3. Il batti-grano di Walsh

“L’era della telegrafia passò prima che venissero disponibili i moderni mezzi di indagine su nervi e muscoli”. Con queste parole profetiche si chiude un prezioso articolo di E. Geoffrey Walsh (Fig. 11) sul crampo del telegrafista, lavoro che si può leggere in rete nella Newsletter of Morse 2000 (Vol. 4) dell’University of Visconsin.

 

                

Fig. 10                   Fig. 11                     Fig. 12

 

Walsh, scomparso da pochi anni, era un fisiologo e un “personaggio” dal multiforme ingegno e dai molteplici interessi, molto noto a Edimburgo, dove girava con una automobile sconquassata che pare si fosse costruito da solo. Così almeno c’è scritto nella Prefazione di Muscles, Masses and Motion. The Physiology of Normality, Hypotonicity, Spasticity and Rigidity (Mac Keith Press, 1992), il suo libro più importante, da cui credo di avere imparato anch’io qualcosa, anche se molto poco.

Walsh era anche radioamatore (GM4FH) e appassionato della storia della telegrafia. Ha pubblicato diversi articoli (Morsum Magnificat, Transmitting, il citato Morsels) e sicuramente ha lasciato degli inediti che sarebbe prezioso recuperare, sistemare e far conoscere anche al mondo scientifico italiano. Ultimamente, mi scriveva, si era molto interessato al Discobolo di Mirone, in cui, da fisiologo acutissimo, aveva individuato e studiato non so quali armonie o disarmonie nella struttura del corpo. In rete ci sono alcune  biografie di Walsh, tra cui quella del suo amico P. M. Gagey.

Un articolo di Walsh (Morsum Magnificat 89, marzo 2004), in particolare, ha avuto un ruolo nell’ideazione dell’articolatore Morse. Per spiegare i movimenti, soprattutto nella manipolazione inglese “a braccio volante” (vedi Morse News 17), in cui si muove non solo il polso ma anche il gomito, Walsh ricorre ad un paragone, spesso usato in fisiologia, e cioè quello del flail, il comune correggiato, o battitore che i contadini usavano un tempo per battere il grano (Fig. 10 e Fig. 12).

Si tratta di un bastone snodato in due parti, unite da cerniera, cinghia di cuoio, catena o lacci intrecciati, di cui una si tiene con la mano (o con entrambe le mani) e l’altra, quella attiva, che dà la mazzata, si muove per conto suo acquistando molta energia cinetica e forza viva. A volte questi bastoni si muovono in controfase (senso orario ed antiorario, per esemplificare) ed ecco quindi l’analogia col movimento di polsi, braccia, falangi – e cordicelle… – durante la manipolazione Morse.

Questa, come i miei studi hanno ampiamente mostrato (Morse News 9, 14, 53, ecc.), è sempre stata empirica. Vero è che scuole di telegrafia non ne sono mancate, ma, prima dell’articolatore Morse, non è mai esistita alcuna formalizzazione teorica dei complessi fenomeni fisiologici del maneggio del tasto. Soprattutto non c’è mai stata chiarezza sui rapporti tra il movimento fisiologico dell’operatore, di natura continua, e i segnali Morse, discontinui per natura e per antonomasia (segmentati, discreti).

Walsh mi chiedeva molto di Mosso, il fisiologo italiano (tra l’altro grande amico di Buccola!), conosciuto e apprezzato, a quanto pare, più all’estero che in patria. Chissà, forse a Mosso non si è perdonato di essere stato “un tecnico” più che un fisiologo “puro”. In realtà, come gli storici più informati ben sanno, Mosso fu uno sperimentalista che, col suo braccio destro Corino, ha ideato innumerevoli strumenti, come il miotonometro della Fig. 13 e diversi ergografi (come quello di Dubois, della Fig. 14, che inserisco perché può richiamare il mio articolatore, specialmente quello della prima versione del 2004, accennato nella Lucidi News 29) che hanno arricchito la Scienza e dato lustro all’Italia.

 

      

                          Fig. 13                                                           Fig. 14

 

Sfogliando, ovviamente da profano, il citato libro di Walsh, mi ha molto incuriosito il fenomeno della Thixotropy, una sorta di viscosità, o meglio un disturbo dei materiali collegato alla compliance o alla stiffness delle molle (vedi Cap. 2) e dipendente, se ho ben capito, anche dal tempo. Mi ha fatto pensare ai poco indagati fenomeni della cronassia, dell’elettrotono, della legge di Vierordt e, naturalmente, della “legge del tempo” di Buccola. E anche, in particolare, ad una osservazione di S. P. Thompson che “nelle usuali curve di magnetizzazione non si tiene conto del tempo e quindi c’ è ancora molto da scoprire” (meeting della Society of Telegraph Engineers, Jan. 27th, 1887, sulla teoria del telefono. Vedi anche “Il telegrafista”, 1887, p. 128).

 

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