PO 5 – I sifoni di S.
Callisto (10.10.2010)
Prima che le mie ricerche
storiche mi portassero al '600 (curiosamente a ritroso nel tempo: Lucidi →
Buccola → Morse → Melloni → Beccaria → Poleni...)
ritenevo, come presumo tutti gli italiani di cultura media, che Galilei, l’eretico per antonomasia,
fosse, o fosse stato, in rotta con la Chiesa. Oggi, lo confesso candidamente,
non so quali fossero i suoi “veri”
nemici (rispondere “gli aristotelici” può
forse appagare storici e filosofi, non certo tecnici come chi scrive), ma
di certo non erano le alte sfere ecclesiastiche (cardinali e papi), presso le quali egli era introdottissimo.
E i “luogotenenti” di Galilei a Roma erano uomini di pari
potere, come Benedetto Castelli e il
segretario di questi Evangelista
Torricelli, che risiedevano nel palazzo apostolico di S. Callisto, una “dependance”, per così dire, del Vaticano
(vedi CA 28).
Castelli, matematico di vaglia, si scervellava (o “ghiribizzava”, come ebbe a confidare in
una famosa lettera al suo maestro Galilei) sui gravi problemi di idraulica
(inondazioni, bonifiche, fortificazioni
di argini, diversioni di fiumi, ecc.) che affliggevano i territori della
Chiesa e nel 1628 pubblicò la
celeberrima “Della misura dell’acque
correnti”, opera considerata il primo trattato scientifico di idraulica e
al centro – ancor oggi, dopo quattro
secoli! – se non della ricerca scientifica, di certo dei dibattiti degli
storici.
Quest’opera tuttavia non è
stata esente da critiche, ad esempio le ricorrenti accuse di plagio degli
scritti di Leonardo (ad alcuni dei quali, custoditi dai Barberini, Castelli aveva o poteva avere facile accesso)
e quelle più tecniche – e spesso, per motivi
comprensibili, più “in sordina” – sul merito di alcune sue deboli
argomentazioni, come quella, celebre, del “qual
si sia la cagione” della diversità di efflusso delle cannelle di una botte
(vedi PO 2).
A tali critiche Castelli rispose, s’intende
indirettamente, con una “dichiarazione”
esplicativa (analogia tra corde d’acqua e
trafilature dei metalli) inserita tra le righe (pag. 5) della seconda edizione (1639)
del libro e con una lettera, dello stesso anno, a Mons.
Ferrante Cesarini (favola della pezza senza fine di damasco che
esce dalla spelonca).
Il pezzo forte però con cui Castelli tentò di rintuzzare le critiche
fu un modellino idraulico che fece installare bene in vista nell’androne
d’ingresso del S. Callisto, dove c’era un via vai di prelati, nobiluomini,
nobildonne, scienziati (come Raffaello Maggiotti e Antonio Nardi), ingegneri (come G. B. Barattieri e P. Petronio),
ecc.
Le prime descrizioni e i primi
schizzi (vedi disegni a sinistra) di
questa (presunta) meravigliosa
macchina idraulica, per quanto allo stato mi risulta, stranamente apparvero
solo circa venti anni dopo la morte di Castelli,
nella terza edizione (1660, pag. 95)
del suo libro e nell’“Architettura
d’acque” di G. B. Barattieri (1663, pag.64).
Come si evince dalla mia
ricostruzione (foto a destra) si
trattava di una serie di “canne pendenti”
o sifoni posti sull’orlo dell’“intestatura”
(diga) di un canale (con l’acqua mantenuta sempre allo stesso
livello), le cui uscite confluivano in un altro canale leggermente
inclinato. Con questa prova “dilettevole
ed economica” Castelli avrebbe
dovuto mostrare (o svelare) chissà
quale “segreto” della legge di
continuità idraulica (principio che,
com’è noto, è stato via via attribuito ad Archimede, Erone, Leonardo e allo
stesso Castelli), corroborando anche la “dimostrazione” (rimasta
manoscritta e forse incompleta) – o
più semplicemente il “paralogismo” – della ben nota (agli storici della scienza) sua “seconda proposizione del secondo libro”.
Di fatto i sifoni di S.
Callisto mostrano una “regola aurea”
abbastanza ovvia, cioè che l’aumento di livello dell’acqua, in ogni punto del
canale di raccolta, non è linearmente proporzionale alla quantità d’acqua
immessa, ma è molto inferiore perché, per legge di natura, una maggiore massa
idrica comporta una maggiore velocità. Con i miei esperimenti ho verificato che
se con un sifone l’altezza (viva)
dell’acqua è 3 mm, con quattro sifoni
non è 12 mm come ci si potrebbe aspettare,
ma solo 6 mm. Se le canne fossero
addirittura 100, quanto pare fossero
a S. Callisto, l’effetto sarebbe forse più spettacolare (il livello aumenterebbe non di 100 volte, ma soltanto di 10 volte),
ma senza nulla di trascendente.