RE
16 – I “grilletti” di Reuleaux (26.10.2011)
Il solo “clic” che
abbiamo incontrato nella RE 12 era prodotto dalla molla della
serratura (peraltro l’unica e con l’ufficio di “saliscendi orizzontale”)
quando, dopo essersi caricata automaticamente, si “rilassa” di botto e “chiude”
la porta infilando lo scivolo (“cuneo
rettangolare”) nel vano “coniugato”
ossia destinato a riceverlo (vedi foto a destra).
L’“apertura” della
porta, accennata in RE 14,
avviene invece senza nessun “clic”
perché, cinematicamente (nel senso di Reuleaux, si badi), è l’effetto non di uno “scatto” istantaneo, ma della ricarica “lenta” e, soprattutto, “forzata” della molla di cui sopra.
Questo “riarmo” che, come detto,
richiede un certo “tempo” ed una certa “forza”,
libera sì lo scivolo dalla sua “prigione”,
ma solo per il tempo in cui la molla resta carica e quindi, se si vuole che la
porta rimanga aperta, o per meglio dire “libera
di essere aperta” (spingendo
dall’esterno o tirando dall’interno), tale molla deve essere munita di un arpioncino o “nottolino
di arresto” che la tenga compressa.
Nelle serrature elementari descritte finora tale complicazione
tuttavia non è necessaria: un’energica tirata di “lazzu” (vedi RE 14) è
sufficiente non solo ad aprire ma anche a lasciare aperta la porta, perché con
un accorto posizionamento delle pulegge di “rinvio”
(Leitung)
si può fare in modo che la forza veicolata dal cordone si “scomponga” (procedimento
duale al cuneo o piano inclinato
descritto in RE 11 e RE 12) in due componenti, si badi, “sequenziali”: tale
forza prima fa rientrare lo scivolo sino al suo “finecorsa” e indi fa ruotare di qualche centimetro verso l’interno
il portone, in modo che al rilascio del “lazzu” la molla si distenda e lo
scivolo nel fuoriuscire non richiuda la porta. Potrei fornire qualche disegno (o filmato) e tentare di spiegarmi meglio
ma sono certo che gli addetti ai lavori e soprattutto chi ha visto in funzione
questi “cinematismi” (i termitani anziani, i francesi coi loro “cordons”, i bolognesi
col loro “Tiro” scritto ancor oggi sulle targhette degli apriporta, o chi è
stato a casa dell’illustre prof. Sergio Collatina, in una cui scala interna
campeggia un bellissimo ed egregiamente funzionante “lazzu”)
non ne avranno bisogno.
Ma come
funziona una moderna serratura elettromeccanica come la CISA qui raffigurata? I
principi fisici sono quelli elementari di sempre, il vero progresso è invece
costituito dalle infinite soluzioni “tecniche”
escogitate e brevettate da schiere di inventori (più o meno riconosciuti e più o meno
defraudati del frutto del loro lavoro).
Senza entrare in dettagli basterà far notare che lo scivolo è
sdoppiato in due parti: quella esterna, a cui
corrisponde la solita molla ben visibile nella foto e che, “scaricata”,
tiene chiusa la porta; e quella interna per caricare e mantenere “caricata”
un’altra molla (più robusta e appena
visibile, nella foto a sinistra, dalla guida del suo telaietto). Per aprire
la porta si deve sganciare questa seconda molla azionando il “grilletto” sulla sinistra: con un elettromagnete
(comando a distanza che, volendo, si può
immaginare come una “elettromolla” – vedi MA 14), con la chiave esterna o con
un pulsante meccanico interno (nella foto
ho simulato l’azionamento di tale grilletto tenendo con un filo provvisorio
l’“armatura” sull’elettromagnete). La grossa ruota visibile nella foto di
destra serve invece per dare automaticamente (allo scivolo centrale) la piccola spinta
necessaria, come già detto, per “socchiudere”
la porta.
Queste considerazioni non sono “semplici” dettagli, ma esemplificazioni utili, e forse
indispensabili, per addentrarci nel mondo dei “clic” (Gesperre, Ratchet, ecc.)
di Reuleaux o, se mi è concesso, per elevare a “Scienza” la “Tecnica”.