113 - Le due molle del
campanello
Trascurando la spirale danzante di Roget, la leva oscillante di Henry
e Dal Negro, il martello
di Neef o Wagner,
l’interruttore o buzzer di Froment, ecc. la prima applicazione pratica dell’elettromagnetismo,
a parte i telegrafi, fu il campanello elettrico, inventato verso il 1850, dopo
una serie di tentativi infruttuosi, da Lippens,
Mirand o Siemens e Halske.
Il funzionamento è notissimo e semplicissimo: un
elettromagnete (a uno o due rocchetti)
attira un’ancora o armatura di ferro dolce a cui è
solidale un batacchio che così colpisce un timpano producendo un suono. Col
movimento dell’ancora però il circuito elettrico si interrompe,
l’elettromagnete si smagnetizza e l’ancora ritorna alla posizione di riposo.
Qui il circuito si richiude e il ciclo ricomincia producendo una serie continua
di colpi
secchi (ben netti) sul
timpano che producono un suono armonioso, tipico dei campanelli elettrici.
La “genialità” che
ha permesso il funzionamento, ripeto, pratico e brillante, anzi “squillante”, del sistema è stata l’introduzione della “molla di contatto” (vedi disegno e foto), cosa essenzialissima e credo purtroppo trascurata, se
non del tutto ignorata, nei moderni manuali di elettrotecnica. Senza questa
molla il tempo di contatto sarebbe istantaneo e si produrrebbe solo del ronzio,
mentre con la molla il tempo di chiusura si allunga fino ad un valore congruo con l’inerzia – meccanica
ed elettromagnetica – del sistema.