60 – Capire l’acca

 

 

Carlo, tu  hai  l’auto:  fai  benzina e  vai  ai  monti!

 

 

Oggi, alla Fondazione Bordoni, sono andato a trovare Andrea Paoloni, che conosco da vecchia data, per pregarlo di una “raccomandazione” a qualcuno della Rai per il mio Bitnick “incompreso”. Il professore non ha potuto favorirmi perché in merito la pensa, più o meno, come Cimino (vedi Bitnick News 76).

Il colloquio però, oltre che cordiale, è stato proficuo per altre cose. Poiché Paoloni si occupa anche di fonetica e riconoscimento vocale gli ho descritto alcuni degli esperimenti lucidiani, ormai noti ai miei lettori, e cioè quello del numero “gettato” con le dita, tipo morra, e quello del “turno”. Non trovando ascolto ho provato con un altro esempio estemporaneo e più “facile”, quanto meno da descrivere.

Un sofisticato programma di riconoscimento vocale è ormai in grado di riconoscere il parlato quasi senza errori, ma “aiutandosi” con le regole grammaticali, ortografiche, sintattiche, ecc. della lingua. Secondo Paoloni, un tale programma riconoscerebbe esattamente anche la frase in testa a questa News, ma se da tale “stringa” si estraessero solo i due spezzoni hai e ai e si ripetesse il riconoscimento il computer non potrebbe assolutamente discriminare il verbo dalla preposizione, perchè non “sentendo” la consonante muta non “capisce” l’acca (o, a voler essere maligni: un’acca!).

Non posso che concordare con Paoloni, ma ripeto con forza che il cervello di Mario Lucidi sarebbe stato in grado di fare questa discriminazione interdetta, allo stato attuale della tecnica, ai nostri computer. E aggiungo, se possibile con più forza ancora, che solo una persona potrebbe – anzi: dovrebbe – non scandalizzarsi delle mie perentorie o vaneggianti affermazioni: Tullio De Mauro.

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