5 – L’acumetro di Corino

       

 

Per circa mezzo secolo, grosso modo dal 1880 al 1930, fu attiva a Torino, in corso Raffaello 30, l’officina di Luigi Corino, molto noto a quei tempi, soprattutto per essere il costruttore dei numerosi strumenti scientifici del celebre fisiologo Angelo Mosso. È molto probabile che questo valentissimo artigiano, come il Manuelli e il Pierucci incontrati, avesse almeno qualche catalogo dei suoi prodotti, ma non ho potuto fare le ricerche che avrei voluto e sono costretto a segnalare soltanto, oltre ai miei scritti, il breve cenno in M. Sinatra, La psicofisiologia a Torino, Lecce 2000, p. 115, dove si legge che i suoi prodotti erano distribuiti dalla ditta Pirelli di Milano. Di sicuro Corino costruì l'estesiometro su progetto di Buccola, una doppia capsula di Marey per conto di Mario Ponzo, un acumetro per Annibale Stefanini, e altra strumentazione per Gradenigo, Corradi e molti scienziati dell’epoca.

(anche su Corino, come già su Pierucci e Manuelli, lancio il mio appello di collaborazione scientifica)

La foto a destra è un interessante acumetro costruito, e ideato, da Corino ed è descritto in G. Gradenigo, Dispositivo semplice per ottenere suoni di intensità costante e graduabili colla elettricità, Archivio Italiano di Otologia, 1916 (vedi anche il già citato manuale postumo di acumetria del Gradenigo):

“Il metodo primitivamente adoperato da Stefanini nel suo acumetro telefonico (1905), di eccitare le vibrazioni del diapason con un martelletto attivato da una elettrocalamita (vedi foto a sinistra), dava risultati incostanti, non essendo possibile che ogni colpo, in successive volte, fosse dato con la stessa intensità; e si pensò perciò di utilizzare per la percussione la forza di gravità, facendo cadere il martelletto sul diapason da un’altezza fissa. Anche qui è necessaria un’elettrocalamita, che si fa agire dalla stanza ove si fa l’esame audiometrico; ma l’elettrocalamita ora serve solo a liberare il martello, e un dispositivo semplice quanto ingegnoso serve a impedire le percussioni di rimbalzo. L’unico svantaggio del metodo è la necessità che il martelletto sia volta per volta risollevato da un assistente: però la manovra è così semplice che può benissimo esser affidata a qualsiasi inserviente”.

Nel 1934 – a otto anni dalla morte di Gradenigo e a diciotto dalla costruzione di tale acumetro – Stefanini, dopo aver ricordato il suo vecchio acumetro telefonico, i cui colpi erano più o meno forti a seconda della corrente, aggiunge (p. 215 del Manuale di Gradenigo e Stefanini):

“In un modello più recente di questa disposizione il martelletto è portato dal braccio lungo (elastico) di una leva, il cui braccio corto può appoggiarsi contro l’ancora di un’elettrocalamita. Quando l’ancora è attratta, la leva resta libera e il martello dà un colpo sul diapason, che è sempre della stessa intensità perché il martello cade sempre dalla medesima altezza. Per impedire che il martello ritorni, dopo il rimbalzo, a colpire il diapason, il filo metallico elastico cui è fissato il martello, incontra, prima che il martello tocchi il diapason, un cilindretto fisso al sostegno del diapason. Così il filo s’inflette al di là dell’ostacolo e il martello arriva a battere il diapason, per la forza viva che ha acquistato cadendo dalla sua massima altezza; ma dopo il rimbalzo resta appoggiato sull’ostacolo e non tocca il diapason. Basta un inserviente per risollevare il martello…”

 

Intervento di Trombetta (17.1.05):

Egregio Dottor Gaeta, ricevo sempre con gioia e sorpresa le sue e-mail. La ringrazio.    […]

Con viva cordialità. Carlo Trombetta

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