli che risulterebbero ammessi al concorso, tutto elemento scelto per il servizio dell’apparato Morse fonetico, non sarebbero più in numero esorbitante rispetto ai posti messi a concorso, e così sarebbe enormemente diminuito per la Commissione esaminatrice il lavoro di revisione dei temi scritti.

Per l’esame a Ricevitore e Supplente possono, in quanto applicabili, essere adattate le medesime norme con una relativa lunghezza di criteri.

E passiamo ora ad esaminare in qual modo potrebbe venire migliorato l’arruolamento del personale.

Nei suoi corsi preparatori per concorsi a posti di alunno telegrafico la nostra amministrazione ammette indistintamente supplenti abilissimi al maneggio dell’apparato morse scrivente, altri meno abili con poco tempo di servizio che si presentano come estranei, ed altri infine effettivamente estranei dei quali la maggior parte non ha nessuna conoscenza dell’apparato morse.

Raggiunto un determinato numero di iscrivendi, non si fanno altre ammissioni alla scuola. I concorrenti rimasti fuori provvedendo diversamente alla loro preparazione possono però a suo tempo insieme agli altri sostenere l’esame preliminare per essere ammessi al concorso.

Ora in questa procedura troverei due inconvenienti:

-         vi è troppa disparità nel grado d’istruzione tra gli ammessi al corso, perché questo possa procedere inappuntabilmente in modo da trarne i migliori vantaggi;

-         tra i concorrenti ritardatari non ammessi alla scuola per la chiusura nelle iscrizioni vi possono essere molti buoni elementi, che sostituiti a quelli addirittura profani in materia di telegrafia, potrebbero far procedere il corso con maggiore uniformità e migliorarne i risultati.

E qui domando a me stesso: Non sarebbe opportuno far precedere l’iscrizione al corso da un esame di ammissione dal quale risulti l’idoneità del candidato al maneggio dell’apparato morse scrivente?

Il corso dell’amministrazione sarebbe allora un vero corso complementare d’insegnamento, con risultati, ritengo, incomparabilmente migliori, e che potrebbe aver ridotto l’orario di esercitazione in classe con economia di personale insegnante.

Infatti, io penso, i giovani volenterosi con l’insegnamento mutuo potranno fuori classe aiutarsi vicendevolmente e mettersi in grado di trarre il maggior profitto della lezione. Questo provvedimento risulterebbe anche a vantaggio dei supplenti; e gli estranei che non hanno nemmeno una preparazione embrionale si risparmierebbero almeno una disillusione: quella di non poter seguire il corso accelerato che avrebbero ritenuto normale.

E un’altra domanda fo a me stesso: Sarebbe opportuno per l’Amministrazione riservare esclusivamente ai supplenti il detto corso complementare, sottoponendoli per la iscrizione, alla prova eliminatoria, innanzi citata e facilitando la loro ammissione al concorso, nella categoria dei supplenti, col ridurre opportunamente il tempo di servizio prestato, che nel caso di esito favorevole li esonererebbe del tirocinio gratuito: e nello stesso tempo aprire per gli estranei un corso elementare completo, nel quale possano essere iscritti soltanto dei giovanetti dai 15 ai 18 anni muniti come gli altri del titolo di studio richiesto dal regolamento?

Questa idea sarebbe basata su due considerazioni:

I supplenti possono prendere parte ai concorsi fino al loro trentesimo anno di età; si presume che l’età media dei vincitori del concorso oscilli tra i 24 e i 25 anni:

I giovanetti tra i 15 e 18 anni hanno al massimo grado l’attitudine ad apprendere; essi con un indirizzo perfetto, quale quello che, con suoi mezzi, potrebbe dare loro l’Amministrazione, raggiungerebbero un risultato certo superiore a quelli finora ottenuti. Si eviterebbe così che dottori, avvocati e ingegneri concorrano per posti di semplice telegrafista, formando una classe di spostati, i quali una volta entrati mal si adatterebbero a prestare servizio all’apparato, siccome una attribuzione on adeguata alla loro coltura.

Il corso durerebbe un anno scolastico, e trattandosi di giovanetti, il tirocinio gratuito potrebbe essere sensibilmente prolungato.

Di più, per i primi sei mesi questi neo-impiegati potrebbero, con orario ridotto essere assegnati in soprannumero agli uffici allo scopo di addestrarli bene alla pratica del servizio ed evitare che essi per lungo tempo vengano addetti a circuiti di minimo lavoro. Per il rimanente orario, potrebbe esser fatto loro un corso d’insegnamento sul maneggio dell’apparato Huges e sulla perforazione Wheatstone e successivamente sul maneggio degli altri sistemi celeri in uso presso l’Amministrazione.

Per gli esercizi pratici graduali potrebbe essere adattato l’istesso volume che serve per l’insegnamento del maneggio dell’apparato Morse fonetico; applicazione questa che da qualche prova è risultata utilissima.

L’Amministrazione farebbe in tal modo facile acquisto di un personale che tra i 18 e i 20 anni sarebbe già sufficientemente abile ai più importanti servizi, e la scuola modello sarebbe il vivaio dei futuri campioni della telegrafia pratica italiana.

 

VII – L’insegnamento mutuo e le gare a premio.

Con l’istituzione e la diffusione del metodo razionale d’insegnamento e con utili modificazioni nel sistema di arruolamento del personale, si raggiungerebbe lo scopo di fare acquisto di un ottimo elemento giovane. Ma prima che sia rinnovato tutto il personale non idoneo al servizio a Sounder, specie degli uffici minori (ricevitori e supplenti) molto tempo dovrebbe decorrere.

Con opportuni incoraggiamenti, simili a quelli che l’Amministrazione fa già per il miglioramento del servizio agli apparati celeri, si potrebbe diffondere il perfezionamento del servizio all’apparato Morse fonetico, nella grande massa del personale esistente.

Il mezzo sarebbe il mutuo insegnamento: gli impiegati che conoscono già il servizio Morse scrivente potrebbero aiutarsi scambievolmente tra loro, alternando nella esecuzione degli esercizi le funzioni di alunno e di istruttore.

A favorire la diffusione di tale insegnamento, io penso, sarebbe molto efficace l’istituzione di gare periodiche provinciali e centrali con diversi premi. Le gare provinciali sarebbero da farsi in tante sedi proporzionalmente al numero dei candidati, secondo condizioni e programmi da stabilirsi volta per volta. Alla gara sarebbero ammessi tutti gli impiegati di ruolo e fuori ruolo senza distinzione di grado e di classe.

I vincitori delle gare provinciali sarebbero i candidati della gara centrale da tenersi nella capitale.

Il personale che fa servizio all’apparato Morse è in numero forse cento volte maggiore di quello addetto agli apparati celeri; si giudichi da questa sproporzione quanta necessità non vi sia di diffondere il perfezionamento anche nell’esercizio di questo apparato. Curare il miglioramento del personale degli uffici centrali è ottima cosa; però non basta: perché un organismo funzioni in modo inappuntabile è necessario che esso sia perfetto in ogni sua parte.

Ed auguriamoci che questo miglioramento si verifichi al più presto; in tal modo elevandosi il rendimento del personale, aumenterà notevolmente la capacità pratica di lavoro dei fili; e rendendosi sufficiente, o quasi, la rete secondaria a sopportare il conseguente aumento di lavoro, sarà agevolata la soluzione, che ormai si impone, di una grave questione, quella del ribasso della tariffa telegrafica, da lungo tempo sospirata dalle popolazioni italiane.

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