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– Macchina filosoficida 1
Silvio Ceccato, anzi “il Ceccato”, come era chiamato con
sufficienza o fastidio dagli intellettuali italiani, era convinto che l’enigma
della mente umana “potesse venir risolto
dai ‘signori filosofi’ (per dirla con Galileo) purché
avessero la modestia di imparare dagli ‘artefici’, cioè da quelli che oggi
chiamiamo tecnologi e ingegneri” (Giulio
Giorello, necrologio di Ceccato, Corriere della Sera, 4.12.97).
Chi ha letto i miei scritti, o semplicemente sbirciato ogni
tanto le sole “figure” delle mie News, saprà che il
sottoscritto professa idee simili, specie dopo aver imparato da Ronchi (vedi, almeno, Morse News 36 e Lucidi News 68)
e dallo stesso Ceccato, di cui voglio
in particolare ricordare un seminario per manager (all’hotel Universo di Roma, il 7.2.86) che affascinò l’uditorio per
molte ore. Alla profondità di pensiero Ceccato
univa una eloquenza, un sano istrionismo che alternava
le più svariate problematiche di estetica, sociologia,
attenzione selettiva, suggestioni della parola (viva il duce! viva Lenin!) e della
pubblicità (non ti vendo un rasoio, ti vendo un “Braun”!)
a filastrocche spiegate nella costruzione ritmica (pirolin pirolin piangeva,
voleva la candela; la matta tirava la ciabatta) o a esilaranti
barzellette, come quella su Adamo ed Eva (un
castigo tanto grande per un “fallo” così piccolo!).
Negli anni cinquanta, quando si parlava di cibernetica e il
sistema nervoso umano iniziava ad essere equiparato ai computer, Ceccato cominciò a
occuparsi di “operazioni” mentali (“linguistica operativa”) e a costruire macchine
pensanti (Adamo II, Cronista
meccanico…), riprendendo forse ingenue soluzioni fantasticate da ragazzo:
modelli coi pezzi del Meccano,
ingranaggi rappresentativi di “comportamenti”,
innesto e disinnesto di ruote motrici, oziose o condotte, con gradi di libertà
corrispondenti al grado più o meno povero delle “articolazioni” del pensiero (vedi
schizzo, tratto dal suo libro Un
tecnico tra i filosofi, Padova 1953).
Affascinato da “una
soluzione per il tempo e lo spazio basata sulla differenza di un sistema di ingranaggi rispettivamente in serie e in parallelo”
vagheggiava soprattutto una macchina filosoficida per farne un “ariete”
e una “testuggine” contro le croniche
diffidenze verso le “filosofie” o le
vuote parole del linguaggio. Ma – ammetteva sconsolato – la nostra rete neuronica è composta da 15 miliardi di pezzi connessi (solo)
in serie o in parallelo, un valore più grande della distanza terra-luna!
Chi la costruisce questa macchina, quanto tempo e quanti
…soldi ci vorranno?