GV
10 – La pila tellurica (6.5.2008)
Tra le “pepite”
da me scoperte, dieci anni fa, scartabellando nella biblioteca del ministero PT
(vedi BE 45)
c’è lo studio di Alessandro Palagi (1811 – 1889) “Sull’azione che esercita la terra quando fa parte di un circuito
elettrico” (Bologna, 1864).
Dopo una rassegna di cinquant’anni di tentativi
per trasmettere la parola a distanza utilizzando l’elettricità ordinaria, cioè
quella prodotta dagli apparecchi elettrostatici tipo quelli di Beccaria (vedi BE 31), tutti falliti a causa dell’intrinseca
natura dell’elettrico allo stato di “tensione”,
l’autore prosegue così:
“Mezzo
secolo pertanto d’infruttuose ricerche, di sperimenti fallaci doveva alla per
fine indurre la persuasione nelle menti dei dotti, esser lusinghiera [illusoria,
n. d. c.] la speranza di far servire l’elettricità statica alla telegrafica
corrispondenza. E già gli animi piegavano alla prepotente natura; perocchè
l’elettrico in quello stato è troppo incostante in suo modo di procedere;
troppo variabile ne’ fenomeni che produce; troppo ignoti sono i rapporti a lui
naturali con la multiforme materia; troppo imbarazzanti le maniere di
svolgimento di esso fluido, pronto ognora, per molteplici cagioni, a deviar di
cammino, pressoché poi impossibile di governarlo
a proprio talento.
Era serbata
al nostro Galvani la gloria di aprire
il primo la via ad un campo immenso di utili ricerche e di maravigliosi
fenomeni, dei quali tanto entusiasmare si doveva e nobilitarsi l’età nostra: e veramente è tutta sua la gloria di avere porta occasione
alla scoperta dell’elettrico in istato dinamico.
Sorgeva di
fatto l’aurora del secolo XIX quando Alessandro Volta, guidato da uno spirito profondo e sagace, nello studiare le dottrine
del Galvani venne condotto alla
costruzione della pila, la cui mercè il fluido elettrico, generantesi perennemente, può varcare, serbate
certe condizioni, spazi estesissimi senza sviarsi, senza disperdersi durante il
cammino. L’azione quindi di questo nuovo e mirabile strumento, il più possente
che abbia giammai immaginato mente d’uomo, rianimò in qualche guisa le
derelitte speranze di una pratica applicazione dell’elettrico alla telegrafia”.
Tuttavia – è costretto ad ammettere Palagi – per rendere praticabile la
telegrafia elettrica ci sono voluti almeno altri venti anni, e soprattutto la
scoperta di Oersted (vedi ME 6).
In realtà il passaggio dall’elettrostatica
all’elettrodinamica è stato sì lentissimo e sfumato, ma è iniziato col fluido
animale di Galvani e non con la pila
di Volta, come comunemente si crede. Anzi, oso dire, l’eccesso
di prestigio di Volta, facendo velo a
innumerevoli scienziati di vaglia, a cominciare ovviamente da Beccaria e Galvani, ha costituito una zavorra che ha ostacolato e rallentato
lo sviluppo della scienza elettrica. Le prove di tale mia arditissima asserzione si
trovano, oltre a quanto già emerso e a quanto emergerà nelle Galvani News, proseguendo la lettura del
saggio da cui abbiamo preso le mosse.
Il Palagi,
valentissimo sperimentatore, riuscì a trasmettere su una delle prime linee
telegrafiche, la Parigi – Rouen, di
Il sistema funzionava, anche se in modo del tutto
impraticabile, grazie a spontanee, perpetue ed arcane “correnti telluriche”, in tutto e per tutto, per esplicita
ammissione del Palagi (p. 11), si badi bene, identiche ad una
vera pila voltaica!
Vai a GALVANI
NEWS