104 – SOS da Poggibonsi

         

 

Prima dell’unità d’Italia nella nostra penisola esistevano ben otto amministrazioni telegrafiche (Regno delle due Sicilie, Lombardo Veneto, Stato Pontificio, Stati Sardi, Ducato di Parma, ecc.) e i sistemi adottati erano disparati (il Wheatstone, il Breguet, il Morse, l’Henley, il Brett). La prima e più attiva, grazie all’impulso di Carlo Matteucci (vedi Morse News 101), fu quella del Granducato di Toscana e la cartina, tratta dal primo manuale di telegrafia del Matteucci (quello del 1851), ne riproduce la rete (in buona parte coincidente con la ferrovia Leopolda).

Nella tratta Poggibonsi-Siena c’erano, come si vede dallo schema, due fili telegrafici: uno per i normali collegamenti e per i “Dispacci di Governo e di Strada ferrata”, funzionante con i telegrafi a quadrante francesi (un cenno in AG 12, cap. 2), e più esattamente con ricevitori Breguet e trasmettitori o manipolatori probabilmente fabbricati dall’artigiano Mariano Pierucci, meccanico di fiducia del Matteucci; e l’altro di tipo “speciale” – e, presumo, sperimentale – finalizzato alla sicurezza della ferrovia.

Questo filo telegrafico era “a circuito chiuso” o “a corrente continua”, nel senso che la corrente vi scorreva in continuazione, e più esattamente “da un’ora prima a un’ora dopo” la circolazione dei treni. Intervallati in quella breve tratta ferroviaria c’erano cinque guardiole o “casotti” (dei casellanti, cantonieri, guardialinee) che il Matteucci elenca con scrupolo (galleria Monte Arioso, viadotto Staggia, strada Busona, Balze di Lecchi, Piccolo Sotterraneo). In ogni casotto si trovava un commutatore particolare (molto probabilmente anch’esso di fabbricazione Pierucci), gelosamente custodito (sotto chiave) dal rispettivo guardialinea, e i cinque commutatori erano tutti collegati in serie col filo telegrafico “speciale”.

Questi commutatori, che si azionavano come “catenacci” (p. 206), servivano non solo per segnali ordinari ad ogni passaggio del treno, ma anche per “segnali straordinari” nel caso di “guasti di strada” (frane, avvallamenti, ecc.) o “guasti di locomotiva”. Furono quindi antesignani delle moderne colonnine SOS.

Questo tipo di telegrafia a circuito chiuso era tipico delle reti ferroviarie americane (landline) e tra i molti vantaggi (semplicità, affidabilità, economia, ecc.) aveva soprattutto quello dell’uso d’emergenza. Nel caso di incidenti ferroviari il capotreno, tagliato il filo telegrafico, ne “manipolava” le estremità (magari servendosi di una Colt, come in un famoso western di cui non ricordo il titolo…) per segnalare il guasto e chiedere soccorso.

(Ho da poco iniziato delle ricerche sul “commutatore Pierucci”, che mi intriga non poco, ma ancora senza esito. Ringrazio anticipatamente chi potrà e vorrà aiutarmi).

 

Intervento di Gaeta (19.1.05):

Un manipolatore Pierucci è conservato al Museo Storico della Posta di Roma. Inserisco il dettaglio con la targhetta del costruttore tratto dalla splendida immagine pubblicata nel libro illustrato “Il museo della posta”, a cura di Cesare Della Pietà. Franco Maria Ricci, Milano 1988.

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