RE
12 – I saliscendi di Reuleaux (8.10.2011)
Una prima miglioria del saliscendi della News
precedente consiste nell’eliminare la
cordicella e fare in modo che la leva venga alzata, alla
chiusura della porta, dal profilo triangolare a “cuneo” del “nasello”,
sfruttando cioè le proprietà del “piano inclinato” (scomposizione delle forze). L’apertura della porta, in tal caso, si
fa con un pomello a “galletto”,
solidale al perno della leva saliscendi (“maniglia”)
o sfilabile a innesto (“chiave” - come quella, per capirci, con cui un tempo
si caricavano i giocattoli a molla).
Una modifica più praticata consiste nel far diventare “orizzontale” il saliscendi, utilizzando
una molla per svincolarsi dalla forza di gravità, e “incorporando”, per così dire, il cuneo del nasello nell’asta che
deve assicurare la chiusura. Per esplicitare questo
apparentemente arzigogolato concetto non servono né figure né fotografie, basta
fissare l’attenzione sul notissimo “scivolo” (anch’esso un piano inclinato) di tutte
le moderne serrature. Gli usci delle nostre case, infatti, si chiudono sì a scatto, ma
sempre “tirando la porta” (non con corde o catenelle, ma con qualche
altro appiglio), cioè proprio come alludeva la mamma di Giufà (vedi RE 11). Questa operazione costituisce un automatismo perché il
predetto “scivolo”, man mano che la
porta si accosta all’anta o “battente”,
si “incunea”, per così dire, tra
serratura e telaio, caricando o “armando”
la molla di cui sopra (che quindi
“lavora” in compressione). Appena la porta arriva al suo “fine corsa” (possibilmente senza “sbattere”!) lo scivolo trova un vano (il “fermo”) nel quale la molla lo
inserisce di scatto: la porta è chiusa.
Da questi concetti elementari partono non solo gli approfonditi
e appassionanti studi su chiavi, serrature, ingegni, congegni, forzieri e
grimaldelli dell’Enciclopedia Reuleaux (Vol. VI - 2, pag. 43 ÷ 82 – vedi RE 15), ma soprattutto le quasi 100 pagine del capitolo XVIII del citato
Konstrukteur
(la quarta edizione, si badi) in cui,
anche se può apparire strano, i movimenti di apertura-chiusura (push-pull) di una porta, con o senza “scivoli” (di varie fogge), vengono assimilati e
studiati come scappamenti di orologi o torchi idraulici! L’esposizione è
chiarissima e senza formulacce di matematica
superiore (o “sublime”, come si diceva un
tempo), l’unico vero problema per apprezzare Reuleaux nel suo immenso valore è la terminologia tecnica, ostica,
almeno per chi scrive, quasi quanto il latino, con la differenza basilare,
però, che il latino è una lingua morta e nessuno può darci la sicurezza di un
vocabolo usato da un dato autore e in una data epoca, mentre il tedesco di 150 anni fa, anche se si è certamente
evoluto – la lingua vive, insegnava Lucidi –,
continua ad essere vivo e vegeto, per cui si avrebbero
tutti gli strumenti per penetrare i “segreti”
della lingua di Reuleaux.
Tra l’infinità di arpionismi, scappamenti, saliscendi, nottole e
nottolini (Gesperre, Ratchets, Detentes) del capitolo citato c’è il cinematismo (a sinistra), che è lo sportelletto di
una vecchia cucina a carbonella (vedi
foto al centro, cortesia di Carlo Porfili) e
quella specie di rocchetto di bicicletta (a
destra), che molto opportunamente Moon
ha scelto come simbolo de “L’altro
Leonardo” (vedi RE 1) e sul quale certamente
dovremo tornare, quando e se avremo ali sufficienti.