PO 7 – L’acqua di Pace (26.10.2010)
Uno dei testi che mi hanno
fatto innamorare – ahimè, in età
avanzata! – di acque e acquedotti è stato uno splendido libro che ho
scoperto un paio di anni fa, quasi per caso, in una scansia della Biblioteca
Nazionale di Roma. A differenza dei consueti libri di matrice archeologica,
come per esempio quello di O. Belvedere
sull’acquedotto Cornelio di Termini Imerese che ormai conosciamo benissimo (vedi AG 28 e
AG 29,
passim), “Gli Acquedotti di Roma” di P.
Pace (opera credo recentemente giunta
alla terza edizione) mi colpì principalmente per due motivi: il taglio
ingegneristico e la dedica a Silvio
Berlusconi. Non era scritto, con tutta evidenza, né da un esponente della
nostra squallida, imperante e
“prevaricante” cultura di sinistra né, stranamente, da un idraulico di
professione.
Pur abitando a Roma e pur
passando quasi ogni giorno per Porta Maggiore (il principale ingresso e il crocevia degli antichi acquedotti romani)
solo grazie a Pace (e agli autori da lui citati, a cominciare da
Frontino e a finire dal Di Fenizio, un altro
“innamorato” di idraulica archeologica) ho “visto” targhe e condotti (spesso
sovrapposti) delle antiche acque Claudia,
Marcia, Tepula, ecc. e, soprattutto, ho approfondito le mie conoscenze su
fistole e sifoni.
Sembra però che i soli sifoni
conosciuti e studiati da archeologi e ingegneri, Pace compreso, siano quelli cosiddetti “rovesci” (quelli a forma di U), imparentati a vasi comunicanti e
castelli idraulici (vedi immagine,
cortesia dell’autore), mentre i sifoni “diritti”
(quelli a forma di ∩) sono dati per scontati.
Spero che l’“effetto Petreni”
(crasi per mnemonicizzare
i nomi di Petronio e di Poleni), che costituisce il leit-motiv di quest’ultima mia
serie di News, possa contribuire ad un cambiamento
di rotta, richiamando su questa subdola anomalia scientifica l’attenzione degli
studiosi autentici (di destra o di
sinistra che siano, vedi ME 3).