ME 23 – La terra equivalente
(4.2.2007)
Non appena Steinheil,
nel 1837, stabilì un collegamento
telegrafico tra Monaco e Bogenhausen rimpiazzando il filo di ritorno con la terra, cioè con
un circuito analogo a quello della MO 102 (tra
Milano e Brescia), alcuni inventori di telegrafi elettrici – Bain, Cooke e altri – ebbero a
recriminare che l’uso della “terra”
risaliva a Giovanni Aldini, il
celebre nipote dell’ancora più celebre Galvani,
che l’aveva descritto nel 1803 nel
suo libro Essai théorique et expérimental
sur le Galvanisme (consultabile
su Gallica – l’incisione è tratta dal secondo volume).
L’esperimento di Aldini era di matrice elettrostatica e quindi a rigore non si
poteva parlare né di telegrafia, né di elettrodinamica: si trattava
semplicemente della solita boccia di Leyda
scaricata attraverso un conduttore teso nel porto di Calais (vedi immagine),
per uccidere qualche pollo, accendere dell’etere o far sobbalzare un cadavere,
con meraviglia e diletto degli astanti. Sia nella “stazione trasmittente” che in quella “ricevente” c’era, come si vede dall’incisione, un filo che pescava
nell’acqua, ma con tutta evidenza si trattava di una terra “elettrostatica”, e non di una terra “equivalente” al conduttore di ritorno.
Come è noto l’interposizione della terra in un
circuito elettrodinamico giovò molto alla telegrafia, ma ben poco al progresso
della scienza elettrica, che rimase, e credo tuttora rimanga, incerta in ordine
all’interpretazione dell’incontestabile fenomeno naturale. Le ricerche, per
esempio, del Matteucci alle Cascine di Pisa, del Magrini lungo
la ferrovia Milano-Monza o del Breguet sulla Parigi-Rouen non riuscirono a sciogliere il nodo se la terra sia un
serbatoio o un conduttore di elettricità. Nel
primo caso sarebbe un immenso pozzo senza fondo che dalle piastre sepolte (dispersori di terra) riceve il fluido
elettrico, “dissimulandolo” prima e
indi reimmettendolo, in qualche modo, a guisa di sorgente perenne; nel secondo
caso, quello più accreditato e più comodo o “maneggevole” per il linguaggio tecnico, la terra sarebbe un
conduttore che compensa la notoria scarsa conducibilità del terreno con una
sezione per così dire “infinita”.
Aggiungo, per dovere di cronaca, che alcuni fisici, tra cui il nostro Alessandro Palagi, videro un po’ più lontano, ipotizzando che la terra fosse
essa stessa una pila.
All’inizio del 2005, nella LU 5,
ho accennato ad una mia interpretazione del fenomeno (che credo possa essere suffragata dalle teorie del Melloni), che
non ha suscitato, né suscita una qualsivoglia reazione. Questo inspiegabile e
totale disinteresse, si badi attentamente, non è immaginario, ma è
scientificamente provato dalle statistiche di visite, letture, ecc. (contatori ShinyStat).