CA
26 – Il “moto misto” dell’acqua (14.5.2010)
“Oltre il moto
semplice dell’acqua se ne dà un altro, cioè il moto misto; e
quanto questo sia necessario da considerarsi, per iscoprire
le proprietà del moto dell’acqua nei fiumi, nelle lagune e nei porti, conoscerallo certamente ciascheduno
che farà riflesso che nei fiumi, nelle lagune e nei porti una gran copia
d’acqua scorre con questo medesimo moto misto: e se al vero mi appongo, o
vantaggioso esser dee il conoscere la natura di tal moto, o non v’ha cognizione
di moto alcuno dell’acqua, che sia vantaggioso. Anzi, se alcuno mediterà questo
punto seriamente, potrà forse venire in opinione che non solo questo moto debba essere attentamente considerato, ma che la
considerazione del medesimo si debba fare per coadiuvare le considerazioni
delle altre sorte di moti di acque. E questo moto
misto è quello, la natura del quale mi sono io
proposto di spiegare in questi due libri. Se ciò sia per riuscirmi felicemente
o no, io non lo so: so bene questo, ch’io esporrò con
tutta fedeltà quelle osservazioni che ho
fatte; quelle verità, che ho creduto di poter legittimamente dedurre dalle
osservazioni medesime; e di più ciò che mi parve come suggerito, e mostrato da
un buon uso della ragione, e quelle cose tutte, ch’io potei imparare, o interrogandone
uomini pratici, o facendone pratica da per me stesso. Per altro
confesso di mettermi ad un’impresa di molto rischio,
sì perché tutte le cose miste di cose dissimili portano seco molte difficoltà,
sì perché, non essendo mai (per quanto io sappia) stata fatta parola di questo
moto misto da alcuno di quelli che trattarono della dottrina delle acqua
correnti, non è leggiera difficoltà neppure quella, che nasce dalla novità
della cosa. Spero però che i leggitori cortesi avendo riguardo
alle cose or ora dette, vorranno prendere in buona parte le mie fatiche”.
Questo
brano è l’incipit de “Il moto misto
dell’acqua”, il primo (l’altro è il
De Castellis) dei due fondamentali e ignorati (nel merito) libri di idraulica del
marchese Giovanni Poleni (vedi CA 15),
scienziato più grande di Galilei. Fu scritto in latino nel 1717, ma Poleni fece in tempo a volgarizzarlo in italiano (ampliandolo in molti punti), per cui le
varie edizioni postume (molte
integralmente in rete), apparse a iniziare dal 1767, si possono considerare licenziate dall’autore.
Essendomi
imbattuto, per così dire da “profano”
(anche se fisico, non mi ero mai occupato
di idraulica!), nei libri di Poleni, ne sono rimasto affascinato, non solo per i concetti
innovativi o desueti, ma anche per i metodi rigorosi sì, ma al contempo chiari
o addirittura “spicci” (vedi frasi evidenziate), che si confanno
con la mia forma mentis.
Pur
essendo consapevole, come del resto lo era lo stesso
autore, delle enormi difficoltà e dei “rischi”
della sua dottrina, in queste News
proverò a condividere quel poco che credo di avere compreso. Di una cosa però
sono certo: se fossero i giovani a studiarlo, seriamente e senza “pregiudizi scolastici”, i frutti sarebbero
ben altri.
Il
frontespizio qui riportato raffigura un “vaso
contenente acqua gorgogliante circondato da carnose foglie d’acanto e racchiuso
in una cartella intrecciata con rami di lauro” (A. Palmeri Delneri, Atti della Giornata di Studi, Padova
15 marzo 1986, su Giovanni Poleni
Idraulico, Matematico, Architetto, Filologo - titoli tutti dal Nostro meritatissimi), ed
è un’incisione dello stesso Poleni,
come si evince dalla sigla G. P. in
basso a sinistra.
Ebbene,
iniziamo ad esaminare e “sfrondare” (letteralmente, a
destra) questo simbolo del “moto
misto” dell’acqua.