PO 18 – Termini romana? (8.12.2010)

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L’interesse di un paio di termitani per la mappa della News precedente mi dà animo ad esplicitare con un disegno orientativo (a destra) quanto ebbi ad accennare a p. 14 del mio opuscolo La città sbancata a proposito del mare e del porto di Termini.

In pratica non ho fatto altro che dare aspetto grafico e visibile a quanto Don Vincenzo Solito, il nostro massimo storico cittadino, scrive a p. 78 del suo libro Termini Himerese, Città della Sicilia posta in teatro, cioè l’Historia della Splendidissima città di Termini Himerese nella Sicilia. Nella quale si rappresentano l’origine di essa, li di lei progressi, le guerre, e li fatti Illustri de’ Cittadini di quella, e finalmente le di lei Nobili ornamenta. Esposti nei suoi Anni, e Secoli da quando nacque al Mondo, infino al governo de’ Normanni - Palermo 1669, Ristampa anastatica Bologna 2003:

“Non si deve per ultimo tralasciare di non fare anche menzione, delle vestigia antichissime, che si vedono nella Città di Termini del Porto, che anticamente vi era in essa. Distendendosi dunque la Città in quei tempi antichi dalla parte del lido del mare fino ai bagni, e poi tirando da essi una linea circolare verso il ponente (ovest), giungeva il medesimo mare sotto il campanile del tempio della Santissima Vergine Annunciata, e seguitando appresso sotto al tempio della gloriosa S. Ursula, sotto la torre detta anticamente delli Saccari, che era torre del medesimo Porto, & oggi è campanile della detta Chiesa di S. Ursula; il mare occupava tutta quella pianura, nella quale oggi sta un grandissimo orto, detto la Scilba, posseduta dalla famiglia Solito, e di più tutto il piano, che oggi è à dirimpetto alla detta Scilba, e abitato da case. La prova di ciò è facile, poiché ancora si vedono nella detta Scilba alcune fabbriche sotterranee, fatte con pietre grossissime & intagliate che ciò mostrano, e nel mare medesimo vicino alla spiaggia sotto al Castello, comparisce una fabrica antichissima, che oggi è a guisa di fortissima rocca chiamata la Gisira; che non potevano ad altro fine servire, ed esser fabricate, se non che a formare il molo del medesimo porto. Oltre al ritrovarsi di continuo sotto la detta torre , e campanili, alcune colonnette di pietra e grossi, e grandi anelli di ferro per attaccarvisi le navi; nell’occasione delle nuove fabbriche di casi, che ivi si fanno”.

Per questa operazione, solo parzialmente (e per forza di cose) fantastica, mi sono appoggiato ad una pianta di Termini del 1896 (a sinistra) che, anche se sfigurata da una grossa macchia, risulta nondimeno molto precisa (utilizza capisaldi rilevati dalla Marina Militare) e molto dettagliata (vi sono segnati sia i bagni vecchi che i nuovi, l’attiguo carcere, la fontana monumentale del Cornelio - vedi CA 25 - e persino gli scogli della Gisira).

Venti secoli fa, ai tempi di Roma, metà di Termini bassa non esisteva: la città arrivava alle “Rocchecelle” e dalle parti dell’attuale via Vittorio Emanuele. Il porto era probabilmente difeso da un piccolo molo che andava dai piedi della rupe (nei pressi delle Terme) fino al “Torracchio”, un grosso baluardo emergente dagli scogli, incorporato poi (quando il mare si ritirò) nella cinta muraria, indi utilizzato come mulino (e/o altri opifici idraulici), e i cui resti sopravvivono tuttora.

 

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