32 – L’effetto Canepari

 

  

 

In queste Morse News, come del resto nelle precedenti Bitnick News, vi sono anche lettere aperte e appelli rispettivamente per le mie ricerche e per la mia invenzione. Esistono però altre lettere private, ugualmente importanti, tasselli indispensabili per una futura ricostruzione dell’evoluzione delle mie ricerche e vicende.

Mi riferisco, in particolare, alla lettera “semiaperta” del 11 ottobre 2003 a G. Gamaleri, T. De Mauro, F. Alberoni, F. Di Trocchio, C. Freccero, R. Luccio; a un paio di lettere private a M. Morcellini; e alla recente lettera (del 25 maggio 2004, con oggetto “Ombra e velo”) indirizzata a T. De Mauro e a sei altri linguisti di chiara fama: W. Belardi, U. Eco, L. Canepari, G. Lepschy, D. Gambarara e P.M. Bertinetto.

Da quest’ultima, che per delicatezza preferisco non pubblicare nella sua integrità, riporto i seguenti cenni:

la vertenza giudiziaria con De Mauro, com’era auspicabile e prevedibile, si è sgonfiata, anzi è abortita prima di nascere. Con De Mauro ci siamo chiariti e le nostre strade proseguono nel reciproco rispetto;

il sottoscritto, tuttavia, permane emarginato e “scomunicato” dal mondo accademico, per un generalizzato “effetto Canepari”, cioè il pre-giudizio gratuito basato solo su una infelice (e sfocata!) copertina;

è ipotizzabile un’altrettanto generalizzata “eresia Bertinetto”, basata non tanto sull’accoglienza fredda se non ostile del professor Bertinetto ai miei frammenti inediti di Lucidi (il De Saussure italiano!), ma sulle sue testuali parole che “andando a frugare nei cassetti di Lucidi io gli avevo reso un pessimo servizio”.

In questa lettera si fa infine riferimento alla tormentata vicenda del mio lavoro incompiuto sulla Meccanica Grafica (AG 11) e al suo auspicabile completamento, magari col nuovo titolo di “L’ombra e il velo”.

L’immagine di questa News si riferisce alle importantissime ricerche sperimentali di meccanica grafica di  F. Vignini, relative ai “percorsi aerei” e agli “stacchi” di penna durante la manoscrittura, fenomeni che hanno il loro corrispettivo anche in quella “scrittura sui generis” costituita dalla manipolazione del tasto telegrafico. In realtà, come anticipato nella News 33, col tasto più che scrivere si “parla”, e può essere illuminante, a questo proposito, un episodio raccontatomi dall’amico Urbano.

Durante un diverbio radiotelegrafico, mentre era in navigazione chissà dove, ebbe a lamentarsi col suo corrispondente (che per disturbi atmosferici lo sentiva malissimo) che a forza di battere sul tasto gli aveva fatto “slogare” il polso. L’analogia – anche anagrammatica! – con “sgolare” non è perfetta?

 

Intervento di Bertinetto (31.5.04)

Gent. prof. Andrea Gaeta,

circa la citazione che lei fa a mio riguardo,

 

è ipotizzabile un'altrettanto generalizzata "eresia Bertinetto", basata non tanto sull'accoglienza fredda se non ostile del professor Bertinetto ai miei frammenti inediti di Lucidi (il De Saussure italiano!), ma sulle sue testuali parole che "andando a frugare nei cassetti di Lucidi io gli avevo reso un pessimo servizio".

 

vorrei precisare quanto segue:

Non comprendo a cosa lei si riferisca quando parla di "eresia". Mi sembra una gratuita interpretazione dei fatti, di cui lascio a lei tutta la responsabilità ermeneutica.

Le confermo invece ciò che le dissi telefonicamente nei mesi scorsi. Ritengo che pubblicare foglietti di appunti di uno studioso scomparso sia, nella maggior parte dei casi, un'operazione illegittima. Ciascuno di noi si appunta osservazioni estemporanee, spunti da sviluppare, idee frammentarie in attesa di compiuta elaborazione. Non di rado, tali spunti vengono poi del tutto abbandonati, perché il nostro pensiero si consolida in tutt'altra direzione. Mi pare quindi giusto che tali foglietti restino inediti, dato che nulla aggiungono alla figura di uno studioso che abbia avuto tempo e modo, in vita, di pubblicare i risultati del proprio lavoro.

In tal senso, continuo a ritenere che lei non abbia reso un buon servizio alla memoria di Lucidi pubblicando alcuni esempi di tali appunti, dai quali non si ricava un senso chiaro e compiuto. Lucidi stesso, ne sono convinto, non ha certo bisogno di questo per farsi ricordare, ed anzi penso che non sarebbe stato d'accordo.

Questa comunque è la mia opinione, che lei considera eretica.

D'ora in poi, se lei desidera citarla, la pregherei di riferirla con esattezza, citando per esteso il passo precedente.

Se posso infine esprimere un sommesso desiderio, le sarei grato se volesse cancellarmi dalla lista di destinatari dei suoi comunicati. Il ritmo si è fatto da ultimo veramente martellante, e non credo di poter dedicare alla lettura dei medesimi il tempo che essi meriterebbero.

Cordiali saluti dal suo

Pier Marco Bertinetto

 

Intervento di Gaeta (31.5.04)

Le sue osservazioni, caro Bertinetto, in linea di massima, sono condivisibili. Però nel caso in ispecie, a mio sommesso parere, non valgono perché di Mario Lucidi sono preziose anche le virgole, e gli stessi pensieri provvisori o i ripensamenti possono gettare qualche luce, anche fioca, su colui che De Mauro ebbe a definire il “De Saussure italiano”. Spero di aver interpretato il Suo desiderio pubblicando quanto sopra.

Non si preoccupi del tempo che non potrà dedicare ai miei lavori. A me basta, o meglio preme, informare Lei e gli amici studiosi almeno della loro esistenza. Non cancellerò quindi il Suo nominativo: sarà quindi solo “suo danno”, per citare Lepschy, sei Lei preferirà ignorarmi o cestinarmi.

Cordialmente. Andrea Gaeta

 

Intervento di Trivulzio (2.6.04)

Indubbiamente molti sono i sapienti che fanno ridere con astruse definizioni. Forse anche quella dei percorsi aerei è una definizione particolare, ma non si tratta di una definizione che si riferisca soltanto o particolarmente ai segni stenografici. Infatti i 'percorsi aerei' sono tipici di tutte le scritture manuali, si tratta cioè, in parole più semplici, di quei tratti in cui il mezzo di scrittura non poggia sulla carta e che ovviamente hanno anche loro un tempo di tracciamento, l'esempio più evidente è lo stacco tra una parola ed un'altra. Vignini e dopo di lui Innocenzi sono quelli che hanno fatto indagini sui tempi di tracciamento che sono rimaste poco utilizzate finora ma che costituiscono le pietre nelle quali si cela ancora il mistero stenografico perchè sono un po' come la definizione del calabrone che in base alle leggi fisiche non dovrebbe volare, ma fortunatamente il calabrone non le conosce e lui vola lo stesso. Ed è quello che fanno gli stenografi.

 

Postilla del 11.6.04: vedi anche la News 36 (effetto Ronchi).

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