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– Il centralino del S. Lazzaro
Chi si occupa di psicologia o psichiatria conosce benissimo
il manicomio S. Lazzaro di Reggio Emilia e la sua importanza storica. Per i
profani basterà dire che si tratta di una struttura d’eccellenza sempre
all’avanguardia scientifica e presa a modello anche all’estero. Anch’io, come
tanti ricercatori, l’ho visitata (nel marzo del 1995) in pellegrinaggio
scientifico e alla ricerca di documentazione su Buccola,
che vi aveva soggiornato per circa 18 mesi, dall’autunno 1879 alla primavera
del 1881.
Si tratta di un complesso ospedaliero enorme, una decina di
padiglioni (di cui uno chiamato Buccola)
sparpagliati su un’area molto vasta, quasi aperta campagna, a qualche
chilometro da Reggio Emilia. Si può (o si poteva) considerare una cittadella
(della Scienza) autonoma, con palazzina centrale, forno, officine, laboratori,
lavanderia, asciugatoio, farmacia, abitazioni del personale, chiesa, con un
paio di organi di informazione (Gazzetta
del Frenocomio di Reggio e Rivista
Sperimentale di Freniatria), ecc. L’idea migliore di com’era ai tempi di
Buccola la si può avere leggendo i resoconti del memorabile III Congresso della Società Freniatrica
Italiana del 1880, quello in cui Buccola lesse la sua memoria sulla “Legge fisica della coscienza” e presentò
i suoi esperimenti psicometrici col cronoscopio di Hipp, tra discorsi
ufficiali, tutti stenografati e subito divulgati per telegrafo, brindisi,
epigrammi, fragorosi applausi ed “evviva”
al Re.
Il fiore all’occhiello del S. Lazzaro era però il sistema di
comunicazione, interna e esterna, attuato con i telegrafi (e con gli
altrettanto, all’epoca, diffusissimi campanelli elettrici) e addirittura i
telefoni. Si pensi che la presentazione ufficiale, in Italia, del telefono di Bell
(la “meraviglia delle meraviglie”, come fu salutato) fu fatta, alla presenza
della famiglia Reale, con la celebre trasmissione tra Tivoli e il Quirinale del
28 febbraio 1878 e che solo pochi mesi dopo il S. Lazzaro disponeva di una modernissima rete
telefonica interna:
Il servizio telefonico fra il
comparto centrale e gli altri comparti funziona già da parecchi mesi
regolarmente. Il Direttore può dal suo ufficio chiedere informazioni o diramare
ordini a ciascuna o anche a tutte contemporaneamente le diverse Sezioni dello
Stabilimento e altrettanto può per mezzo del Portinaio. Ogni Sezione poi può
avvisare quest’ultimo per qualche urgenza che si verifichi, o mettersi anche
direttamente in comunicazione col Direttore. Il segnale d’avviso, e quello di
risposta sono dati coi campanelli elettrici. Il resto è fatto, colla massima
semplicità, per mezzo del telefono. Oggi così nel nostro Manicomio, dov’è pure
non piccolo tratto tra un comparto e l’altro (fino quasi a
Quello che probabilmente fu il primo centralino telefonico
d’Italia (che con qualche libertà ho raffigurato adattando una tavola
dell’epoca de La Lumière Électrique)
fu costruito dal Manuelli
ed è descritto da E. Billod, Les aliénés en
Italie, Paris 1884, p.
Di fronte alla porta d’ingresso si
trova un quadrante da cui partono numerosi fili disposti a raggiera (éventail). Si tratta del quadrante segnalatore degli apparecchi telefonico ed
elettrico che servono a stabilire la comunicazione tra gli uffici centrali e le
altre parti dello stabilimento. Per mezzo di questo apparecchio il direttore
può trasmettere i suoi ordini a tutte le divisioni dello stabilimento, dai
quali gli pervengono le chiamate per ogni bisogno del servizio, non per mezzo
di segni telegrafici, ma dalla viva voce per mezzo del telefono.
