2. Principio di funzionamento

Lo strumento funziona in base alla legge dell’elasticità di Hooke (Ut tensio sic vis) che lega forza e allungamento (displacement) del filo di nylon e, soprattutto, delle due molle – quella di richiamo del tasto Morse e quella indicata dalla freccia verde – dell’apparecchio, o meglio del “sistema” costituito dall’articolatore Morse.

Com’è noto non solo ai fisici ma anche ai fisiologi – vedi Fig. 5 e Fig. 6, prese dal Walsh (di cui diremo al Cap. 3) – l’elasticità può essere lineare oppure affetta dai più disparati disturbi: snervamento, plasticità, viscosità, isteresi, saturazione, ecc., mentre l’energia  immagazzinabile o cedibile dalle molle dipende dalla loro rigidità, o più esattamente “durezza” (stiffness), oppure, all’opposto, dalla loro flessibilità  o “morbidezza” (weakness).

 

                   

                           Fig. 5                                                                        Fig. 6

 

Il cuore del funzionamento dello strumento risiede nel triangolo rosso della Fig. 3, il cui vertice di sinistra coincide con la prima (e più importante) puleggia di rimando, indicata con X negli schemi della Fig. 7 e della Fig. 8. La base opposta a tale vertice (a destra, verticale) rappresenta invece l’escursione del punto P, cioè del braccio, anzi del polso meccanico oscillante già descritto (Cap. 1).

Durante l’oscillazione del punto P la molla M, che rappresenta l’estensibilità della cordicella di nylon (accoppiamento fisiologico) e che in pratica è costituita dalla molla indicata dalla freccia verde (Fig. 3), e dal dinamometro T, che in pratica è dato dalla molla di richiamo del tasto Morse, si allungano e si accorciano ciclicamente, al ritmo dell’oscillazione del sistema, rappresentata dal ciclo di sinusoide F.

Ad una oscillazione temporale di 360° corrisponde un’escursione spaziale di 120° (60° verso l’alto e 60° verso il basso). Riportando i singoli allungamenti (10°, 20°, ecc., disegnati in rosso) nel dominio del tempo (Fig. 7, a destra), si costruisce per punti la curva T che dà la corrispondente forza istantanea (tensione o tono del filo).

 

Fig. 7

 

Considerato che in questo caso le elongazioni sono piuttosto contenute e soprattutto simmetriche tale curva T si può assimilare ad una sinusoide, che risulta di frequenza doppia rispetto alla fondamentale F e unidirezionale, in quanto cordicella e puleggia hanno, per così dire, polarizzato o rettificato le escursioni del polso.

Immaginando che la molla di richiamo (dinamometro T) del tasto Morse sia tarata per chiudere il contatto verso metà del valore massimo di tale forza T risulta evidente che per ogni ciclo di escursione del polso si producono due onde quadre (rettangoli in verde), cioè due punti Morse, ciascuno della durata di circa 90° elettrici.

 

Fig. 8

 

Supponiamo ora di squilibrare il sistema, per così dire, applicando una certa forza (pressività) contro la molla indicata dalla freccia gialla (Fig. 4). Per far questo basta tenere abbassato il piolino (freccia rossa) che fa ruotare di qualche grado il supporto del braccio e sposta il punto di ancoraggio della cordicella di qualche millimetro più in basso rispetto alla puleggia X.

Il triangolo in rosso, che rappresenta l’area spazzata dalla cordicella di nylon durante l’escursione del polso, e che prima era in posizione mediana ed equilibrata (isoscele), si deforma ora nel triangolo rettangolo ben visibile nella Fig. 8. L’escursione del punto P stavolta è lateralizzata – cioè asimmetrica, anzi dismetrica (vedi Cap. 4) – rispetto alla puleggia X, che quindi non ha più funzione rettificatrice.

Le elongazioni della cordicella (molle M e T), anche stavolta disegnate in rosso, ora sono molto più accentuate, ma raggiungono il valore massimo una sola volta ad ogni ciclo completo del braccio meccanico. Riportando anche adesso punto per punto detti allungamenti nel dominio del tempo si costruisce la curva di forza T che ha un picco a 180° elettrici, corrispondenti ai circa 75° geometrici dell’angolo al vertice X del triangolo di escursione della cordicella, e la forma di una campana rovesciata (nello schizzo originale di copertina la campana è diritta, ma il concetto rimane).

Supponendo invariato il regolaggio del tasto Morse, questo chiuderà i contatti elettrici (incudine anteriore) quando la sua leva posteriore sarà tirata dallo stesso valore della forza T, che in questo caso grosso modo corrisponde ad un quarto del valore massimo, con una durata non più di 90° ma di circa 210° elettrici, suppostone l’inizio a 75° e la fine a 285° del ciclo della Fig. 8 (rettangolo verde). Con ogni evidenza l’apparecchio in questo caso produce una linea ad ogni ciclo e quindi una serie di linee alla stessa pulsazione F del polso meccanico.

L’articolatore Morse, riassumendo, si può pensare come un accoppiatore fisiofisico. Ad un ingresso continuo, fisiologico e periodico (di tipo pendolare) corrisponde una uscita discreta (cioè discontinua), fisica (cioè i segnali elettrici Morse) e di due frequenze diverse (la linea, isofrequenziale, e il punto a frequenza doppia) a seconda che il sistema sia disturbato o meno da pressività (tensività). Considerata la velocità dimostrativa (2 Hz) dell’apparecchio sia l’entrata che l’uscita del sistema possono essere monitorate “a vista”, anche se il rumore prodotto dal tasto (percettibilmente diverso tra una serie di punti e una serie di linee), come pure il voltmetro, aiutano.

 

Fig. 9

 

L’ing. Mike Toia (k3mt), includendo nel punto e nella linea Morse lo spazio attiguo (Fig. 9) aveva intuito la “ciclizzazione” dei segnali Morse qui trovata. I rapporti temporali o pesatura (punto = 90°, linea = 210°), è chiaro, variano col regolaggio.

 

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