Oltre a telegrafo, telefono e campanelli al S. Lazzaro c’era
una sorta di orologio
marcatempo,
pure opera del Manuelli,
come riferito dal Billod (cit., p. 188)
e dalla citata Gazzetta (1880, n. 4, p.
128 e 115):
Nell’ufficio della direzione c’è
un “controllore elettrico” fabbricato dal Manuelli, per gli infermieri addetti
al servizio notturno che dalle loro postazioni devono premere ogni ora un
bottone che segna sulla lavagna del controllore un numero di punti
corrispondente all’ora in cui fu pressato il bottone. In questo modo il
direttore, la mattina seguente, vede se gli infermieri di guardia, in tutte le
sezioni, sono stati svegli a tutte le ore della notte.
…orologio elettrico di controllo
costrutto dal Manuelli di Reggio, testimone della sorveglianza che si esercita
dal basso personale di servizio sui malati; e da ultimo, cosa meravigliosa e che
da sola sintetizza la grandiosità del manicomio, gli apparecchi del telefono e quelli del telegrafo, i quali funzionano
colà e servono egregiamente al loro scopo, per l’uno della maggior
sollecitudine nei servizi e della più sicura garanzia della sorveglianza
medica, nello stesso tempo che per l’altro il manicomio, come un grande centro
a sé, si mette in comunicazione diretta e spedita col mondo intero, a maggior
lustro dello Istituto e a maggior vantaggio delle famiglie dei ricoverati.
Nel Comparto centrale è stabilita la
dimora di alcuni dei Medici aiuti, restando gli altri nei comparti secondari,
gli uffici per l’Economo, e l’abitazione pel Direttore, il quale sopraintende a
tutto, a tutto vigila, a tutto soccorre coi suoi ordini, anche ai più lontani,
per mezzo di fili telegrafici e telefonici, che direttamente, o per mezzo del
portiere, lo informano dei bisogni, e trasmettono le disposizioni fatte a
coordinare tante cose e persone, come in un piccolo staterello ben ordinato.
A parer mio – e, chissà, forse anche di Buccola quando
giunto a Reggio vide quelle meraviglie – il perfetto funzionamento delle
comunicazioni del S. Lazzaro poteva essere interpretato come una metafora, se
non addirittura come una analogia, del corpo umano. Non foss’altro perchè
questa similitudine si era affacciata dai primordi del telegrafo, come si legge
in questo brano (tradotto da me alla buona) di G. B. Prescott, History, Theory and Practice of the Electric
Telegraph, Boston 1860, p. 242, dove si paragona l’organizzazione
antincendio di una città col sistema nervoso umano:
Un carbone ardente cade sulla tua mano, una delle estremità
nervose (papilla) invia subito, per mezzo di un nervo di sensazione, il suo
proprio segnale al cervello che riconosce immediatamente la zona di
provenienza. Ne segue un atto di intelligenza e di volontà. Il sorvegliante
della stazione dei pompieri (cioè il cervello) invia un impulso al moto sui
propri nervi motori (fili di allarme) e i muscoli sono chiamati in azione per
rimuovere in adatta maniera la causa del danno, esattamente come i muscoli
elettromagnetici e gli arti di ferro nelle torri campanarie …
Il telegrafo, nella sua forma comune, comunicando intelligenza tra due
luoghi distanti, compie le funzioni dei nervi sensitivi del corpo umano. Nel
telegrafo dei pompieri si fa agire per la prima volta nella sua funzione di
motore, ossia per produrre effetti di potenza a distanza, e questo è connesso
anche con la funzione sensitiva, attraverso un cervello o stazione centrale,
che è la riserva di elettricità o potenza nervosa per l’intero organismo.
Abbiamo perciò un sistema eccito-motorio in cui l’intelligenza e la volontà
dell’operatore alla stazione centrale viene a connettere funzioni sensitive e
motorie, come avviene nell’individuo.